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‘Matteotti: anatomia di un fascismo’: Ottavia Piccolo in scena. Per non dimenticare

‘Matteotti: anatomia di un fascismo’: Ottavia Piccolo in scena. Per non dimenticare

Al Teatro Vittoria, una magnifica performance dell’attrice, in abiti e look maschili, insieme ai Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo: uno spettacolo di teatro civile, scritto da Stefano Massini e diretto da Sandra Mangini

Mercoledi, 03/12/2025 - Sembra di conoscerla da sempre, Ottavia Piccolo, tante sono state le opere teatrali (e non solo) portate in scena e le eroine da lei interpretate nella sua lunga, anzi lunghissima carriera di attrice a tutto tondo, iniziata a soli 11 anni con Anna dei Miracoli, diretta da Squarzina insieme alla Proclemer. Da allora la Piccolo ha recitato in televisione, cinema e teatro, diretta da grandi registi e registe, diventando un volto ed un nome familiare in Italia e all’estero, in particolare in Francia.

Ma il successo ottenuto in oltre 50 anni di carriera non sembra averla cambiata, se non in meglio, come è evidente dalla straordinaria interpretazione della Piccolo di un testo non facile, quello dello spettacolo ‘Matteotti: anatomia di un fascismo’ - il cui viaggio itinerante, partito dal palco del Teatro Vittoria di Roma, prosegue ora in tournée in numerose città d’Italia - dove l’attrice lascia trapelare, con la voce, il corpo e lo sguardo, intense emozioni, nonostante (o forse proprio in virtù di essa) una recitazione rigorosa, scarna e puntuale, che in ogni minimo dettaglio rivela la relazione perfetta dell’artista con lo spazio scenico, con i musicisti che l’accompagnano nel racconto e con le immagini e le parole che scorrono sul fondo.

Scritto dal drammaturgo italiano Stefano Massini, interessato da sempre ad un teatro di forte impegno politico (tra le opere: ‘Donna non rieducabile: memorandum teatrale su Anna Politkovskaja’, ‘Lo Schifo. Omicidio non casuale di Ilaria Alpi’, ‘7 minuti. Consiglio di fabbrica’), e diretto dalla brava regista e cantante-attrice veneziana Sandra Mangini (interprete ed attenta conoscitrice del canto di tradizione orale e della cultura popolare in genere, che ispira molte delle sue opere di prosa e poesia, nella resa del punto di vista delle persone semplici), lo spettacolo ‘Matteotti: anatomia di un fascismo’ è il racconto asciutto, quasi cronachistico, ma non per questo meno spaventoso, dell’ascesa al potere di Mussolini e dello squadrismo fascista in Italia e, in particolare, di uno dei suoi più efferati apici: l’omicidio di Giacomo Matteotti che con il suo famoso discorso in Parlamento dall’incipit “Io denuncio”, firmò la sua condanna a morte, già nell’aria per la sua fervida opposizione al regime.

Con quelle parole si alzava infatti, nel 1924, la voce limpida e coraggiosa di Giacomo Matteotti, in Parlamento e nel Paese, contro l’onda nera del fascismo nascente. A cento anni dalla sua morte, il teatro torna a farsi luogo di memoria attiva con ‘Matteotti. Anatomia di un fascismo”, un progetto di teatro civile che unisce la potenza della parola di Stefano Massini, la sensibilità scenica di Ottavia Piccolo e Sandra Mangini e la forza musicale de ‘I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo’.

Con forza e passione civile “Matteotti. Anatomia di un fascismo” ripercorre la parabola di un uomo che ha saputo dire no, anche a costo della vita. Uno spettacolo necessario, per non dimenticare. Per riconoscere, oggi come allora, i meccanismi dell’eversione che si traveste da ordine, e il silenzioso assenso che la rende possibile. “Tempesta, così lo chiamavano. Uno col sangue caldo.”

Tempesta era il soprannome che i compagni socialisti gli avevano dato, per il suo carattere veemente, ma lui, Matteotti, era un giurista, un riformista pacifista, ed aveva inquadrato subito quel gruppo che, al caffè dietro il Duomo di Ferrara, ordinava per moda il “celibano” storpiando per ignoranza la parola inglese “cherry-brandy”, che voleva riportare un presunto ordine nel disordine. Un gruppo che era cresciuto in numero diventando poco a poco migliaia, quando sfilò dietro ad Italo Balbo detto il Contessino, conquistando l’Italia con la forza “Perché il fascismo ha assoluto bisogno di sentirsi in pericolo, di attaccare per non essere attaccato”.

