Login Registrati
Aspirazioni, ideali, opportunità e libertà di pensiero: cos’è il teatro per i giovani

Aspirazioni, ideali, opportunità e libertà di pensiero: cos’è il teatro per i giovani

Il teatro parla ancora ai giovani: fascino e opportunità professionali. Ne parliamo con Daniela Bortignoni, (Accademia Silvio D’Amico) per la messa in scena di “Pier Paolo Pasolini poeta delle ceneri” a Roma

Venerdi, 17/04/2015 - Incontro con Daniela Bortignoni, vice direttore dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico

A cura di Alma Daddario



Oltre a essere autrice di numerose sceneggiature per il cinema e la televisione, Daniela Bortignoni è Vice Direttore dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, coordinatrice del Master in Drammaturgia e Sceneggiatura, responsabile del Corso di Regia, docente di Drammaturgia e Analisi Testuale.

La incontriamo alla vigilia della messa in scena, in anteprima nazionale alla Pelanda di Roma, dello spettacolo: “Pasolini, poeta delle ceneri”, a coronamento di un percorso che ha coinvolto gli allievi del corso di regia e non solo, coordinati da Giorgio Barberio Corsetti.



Cosa cercano i giovani nel teatro, in questo periodo storico, particolarmente critico per il settore cultura?


Bisognerebbe chiederlo ai nostri allievi. Alcuni forse non ne sono del tutto consapevoli, ma direi un impegno di vita, e una possibilità di comunicazione meno scontata e falsata da condizionamenti omologanti.



C’è stato un incremento o un calo di iscrizioni per l’Accademia Silvio D’Amico negli ultimi anni?

Il numero di iscrizioni negli ultimi anni si è mantenuto più o meno costante: varia tra le 500 e le 600 domande. Prima che fosse introdotta, se ricordo bene nel 2008, una tassa d’iscrizione, si sfioravano le mille domande. La tassa d’iscrizione è comunque abbordabile: 100 euro, e serve in realtà a sfoltire, eliminando coloro che non sono davvero motivati. Molti, tuttora, inseguono il sogno dell’Accademia senza sapere cosa davvero vogliono fare e cos’è la scuola in cui vogliono entrare. Gli esami d’ammissione in Accademia sono molto duri sia per gli allievi, che per noi docenti: è difficile scegliere tra i 600 che si presentano quei pochi che entreranno, i venti o venticinque che saranno allievi dell’Accademia. E’ una responsabilità, e si potrebbe sbagliare. Per questo abbiamo progettato un lungo percorso che permetta valutazioni più serene: gli esami durano quasi due mesi e sono articolati in tre fasi. I candidati devono superare prove di recitazione, di canto, di improvvisazione fisica e vocale. E per finire seguono un laboratorio di un paio di settimane in cui incontrano quasi tutti gli insegnamenti che comporranno il loro percorso didattico: recitazione, improvvisazione, drammaturgia, mimo, danza, arti marziali, canto, dizione, educazione alla voce, trucco, storia della musica, teatrologia, recitazione in versi.



Cosa si aspetta chi si iscrive, in termini di possibilità e sbocchi professionali?

