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Belém 2025: il respiro dell’Amazzonia e la sfida del pianeta - di Pinuccia Montanari

Belém 2025: il respiro dell’Amazzonia e la sfida del pianeta - di Pinuccia Montanari

Dal 21 novembre la COP30 in Brasile sitiene 'la conferenza dell’azione, quella che punta a trasformare le parole in fatti'

Martedi, 11/11/2025 - A Belém, la città dove il Rio delle Amazzoni incontra l’Atlantico, il mondo del clima si è dato appuntamento per una conferenza diversa da tutte le precedenti. Non più soltanto promesse o bilanci di fine decennio: la COP30, in corso fino al 21 novembre, è la conferenza dell’azione, quella che punta a trasformare le parole in fatti.
Il Brasile, tornato protagonista della diplomazia climatica, ha scelto una cornice simbolica e potente: la foresta amazzonica come culla e teatro delle decisioni globali. Qui, tra il verde e l’umidità, si discute di soldi, energia, foreste e diritti. Ma soprattutto, di come rimettere in equilibrio la casa comune.

Una COP dal cuore verde
La COP30 è la “Implementation COP”, come la chiamano i negoziatori. Significa che, dopo Parigi e Glasgow, è il momento di dare gambe agli impegni già presi.
La presidenza brasiliana ha voluto imprimere un’impronta chiara: giustizia climatica, foreste, biodiversità e popoli indigeni non come temi collaterali, ma come pilastri di un nuovo paradigma di sviluppo.
Belém è un mosaico vivente di lingue, culture e rivendicazioni. Dalle canoe dei pescatori alle delegazioni diplomatiche, tutto converge su un’unica domanda: come rendere la transizione ecologica davvero inclusiva?

Il nodo del denaro: 1,3 trilioni di dollari per il clima
Il primo terreno di confronto è la finanza climatica.
L’obiettivo in discussione è colossale: mobilitare 1,3 trilioni di dollari l’anno entro il 2030 per sostenere i Paesi in via di sviluppo.
Ma non si tratta solo di cifre. Si tratta di fiducia.
Per anni, le promesse di finanziamento sono rimaste sulla carta; oggi si cerca un meccanismo concreto che renda il flusso di fondi più stabile, trasparente e accessibile.
Il High-Level Dialogue on Climate Finance dell’11 novembre è stato il momento clou, con il dibattito su come integrare risorse pubbliche e private, riducendo burocrazia e tempi di accesso ai fondi.

Adattarsi per sopravvivere
Il 12 novembre è stato il giorno dell’adattamento: come resistere a un pianeta che cambia.
I Paesi più esposti — isole, regioni desertiche, aree costiere — chiedono un fondo operativo per le perdite e i dannicausati da eventi climatici estremi.
La questione è urgente: senza risorse per ricostruire e proteggere, milioni di persone rischiano di diventare “profughi del clima”.
Da Belém si attende un passo concreto, anche solo un pacchetto di indicatori globali per misurare la resilienza e orientare gli aiuti.

Energia: la contesa sul “phase-out”
Il grande tema politico, però, resta l’energia.
Nel Ministerial Energy Forum del 15 e 16 novembre, si discute un linguaggio comune per il “phase-out” dei combustibili fossili.
Da un lato, chi spinge per una data chiara di uscita dal carbone e dal petrolio. Dall’altro, chi teme le ripercussioni economiche e sociali.
In mezzo, la realtà: la transizione è già iniziata, ma procede a velocità diverse.
Belém cerca un compromesso pratico: triplicare le rinnovabili, aumentare l’efficienza, ridurre gradualmente i sussidi ai fossili. Non abbastanza, diranno i più giovani. Ma forse un passo più realistico verso l’obiettivo zero emissioni.

Foreste e popoli: il battito della Terra
Il 14 novembre, Amazon & Forest Day, è il cuore simbolico della conferenza.
Si parla di foreste, di carbonio e di custodia. Ma anche di giustizia.
Il Brasile propone la creazione di un grande fondo internazionale, la Tropical Forest Forever Facility, con oltre 5,5 miliardi di dollari già promessi.
Non si tratta solo di proteggere gli alberi, ma di sostenere chi vive nella foresta.
Per la prima volta si discute seriamente di includere i rappresentanti dei popoli indigeni nella governance dei fondi globali: un riconoscimento del loro ruolo decisivo come guardiani degli ecosistemi.

Il mercato del carbonio e la trasparenza
Il 18 novembre sarà la giornata più tecnica, dedicata ai mercati del carbonio e alla trasparenza dei dati.
Obiettivo: stabilire regole globali per evitare doppio conteggio e “greenwashing”.
Sullo sfondo, la grande verifica collettiva del Global Stocktake (20 novembre), che dovrà misurare i progressi reali verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
Non basterà raccontare le intenzioni: serviranno numeri, prove e risultati.

Città, agricoltura e oceani: i nuovi fronti della resilienza
Accanto ai grandi tavoli negoziali, la COP30 dedica giornate tematiche ad aspetti concreti della vita quotidiana.
Il 13 novembre è la volta delle città e infrastrutture resilienti, con focus su trasporti elettrici e pianificazione verde.
Il 17 novembre si parlerà di agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare, mentre il 19 novembre sarà dedicato agli oceani e al “blue carbon”, il ruolo delle coste e delle mangrovie nell’assorbimento di CO₂.

Il tempo dell’attuazione
Questa volta, il successo della COP non si misurerà su un comunicato finale, ma sulla credibilità delle azioni.
Belém non scriverà un nuovo trattato, ma dovrà dimostrare che quelli esistenti possono funzionare davvero.
“La giustizia climatica non è un’aggiunta al negoziato,” ha dichiarato la presidenza brasiliana, “è la sostanza stessa dell’azione climatica.”

Un segnale dal cuore dell’Amazzonia
Mentre i leader si confrontano, fuori dal centro congressi la foresta continua a respirare.
Il suo respiro è il respiro del pianeta: invisibile, ma essenziale.
Da Belém, capitale simbolica della natura, il mondo attende un segnale: che la transizione ecologica non resti un’idea, ma diventi una storia concreta di cooperazione e speranza.

Pinuccia Montanari 

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