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‘Anne Frank, la mia migliore amica’: perdersi e ritrovarsi nei lager

‘Anne Frank, la mia migliore amica’: perdersi e ritrovarsi nei lager

Su Netflix il film tratto dal romanzo di Alison Leslie Gold,storia dell’amicizia indissolubile fra Anna Frank e Hannah Goslar

Mercoledi, 16/02/2022 - Tutti conoscono Anna Frank dalle pagine del suo celeberrimo Diario, testamento spirituale scritto dalla ragazza ebrea nell’arco dei due anni vissuti in segregazione (1942-1944), insieme alla famiglia, nel nascondiglio segreto all’interno di un appartamento. Anna, che non immaginava ancora il tragico epilogo della sua breve esistenza, scrive di sé, dei suoi sogni, del suo desiderio di viaggiare e della libertà, immaginando un futuro che non avrà mai. Scoperto il nascondiglio, venne deportata con i familiari nel campo di concentramento di Westerbork, poi ad Auschwitz e infine a Bergen-Belsen, dove morirà di tifo e di fame con la sorella Margot poco prima della Liberazione. Le pagine del suo Diario, fatto pubblicare dal padre Otto Frank, rimangono fra le più toccanti testimonianze della Shoah.

Il film “Anne Frank, la mia migliore amica” (Mijn beste vriendin Anne Frank), approdato su Netflix da pochi giorni e diretto da Ben Sombogaart, si pone dalla prospettiva della migliore amica di Anna Frank, Hannah Goslar, e racconta la storia di un’amicizia fra due adolescenti, prima ancora degli orrori della guerra, del nazismo e dei campi di concentramento, trasportandoci alternativamente in una duplice atmosfera: quella della Amsterdam luminosa dei giochi e della spensieratezza di Anna ed Hannah (chiamata affettuosamente Hanneli) e quella spaventosa e tetra dei lager dove ogni giorno si lotta contro la fame e l’orrore. Sarà proprio nel campo di Bergen-Belsen, che Anna e Hannah si rincontreranno per l’ultima volta, per un ultimo drammatico, indimenticabile saluto.

Nel film la vera protagonista è Hannah Goslar, l’amica più cara e leale che Anna Frank abbia avuto nell’infanzia e nella prima giovinezza ad Amsterdam, fra i banchi di scuola e i primi amori: anche all’inizio della Seconda Guerra Mondiale le due amiche, quando già vigeva l’obbligo per gli ebrei di portare cucita addosso la stella gialla, si comportavano come normali adolescenti ribelli, disobbedivano ai genitori ed erano felici di uscire, incontrare coetanei e andarsene a passeggio per le strade di una Amsterdam che iniziava ad essere molto pericolosa e a rischio arresti.

Le due amiche vengono dipinte con personalità piuttosto diverse, Anna Frank sbarazzina, impertinente - anche un po’ troppo forse, per sottolineare la differenza col ‘dopo’ - e decisa a divertirsi come tutte le ragazze della sua età. Hanneli meno intraprendente ma affettuosa, autentica e legatissima ad Anna, tanto che, reclusa in una parte ‘meno dura’ del campo di Bergen-Belsen - una zona di scambio prigionieri – rischierà la vita per portare cibo ed aiuto all’amica ritrovata, reclusa con la sorella in un’area dove era più difficile sopravvivere, purtroppo già segnata dalla malattia e dalle sofferenze subite.

Oggi Hannah ha 92 anni e vive a Gerusalemme: è qui che, qualche anno fa, ha rievocato i suoi ricordi nel libro “Anne Frank – La mia migliore amica”, scritto dall’autrice americana Alison Leslie Gold, cui il film si è ispirato. L’idolo di Hannah giovanissima era Florence Nightingale e, grazie a questa figura di donna socialmente impegnata, anche lei coltivava il sogno di aiutare gli altri diventando infermiera: riuscirà dopo la guerra a realizzarlo, sopravvivendo allo sterminio.

Di grande coinvolgimento le interpretazioni delle giovanissime attrici Aiko Beemsterboer nel ruolo di Anne e Josephine Arendsen in quello della Goslar, capaci di catturare lo spettatore, dando vita, voce ed umanità a due destini tanto ingiustamente segnati dalla sofferenza e, per Anna Frank, dalla morte prematura.

“Ero solo una bambina quando conobbi Anne, che aveva sei mesi meno di me - racconta la Hannah ‘reale’ - Ci eravamo incontrate una prima volta all’asilo e mi piacque subito ma la nostra amicizia si rafforzò anni dopo a scuola. Entrambe le nostre famiglie avevano lasciato la Germania per sfuggire alla follia di Hitler. A scuola Anne, tra una lezione e l’altra, scriveva su un diario, che proteggeva da sguardi indiscreti. Tutti le chiedevano cosa scrivesse ma la risposta era la stessa per tutti: non sono affari tuoi! Con il trascorrere degli anni, ci perdemmo di vista. Quando la rividi nel campo di concentramento, provai sentimenti contrastanti. Ero felice di rivederla ma al tempo stesso triste. Speravo si fosse salvata scappando in Svizzera. Quando fui catturata dai nazisti nel giugno 1943, avevo solo 14 anni. Entrai con i nonni, mio padre e la mia sorellina. Ne uscii solo con mia sorella. Solo dopo la fine della guerra, seppi della morte di Anne. Ero ancora ricoverata in ospedale quando ricevetti la visita di Otto Frank. Fu lui a dirmi che entrambe le sue figlie non erano sopravvissute”.

È la prima volta che il cinema olandese realizza un’opera sulla vita di Anna Frank, anche se il regista ha scelto volutamente un’angolazione ‘laterale’ per avvicinarsi ad un personaggio divenuto un simbolo per intere generazioni. Girato quasi completamente in Ungheria, il film ha vinto il Golden Film Award nell’ottobre 2021.

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