Si aspetta di riuscire ad andare su un palcoscenico o su un set. Si aspetta quello che è successo ad altri allievi: da Vittorio Gassman a Massimo Popolizio, da Bice Valori a Maria Paiato, da Tino Buazzelli a Carmelo Bene, da Rossella Falk a Margherita Buy, da Carlo Cecchi a Pierfrancesco Favino, Alessio Boni, Fabrizio Gifuni e Luigi Lo Cascio, che sono stati compagni di classe, solo per citarne alcuni tra i più noti. I giovani si aspettano di lavorare, e - se oltre ad essere bravi hanno anche un po’ di fortuna - ambiscono a fare la storia del teatro e del cinema italiano. Per i registi hanno modelli che vanno da Luca Ronconi a Emma Dante e Arturo Cirillo. Negli ultimi anni il numero di allievi diplomati che trovano uno sbocco professionale è esponenzialmente aumentato, grazie ad una direzione, quella di Lorenzo Salveti, regista e pedagogo, che è stata attentissima alla formazione, ma anche alla creazione di una rete di rapporti con Enti Produttivi Teatrali nazionali e internazionali: bacino di possibilità concrete. Inoltre il cinema e la televisione, per la prima volta nella storia dell’Accademia, sono diventati parte del nostro percorso formativo. Gli allievi dell’Accademia da sempre sono gli artefici del grande cinema italiano. Sono usciti dalla Silvio d’Amico: Anna Magnani, Nino Manfredi, Gian Maria Volonté, Giancarlo Giannini, Monica Vitti, Michele Placido, Sergio Rubini, Sergio Castellino, Margareth Mazzantini, Luca Zingaretti, Anna Marchesini, Michele Riondino. E, tra le ultime leve, Luca Marinelli, Silvia d’Amico e Fabrizio Falco, solo per ricordarne alcuni. Le recenti generazioni dei giovani attori diplomati dall’Accademia abitano oggi professionalmente sia il cinema che la televisione, superando confini del tutto fittizi, tra ambiti che solo una vecchia retorica tiene separati.



Oltre al lavoro sui grandi classici, che rilievo da l’Accademia alla drammaturgia contemporanea?

L’Accademia è “accademica” solo di nome. Nasce per volontà di Silvio d’Amico come una scuola sperimentale: un luogo dove creare, come in laboratorio, una nuova figura, quella del regista, che in Italia ancora non esisteva, e dove mettere al centro la testualità. L’Accademia è stata una scuola d’avanguardia sin dalla fondazione, in continua trasformazione, aperta e pronta ad accogliere le esperienze e le ricerche espressive più diverse. Oggi, per proseguire su questa strada, l’Accademia - da cui sono usciti autori contemporanei di rilievo, primo tra tutti Andrea Camilleri - ha aperto un master in Drammaturgia e Sceneggiatura, per sperimentare non solo una riflessione sulla scrittura teatrale, ma stimolarne l’innovazione e la pratica.



Come nasce l’idea del progetto, o meglio del percorso, che porterà alla messa in scena finale di uno spettacolo corale: “Pier Paolo Pasolini poeta delle ceneri”, alla Pelanda, l’Ex Mattatoio di Roma, il prossimo 22 Aprile?

Ogni idea in Accademia fa parte di un percorso. Il primo obiettivo è stato far confrontare i futuri registi con un grande regista italiano, attento e di respiro europeo, come Giorgio Barberio Corsetti. Giorgio, che è stato allievo dell’Accademia, ha proposto un lavoro su Pasolini, ma ha voluto che i giovani allievi fossero liberi di scegliere l’aspetto che più sentivano vicino, di uno degli autori più eclettici della letteratura italiana, attingendo al cinema, al teatro, alla poesia, alla narrativa o alla saggistica.



E’ difficile poter definire la figura di questo imparagonabile intellettuale: poeta, saggista, filosofo, regista, attore, scrittore, persino pittore. Tra questi molteplici aspetti, quali sono stati i più evidenziati e strumentali nello spettacolo?

Nel percorso descritto, i ragazzi alle prese con lo smisurato continente pasoliniano, guidati da Giorgio Barberio Corsetti, da Graziella Chiarcossi, da Lorenzo Salveti e da me, ma sostanzialmente liberi di prendere i sentieri più svariati, alla fine – forse per timore, o forse per appoggiarsi ad una qualche sicurezza di maggior conoscenza – hanno preferito concentrarsi sul teatro: tre di loro hanno scelto di lavorare su testi drammatici come Orgia, Porcile e Bestia da Stile, mentre uno ha affrontato un testo teorico come il “Manifesto per un nuovo teatro”, e solo uno di loro si è avventurato nel territorio della poesia.



