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Anche per i bambini del bosco è Natale?

Anche per i bambini del bosco è Natale?

Palmoli, l’allontanamento dei tre fratellini dal loro ambiente e dal padre, per molti italiani ancora incomprensibile

Venerdi, 26/12/2025 - Per i fedelissimi del "mainstream" anche fare a meno del padre è cosa buona e giusta. Basta il contentino del pranzo natalizio con il padre così da giustificare la buona azione elargita dal sistema di “sorveglianza”. Concessione limitata a due sole ore, forse per sancire la difesa di un astratto diritto di socializzazione.
In un periodo come quello attuale, in cui i principi fondamentali su cui una società dovrebbe riconoscersi, sembrerebbero invece fortemente in crisi. “Il terreno fertile sul quale poter costruire relazioni durature e solidali, personali e collettive” secondo Saverio Zavettieri (noto nella politica e nella storia sindacale italiana), sono un padre e una madre. Nel suo libro “Battaglie di libertà” ricorda inizialmente di non aver mai dimenticato i suoi luoghi magici dell’infanzia, con i nidi dei passeri e il cinguettio assordante dei piccoli appena nati che aspettavano di mangiare con i loro beccucci aperti… Il suo cuore batteva a mille per quanto la vita gli sembrasse meravigliosa. Racconta di una scuola in mezzo alla natura costituita da maestri volontari che assolvevano a un compito fondamentale e all’assenza dei genitori, pastori, contadini impegnati tutto il giorno con un lavoro che gli garantiva a malapena la sopravvivenza. A quei tempi, con le brutture della guerra, lo sfruttamento dei latifondisti e tutte le problematiche immaginabili delle famiglie, sarebbe stato inconcepibile allontanare i bambini dai loro genitori! Il senso sociale, almeno nel sud, consisteva nelle azioni solidali alle famiglie.

Attualmente i bambini non crescono più nelle famiglie allargate degli anni ‘40, composte da nonni, zii e parenti, le loro uniche figure di riferimento sono il padre e la madre. Il bambino piccolo considera il genitore affidabile, buono, e questo contribuisce a ciò che John Bowlby definisce il fenomeno di attaccamento, il legame che crea una “base sicura” dalla quale il bambino può esplorare il mondo. La teoria di Bowlby ha rivoluzionato la psicologia infantile, la pedagogia, la psicoterapia, evidenziando la possibilità di prevenire le psicopatologie dell’infanzia e del futuro adulto. La cosiddetta “socializzazione” o mancata socializzazione, di cui si fa un gran parlare quasi astratto, e che motiverebbe la decisione di allontanamento dei bambini del bosco dai genitori, non è certamente un apprendimento di tipo passivo. È il legame primario con le figure di accudimento, garanzia di sopravvivenza e benessere psicologico, capace di fornire al bambino quella base sicura che gli consentirà di esplorare il mondo, di sviluppare quella fiducia di base che influenzerà tutta la sua vita sociale e relazionale.
Staccandolo traumaticamente dalle sue figure di riferimento, cioè dal padre e dalla madre, si mina profondamente tutto ciò che i cosiddetti “servizi” vorrebbero tutelare! Sarebbe più utile l’opinione un bravo antropologo per spiegare come nelle differenti culture possano esistere anche altrettanto diverse abitudini, come ad esempio voler vivere in mezzo alla natura. Una cosa è ormai scontata: la valutazione psicologica di questi sfortunati bambini non darà certo risultati eccellenti dopo questo trauma, così come il controllo forzato dei loro genitori. Più che una tutela dei diritti dell’infanzia sembrerebbe trattarsi di una tutela omologante di un sistema di “sorveglianza”.

Un’altra contraddizione istituzionale è il distacco dei bambini dal padre, un limite epocale, lontano dal rispetto dei simboli, dei riti come valore in sé, troppo spesso repentinamente interpretati trasformandoli in contenuto concreto. Un padre che non ha ancora voluto i figli “comodi”, con delle aspettative professionali superiori alle sue, al suo status, come ultimamente si riscontra dal cliché sociale dominante, è già deprecabile dal “capitalismo della sorveglianza”, che sembra inconsciamente disprezzare la figura del padre, sostituendola col mito della guerra e dal dominio del più forte. Ci si dovrebbe chiedere come mai tanti giovani diventino bulli o violenti, soprattutto nei confronti delle donne, fino allo stupro. Forse si può ipotizzare proprio la sostituzione della figura paterna al gruppo o al capobanda. L’assenza del padre può trasformare un figlio in un individuo solo, soprattutto dopo l’impossibilità di continuare il rapporto simbiotico con la madre, che soltanto il padre avrebbe il ruolo simbolico di interrompere. Soprattutto nella seconda infanzia l’Io ha la necessità di uscire psicologicamente dall’avvolgimento protettivo materno entrando simbolicamente nel mondo del padre. Avvolgimento invece necessario nella prima infanzia, caposaldo dell’esistenza individuale. In tutte le culture un deficit o un’assenza della figura materna procura una serie di danni, quali la mancata percezione di Sé come soggetto autonomo, fino al disprezzo esteso successivamente verso l’altro e il mondo. In sintesi si resta per tutta la vita un eterno bambino con richieste narcisistiche. Un danno anche per l’intera comunità.
Nella nostra società occidentale contemporanea la figura paterna sembra facilmente rimossa, fisicamente e simbolicamente. Questo comporta una difficoltà degli adolescenti di staccarsi da livelli psicologici precedenti vissuti durante l’infanzia. Claudio Risé definisce, in tutta la storia dell’umanità, il padre come il luogo affettivo e simbolico in cui l’uomo ha appreso sia a rispettare la norma che a trasformare l’aggressività. “Solo il ripristino di una relazione significativa con la figura paterna può dunque sottrarre l’individuo della società occidentale al labirinto perverso in cui è stato gettato, e restituirgli un fiducioso orientamento verso la vita”.

Non ci sarebbe da meravigliarsi se si riscontrassero traumi sia nei bambini, sia nei genitori a seguito di tale forzato allontanamento. Il rischio sarebbe paragonabile ai danni iatrogeni di farmaci che “curando” procurano altre malattie.

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