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Mobilitazione permanente contro il ddl Pillon

Mobilitazione permanente contro il ddl Pillon

Il contrasto al ddl Pillon deve continuare. Obiettivo è che il No netto alla (possibile) controriforma dell’affidamento familiare entri nel programma del nuovo governo

Martedi, 01/10/2019 - Quando le associazioni femministe, i centri antiviolenza, le organizzazioni e le donne, che avevano promosso la mobilitazione del 28 settembre contro il ddl Pillon e gli altri disegni di legge ad esso collegati, hanno deciso di sospenderla, la motivazione è stata più che esplicita. Ossia, “Il cambio della compagine governativa e alcune dichiarazioni relative all'accantonamento di tutti i disegni di legge sulla modifica del diritto di famiglia a svantaggio dei diritti di donne e bambini /e” consentivano di riprendere le fila di un confronto che con il precedente governo era risultato infruttuoso.
Difatti, poiché la controriforma dell’affidamento familiare approntata dal sen. Pillon era stata così avallata dalla componente leghista dell’esecutivo al punto da inserirla nel loro contratto di governo con i pentastellati, i margini di un’interlocuzione fattiva per contrastare tale disegno di legge erano risultati davvero esigui. Indubbiamente vi erano dei distinguo da parte di singoli esponenti istituzionali del movimento 5Stelle, in primis l’allora delegato alle Pari Opportunità Vincenzo Spadafora, ma il cammino in Commissione Giustizia del Senato procedeva spedito verso la presentazione del testo unificato del ddl Pillon con altri cinque disegni di leggi aventi analoga materia. Tant'è che nell'ultima riunione a luglio di tale commissione, si era deciso che alla ripresa dei suoi lavori tale testo unificato avrebbe avuto come relatore proprio il sen. Pillon.
Caduta la compagine governativa, ci siamo ritrovati con un esecutivo che, nato da un precipuo accordo politico tra il Pd ed il Movimento 5Stelle, non prevedeva alcuna presa di posizione al riguardo della controriforma dell’affidamento familiare. Prova ne è che tale tema non è stato inserito nei 29 punti programmatici alla base dell’intesa tra tali forze politiche, come ci si sarebbe aspettato proprio tenendo conto della vasta mobilitazione che, per circa un anno, la società civile aveva conseguentemente predisposto al proposito.
Sarebbe proprio il caso di sanare al più presto tale vulnus, con uno specifico impegno che i rappresentanti apicali del Pd e del Movimento 5Stelle prendano al riguardo del ddl Pillon ed i suoi collegati, proprio in previsione che prima o poi il correlato testo unificato sarà presentato in Commissione Giustizia del Senato. Non certo possono evitare questa iattura le parole rassicuranti della ministra delle Famiglia e delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, che poco tempo fa ha dichiarato ai media che il ddl Pillon sarebbe rimasto rinchiuso nel cassetto della sua scrivania. L’unica possibilità che esso venga stoppato nella sua nuova versione è che ci sia un accordo tra le forze politiche che sostengono l’attuale governo, di modo che nella precipua commissione parlamentare sia bloccato l’iter del testo unificato prima ancora che venga presentato.
Un segnale specifico al riguardo sarebbe quello di eliminare le quattro sottoscrizioni al ddl Pillon delle senatrici pentastellate, di modo che si appalesi evidente quello che potrebbe essere il successivo passo in Commissione Giustizia del Senato, ossia la bocciatura del testo unificato. Risulta, quindi, che tale segnale debba essere preparato da un accordo tra Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, di modo che i propri rappresentanti parlamentari si facciano carico del risultato di cestinare davvero la controriforma dell’affidamento familiare a firma del sen. Pillon ed altri.
Per conseguire tale risultato occorre che forte sia la pressione proprio da parte delle associazioni femministe, centri antiviolenza, organizzazioni e donne, che intendono “contrastare la deriva culturale ultraconservatrice in atto tesa a demolire i diritti e le libertà delle donne e che già agisce nei tribunali dove le donne vengono private dei loro figli in base alla negazione della violenza subita e alla falsa e inesistente teoria dell’alienazione parentale”, come specificato nel comunicato con il quale si è annunciata la sospensione della manifestazione dello scorso 28 settembre contro il ddl Pillon.
“Restiamo quindi tutte in mobilitazione permanente per vigilare affinché non si torni indietro sui diritti e le libertà acquisiti. Continueremo a lavorare tutte insieme e trasversalmente per affermare la soggettività delle donne, valorizzare le differenze, e chiedere a questo governo la piena applicazione della Convenzione di Istanbul.” (op. cit.) dovrà essere più che un imperativo categorico. Un impegno, che dall'esterno sia in grado di fare arrivare nelle stanze istituzionali i suoi effetti, è la sola risposta a chi intende fare procedere le donne italiane verso il terreno scivoloso dell’arretramento in tema di conquiste ottenute, ed ancora da acquisire, in tema di diritti civili. La mobilitazione permanente esigerebbe a questo punto, che dopo la sospensione della manifestazione programmata per il 28 settembre scorso, si espliciti a chiare lettere e senza infingimento alcuno che il No netto alla paventata controriforma dell'affidamento familiare entri nell'intesa politica che ha consentito la nascita del nuovo governo.
Se ad agosto, nella fretta di redigere il programma dell’attuale esecutivo, non si è pensato di inserire questo obiettivo, i margini per un confronto politico al riguardo ora più che mai debbono essere cercati. I sei disegni di legge risultano ancora in discussione in Commissione Giustizia del Senato ed il governo nulla può al riguardo, checché si riveli il contrario. E, come ai tempi della dichiarazione del delegato alle Pari Opportunità, Vincenzo Spadafora, si parlò invano di archiviazione del ddl Pillon, così adesso non si possono paventare scenari che riguardino gli arredi degli uffici ministeriali. Non esistono nascondigli, né in scrivanie né in armadi, che possano ostacolare il prosieguo del cammino del testo unificato con relatore il sen. Pillon. L’unico modo per impedirne la prosecuzione è o in Commissione Giustizia del Senato o nell'aula parlamentare, denegando con un voto sfavorevole la sua futura efficacia normativa. E’ su questa tassativa ed irremovibile richiesta politica che la mobilitazione permanente delle associazioni femministe, centri antiviolenza, organizzazioni e singole donne dovrà sostanziare prossimamente il proprio agire, senza se e senza ma.

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