I più giovani, che rapporto hanno con Pasolini, come lo recepiscono?

Con distanza. Per loro è già storia. Colgono il calore della passione di Pasolini soltanto lavorandoci. All’inizio di questo progetto, c’era da parte loro una certa diffidenza, un’inquietudine, un timore sotteso. Ma, non appena si è aperta la pagina, letto un verso, qualcosa li ha subito agganciati, contro e oltre ogni volontà. Penso che siano catturati dal suo coraggio della verità, dalla sua indipendenza di pensiero, dalla sua religione del dubbio. Anche dal rigore di una ricerca che non si ferma davanti a nulla, davanti al brutto, allo sporco, allo scandaloso, al diverso.



E cosa avrebbe da dire loro, oggi, Pasolini?

E’ lo stesso interrogativo che ci siamo posti noi facendolo: che cosa di Pasolini parla ancora ad una generazione nata quasi vent’anni dopo la sua morte? Forse sapremo rispondere alla fine del lavoro.



“Non riesco ancora a convincermi che Pier Paolo Pasolini sia morto – affermava Alberto Moravia, amico fraterno del poeta – io non credo che Pasolini sia davvero morto perché era un artista geniale e la sua opera non morirà. Proprio per questo confondo la sua persona fisica con l’opera e quasi mi illudo che un giorno lo rivedrò carne e ossa, tale e quale com’era l’ultima volta che siamo stati insieme”. Che ne pensa di questa testimonianza?

Penso che è vero: una condanna e un segno dell’evento Pasolini nella cultura italiana. Pasolini è anche la sua immagine fisica. La sua vita. La sua morte. Quasi un’icona pop. Per i ragazzi questa parte dell’universo Pasolini è molto presente. Direi, la prima, se non la sola, immediatamente presente.



Per saperne di più

http://www.accademiasilviodamico.it/



Abbiamo incontrato

Daniela Bortignoni è laureata in Lettere alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Diplomata in Sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e nel 1986 in Regia al´Accademia Nazionale d´Arte Drammatica "Silvio D´Amico", dove dal 1990, è docente di "Drammaturgia - Analisi testuale". Attualmente è vice-direttore dell’Accademia, coordinatrice del Master in Drammaturgia e Sceneggiatura e responsabile del Corso di Regia.

Autrice di numerose sceneggiature per il cinema e per la televisione, tra queste:

La collina del diavolo, regia di Vittorio Sindoni, con Antony Head, Tony Musante, (RAI, 1987);

Come stanno bene insieme!, regia di Vittorio Sindoni, con Stefania Sandrelli e Sergio Castellitto (RAI, 1989);

Le cinque rose, liberamente tratto da “le cinque rose di Jennifer” di Annibale Ruccello, regia di Tomaso Sherman (CCT,1989);

Oggi ho vinto anch´io, con Franco Nero, regia di Ludovico Gasparini (Canale 5, 1990);

I ragazzi del muretto, regia di Tomaso Sherman, pilota e prime quattro puntate (RAI, 1988/1991);

Una donna per amico, regia di Rossella Izzo, prime tre puntate (RAI, 1998);

Le ragazze di Piazza di Spagna, regia di Lazotti (RAI, 1999);

Elisa di Rivombrosa, (prima e seconda serie) regia di Cinzia Th Torrini, (CANALE 5, 2002, 2005);

Con Peter Exacoustos firma le sceneggiature di Fidati di me, con Virna Lisi, regia di Gianni Lepre (RAI, Terra Ribelle, regia di Cinzia Th Torrini (RAI, 2010); La donna che ritorna, con Virna Lisi, regia di Gianni Lepre (RAI, 2011); Terra ribelle due, con Lando Buzzanca, Sabrina Garcarena, regia di Ambrogio lo Giudice (RAI, 2012); Il signore sia con te, regia di Gianni Lepre, con Virna Lisi, Alessio Vassallo (Endemol RAI, 2013).

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®