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A volte l'ossequio della legge contrasta con il senso di giustizia. Il senso di giustizia contrasta

A volte l'ossequio della legge contrasta con il senso di giustizia. Il senso di giustizia contrasta

Riflessione sulla vicenda di Catanzaro e sull'intervento del Ministro della Giustizia a seguito del boom mediatico dal punto di visto di un avvocato basito.

Lunedi, 17/08/2009 - Indignazione.

Qualcosa non torna nella vicenda di Catanzaro.

Seppur i dati anagrafici dell'imputato siano noti non verranno riportati nel presente articolo, finalità del quale è evidenziare non un fatto di cronaca, bensì la gravità di quanto sembra potersi definire la grave conseguenza dell'attenzione mediatica.

I panni di chi scrive sono i panni di una cittadina che parla la medesima lingua utilizzata nella redazione dell'ordinanza del G.I.P. di Catanzaro.

Reato ascritto nei confronti di C. è l'omicidio della fidanzata, per il quale il predetto veniva condannato in primo grado alla pena di anni 30 di reclusione.

Sentenza appellata.

Indulto concesso per altro reato ma quanto appena rappresentato a nulla rileva nella vicenda processuale in esame.

Allarmismo.

Scarcerato un assassino.

Non sono le parole o le azioni del padre, dei familiari o degli amici della vittima ad essere oggetto di riflessione. Lo sono le parole e le azioni di chi viola le garanzie processuali e la procedura stessa, poichè sotto i riflettori.

Se si ignorano i motivi che hanno indotto la giustizia italiana a scarcerare - e non liberare - l'omicida, se ci si domanda se sia giusto tutto questo, così come se ci si domanda se sia giusto lasciar capire che in Italia tutto sia permesso e possibile, compreso l'omicidio, riuscendosi poi a trovare il modo di essere liberati, in tali casi andrebbero spiegate le norme non note ai più, piuttosto che asservirsi alla volontà di una giustizia celere.

E non si ritiene di commentare la gravità delle parole pronunciate dal Ministro Alfano che non solo sembrano mancare di rispetto ai protagonisti della vicenda in esame, ma anche ad ermeneuti e operatori del diritto in genere. “Ho inviato gli ispettori in via d'urgenza per comprendere subito come è potuto accadere. A volte l'ossequio formale della legge contrasta fortemente con il senso profondo di giustizia (…) Quando questo accade, qualcosa non va”.

L'imputato non stava espiando la pena al quale era stato condannato. Si trattava infatti di misura cautelare ed era stato scarcerato per decorrenza termini.

Accade di frequente. Per i reati più disparati. Forse non rileva poichè non tutti chiedono e ottengono attenzione dai media.

L'art. 272 c.p.p. statuisce che le libertà della persona possano essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni di cui al titolo I libro IV del codice di procedura penale.

Le condizioni generali richieste per l'adozione delle misure cautelari personali sono costituite dal fumus commissi delicti e dal periculum libertatis e l'art. 274 c.p.p. evidenzia il quadro di esigenze cautelari. Ex art. 275 c.p.p. nel disporre le misure il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.

Indi ai fini della applicabilità delle menzionate misure cautelari è necesaria la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, l'assenza di cause estintive del reato, della pena, di giustificazione, di non punibilità e la presenza di esigenze cautelari - pericolo di inquinamento delle prove; pericolo di fuga; pericolo di reiterazione.

Ex art. 299 c.p.p. la misura coercitiva dovrebbe essere revocata qualora risultino mancanti le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 c.p.p. o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p..

Nel caso in esame l'imputato sembra - dalle notizie diffuse - essere stato piuttosto scarcerato per decorrenza termini.

Ai sensi dell'art. 303 c.p.p. la custodia cautelare perde efficacia per decorrenza dei termini massimi della stessa ed ex art. 307 c.p.p. il giudice dispone le altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo se sussistono le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare. Quest'ultima può essere ripristinata ove risulti necessaria a norma dell'art. 275 c.p.p. - titolato criteri di scelta delle misure - se l'imputato ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare sempre che, in relazione alla natura di tale trasgressione, ricorra taluna delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p. oppure contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado, quando ricorre l`esigenza cautelare prevista dall`art. 274 comma 1 lett. b) : pericolo di fuga.

Non si ravvede il pericolo di fuga nel caso de quo, ma nulla quaestio al riguardo in quanto non noti gli atti e i provvedimenti nel loro specifico contenuto, poichè non divulgati.

Ciò posto, rinviando per una specifica trattazione di quanto menzionato alle disposizioni del codice di rito e agli appositi manuali non appare chiaro il motivo per il quale a seguito del clamore mediatico vi sia stato un intervento del Ministero della Giustizia prima e di ispettori poi, sorgendo di talchè dubbi sulle motivazioni poste a fondamento dell'iter logico seguito che ha nuovamente fatto ritenere ravvisabile il pericolo di fuga.

La libertà di informazione e il diritto di cronaca sovente hanno inciso, incidono e verosimilmente continueranno a incidere su diritti della personalità quali riservatezza, onore e reputazione, ma a memoria della scrivente, non erano mai, almeno ad oggi, arrivati a incidere seppur implicitamente sulla libertà fisica della persona.

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