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“Salviamo Sakineh”, Lomazzo: l’Irpinia si mobiliti

“Salviamo Sakineh”, Lomazzo: l’Irpinia si mobiliti

La Consigliera di Parità della Provincia di Avellino e i sindacati irpini aderiscono all’appello contro la lapidazione dell’iraniana condannata a morte per adulterio

Lunedi, 06/09/2010 - La Consigliera di Parità della Provincia di Avellino, Domenica Marianna Lomazzo, e i coordinamenti provinciali “Donna” di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, rappresentati da Adele Franca Giro, Serafina Vitiello, Vincenza Preziosi e Monica Spiezia, aderiscono all’appello per salvare Sakineh. “Un’azione per mobilitare le coscienze e contribuire a salvare una donna da una sentenza brutale ed inaccettabile”, spiegano. La Consigliera Lomazzo, di concerto con i coordinamenti sindacali irpini, invita, inoltre, gli amministratori locali a provvedere all’affissione, all’interno ed all’esterno di tutte le sedi istituzionali della provincia di Avellino, di una foto dell’iraniana con la scritta: “Per la vita di Sakineh” e l’indicazione del sito internet dove firmare la petizione: www.amnesty.it/pena_di_morte_Iran_lapidazione_adulterio. All’appello ha subito aderito il presidente della Provincia di Avellino, Cosimo Sibilia, che ha predisposto l’affissione, a Palazzo Caracciolo e presso le sedi dell’amministrazione provinciale di Avellino, dell’immagine di Sakineh. “Bisogna mobilitare le coscienze civili di tutto il mondo – spiega Lomazzo – e, soprattutto, gli organismi internazionali come l’Onu affinché si affronti, una volta per tutte, la questione della libertà, dell’autodeterminazione, del rispetto di tutte le donne, in qualsiasi parte del mondo, e si comprenda che i loro diritti appartengono all’umanità e per questo sono diritti inviolabili”. “Sakineh – aggiunge la Consigliera di Parità irpina - è una donna come tante altre, ma che necessita dell’aiuto di tutti per continuare a vivere”. Per questo: “La pressione internazionale è molto importante, ma anche il contributo locale, di supporto a quello nazionale, può rivelarsi fondamentale per vincere una battaglia di civiltà e di pari opportunità nel mondo”. “Noi chiediamo – conclude Lomazzo – appoggio e giustizia per tutte le donne che, come Sakineh, sono vittime di disumane discriminazioni che possono portare anche alla morte”.



Sakineh Mohammadi Ashtiani è una donna iraniana di 43 anni, madre di due figli. Un tribunale islamico l’ha condannata nel 2006 alla pena di morte per adulterio e concorso in omicidio del marito, sentenza confermata nel 2007 dalla Corte suprema. L’accusa di avere avuto rapporti con due uomini fuori dal matrimonio e la sua complicità nella morte del marito è stata confermata da una sua confessione estortale dopo 99 frustate; qualche settimana fa Sakinet è stata costretta ancora, nel corso di un’intervista alla tv iraniana, a confermare le accuse rivoltele dopo due giorni di torture. L’esecuzione della sentenza per lapidazione è bloccata dal 2007, visti i dubbi di natura anche processuale. La lapidazione prevede che la donna sia sotterrata con la sola testa che fuoriesce dal terreno, le pietre devono essere appuntite e taglienti ma non pesanti, così da garantire una morte molto lenta. In queste ore si moltiplicano le iniziative internazionali per fermare l’esecuzione. In Italia le forze politiche di maggioranza e opposizione si uniscono nella battaglia con appelli e iniziative in varie parti del Paese; numerosi enti locali hanno affisso l’immagine di Sakineh sulle pareti esterne delle sedi istituzionali.

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