Lo spettacolo, congegnato come un preciso meccanismo ad orologeria, dove tutto funziona in un perfetto equilibrio fra le parti, comprese le ripetizioni circolari di alcune frasi, che avviluppano lo spettatore in un percorso a spirale, mette in luce come Matteotti seppe riconoscere da subito e denunciare con lucidità assoluta il fenomeno del radicalismo e della violenza fascista e vedere il pericolo che esso rappresentava in un’Italia spesso incapace di tale comprensione, quando non riluttante o connivente, come nel caso dei grandi latifondisti terrieri. ‘Il pericolo più grande, la malattia che fa morire un uomo - recita una frase dello spettacolo - è quella che non senti crescere.”

Il racconto parte dalla testimonianza di chi c’era, di chi ha visto e non si è tirato indietro: per ricostruire il rapimento e l’omicidio di Giacomo Matteotti, parlamentare della Repubblica, prelevato sul Lungotevere Arnaldo da Brescia, nel pomeriggio del 10 giugno 1924, ci si affida a due passanti che spingono un carretto in strada e ad un gruppo di ragazzini che giocano a carte sul marciapiede, testimoni oculari di come una macchina ‘da ricchi’ passando prelevi qualcuno e lo spinga dentro, poi vi sia una colluttazione all’interno dell’abitacolo e, dal finestrino, venga gettato fuori il tesserino del deputato. La macchina fugge via a gran velocità e da allora per giorni nessuna notizia di Matteotti.

Ottavia Piccolo, capelli corti ed un sobrio abito maschile, interpreta la parte del narratore ma anche quella di Matteotti, nei suoi discorsi, e di Velia Titta, amata moglie coraggio, che si reca a chiedere di persona notizie del marito di fronte all’imbarazzato traditore Mussolini che inventa e divaga: Velia sa già di essere ormai la ‘vedova Matteotti’ ma vuole guardare in faccia il mandante dell’assassinio del marito e dirgli che, quando ne sarà ritrovato il corpo (‘perché il suo corpo sarà ritrovato’) non si faccia vedere per nessuna ragione, né lui né gli altri sgherri fascisti, al funerale del marito.

Il teatro, la musica, le parole e la voce in scena si prendono l’impegno morale e civile di parlare, di ricordare il coraggio di Matteotti: “Io denuncio all’Italia e al mondo intero che un mostro chiamato fascismo ogni giorno diventa più potente proprio grazie al silenzioso assenso di chi per pigrizia lo svaluta, lo legittima e non lo combatte!».

Lo spettacolo è accompagnato dai video di Raffaella Rivi e dalle musiche originali di Enrico Fink, con un ensemble, quello dei Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo, che fonde strumenti tradizionali e suoni contemporanei, composto da: Massimiliano Dragoni (hammer dulcimer, percussioni), Luca Roccia Baldini (basso), Massimo Ferri (chitarra), Gianni Micheli (clarinetto basso), Mariel Tahiraj (violino), Enrico Fink (flauto, EWI). La scena è firmata da Federico Pian, le luci da Paolo Pollo Rodighiero, i costumi curati da Lauretta Salvagnin, il vestito di Ottavia Piccolo realizzato da La Sartoria – Castel Monte onlus.

“Lo spettacolo ‘Matteotti: anatomia di un fascismo’ - afferma la regista Sandra Mangini - è un racconto popolare contemporaneo, che indaga sul fenomeno fascista, mettendo a fuoco una serie di elementi cruciali e caratterizzanti, il cui esito finale (l’eliminazione violenta del corpo dell’oppositore, quale soggetto rivelatore della realtà dei fatti), corrisponde del tutto alla sua vera natura originaria, al suo inizio. La vicenda esistenziale e politica di Giacomo Matteotti è quella di un uomo che seppe riconoscere e sistematicamente contrastare il fenomeno fascista, con una lucidità di sguardo e di analisi decisamente fuori dal comune. In questa sua capacità visionaria egli fu piuttosto solo, per quanto sostenuto dai compagni di partito. Chi invece gli fu sempre accanto, fu Velia Titta, sua moglie. La persistenza di questo stesso fenomeno, nel tempo e nello spazio, in forme vecchie e nuove, ci porta a considerare quanto sia indispensabile, oggi più che mai, occuparsi della cosa pubblica, del bene pubblico, guidati da un pensiero costruttivo, legalitario, partecipativo, paritario, realistico, competente, attraverso atti e parole chiare, come quelle di Giacomo Matteotti e di sua moglie Velia.”

Prodotto da Argot Produzioni e Officine della Cultura in co-produzione con Fondazione Sipario Toscana Onlus – La città del Teatro, Teatro delle Briciole – Solares Fondazione delle Arti e Teatro Stabile dell’Umbria con il contributo del Ministero della Cultura e della Regione Toscana, lo spettacolo si avvale di una solida squadra tecnica e organizzativa che accompagna la sua tournée in Italia, dopo la tappa romana.

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