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Una camera-studio esposta al Manzù e firmata “Marianna Galati”

Una camera-studio esposta al Manzù e firmata “Marianna Galati”

Il Museo Manzù di Ardea ha accolto una temporanea di Marianna Galati: pittrice comunicativa, ardimentosa e promotrice di un originale femminismo.

Sabato, 03/01/2015 -
Cenerentola - ancora nella mimica elegante, ridente e distesa ormai affatto surreale - giace esanime in una pozza di sangue. Ha perso, come al solito, una delle due scarpette. Stavolta, però, non si tratta delle famose scarpette di diafano cristallo, ma piuttosto di scarpette rosso rubino (www.mariannagalati.it).



Questa didascalia vuole descrivere una delle ultime opere di denuncia femminista (intitolata "Fiabe Moderne") di Marianna Galati, giovane pittrice e designer contemporanea nata a Latina e diplomata all'Accademia delle Belle Arti di Roma, cui è stato dedicato lo spazio della dépendance del Museo Manzù di Ardea.



Una dépendance nascosta all'interno del parco museale ardeatino («un semplice parallelepipedo bianco, all'interno rivisitato in chiave fluo, tra verde e arancio, da Nino Incardona», ha specificato Marcella Cossu, Direttore della Raccolta Manzù GNAM) ha ospitato, infatti, tra il 20 dicembre 2014 e questo 4 gennaio, la "Camera-Studio" della Galati.



Lo spettatore vi entra con la sensazione di irrompere in una fucina incandescente di creatività. Sul tavolo si vedono: piatti di plastica sporchi di acrilico come tavolozze - ancora animati dalla mano che tinge e attinge - portapennelli, supporti, modellini, schizzi, abbozzi incompiuti, ma soprattutto tele concluse, poi barattoli di pittura e smalti semiaperti.



E' uno studio dove sembra potersi ancora avvertire la recente presenza dell'artista, da poco svanita; si scorgono le sue tracce, quasi che la personalità della Galati vi aleggiasse indisturbata e rimettesse in moto ogni cosa inerme, per mezzo di quel magico contributo, dinamico e interpretativo, che è lo sguardo del visitatore.



Alle pareti, opere raffinate ed eleganti, ad esempio: un nudo di donna (dal punto di vista stilistico, virtuoso erede di iperrealismo e pop art) rannicchiato nella malinconica postura della più delicata introversione, labbra carnose e lucide di rossetto, frange di capelli corvino che discendono dolcemente fin sulle ginocchia della figura femminile accovacciata.



Colpiscono, su pareti e cavalletti, alcuni intarsi lignei particolarmente accurati (addirittura, una citazione klimtiana), che sconfinano ben oltre il pittorico e sfociano ben al di là della vena grafica.



Molti gli autoritratti, in cui l'artista si fa corpo, volto e voce di un certo vibrante femminismo, talvolta espresso attraverso una ricerca che tende alla conceptual art e alla contaminazione.



Le opere d'arte di Marianna Galati, bisogna dirlo, sono denotative e originali, capaci di evocatività e di intensità: la bocca femminile, ad esempio, (nell'inquadratura di rossi sapienti) che sta per addentare la mela in primo piano (tutta costruita su volumi sferici di rossi scarlatti e saguigni) non unisce forse, immediatamente, tutte quelle storie di donne, straordinarie e comuni, che si collocano fra la figura peccatrice della biblica Eva e la principesca Biancaneve?



Se l'immagine della Galati riesce a riassumere con tanta disinvoltura il biblico, il tradizionale, il fiabesco, il fumettistico e il postmoderno, è chiaro che, in questo modo, ella dà prova al suo pubblico, di per sé, della ricchezza di contenuti, della capacità tecnica, e della partecipativa attenzione non solo culturale, bensì ideologica - così rara da rintracciare nelle pur eclettiche produzioni contemporanee.



La foto che ritrae l'artista nel suo studio è stata scattata dalla fotografa Lucia Finocchito. 

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