Secondo il Rapporto 2010 sulle disparità di genere pubblicato il 12 ottobre dal World Economic Forum (celebre fondazione senza fini di lucro fondata nel 1971 dall’economista Klaus Schwab che dal 2006 ha iniziato a redigere un Rapporto annuale che misura il divario di genere in termini di opportunità), l’Italia si colloca al 74° posto, terzultima tra i paesi europei e ampiamente superata da molti paesi in via di sviluppo. A differenza di quasi tutti gli Stati europei (fanno eccezione Malta 83° posto e Cipro 86° posto) le opportunità in Italia diminuiscono anno dopo anno soprattutto se si considera il mercato del lavoro. A spingere l’Italia cosi in basso è in primo luogo la sua 97° posizione per quanto riguarda la partecipazione e le opportunità economiche delle donne, la partecipazione delle donne alla forza lavoro è di molto inferiore rispetto a quella degli uomini (3/4), il salario delle donne è persino la metà di quello degli uomini. La 95° posizione per le differenze in termini di salute e di sopravvivenza di vita deriva da un basso tasso di natalità delle donne rispetto a quello maschile. Per quanto riguarda l’accesso all’educazione, l’Italia si colloca alla 49° posizione grazie all’ottimo livello d’istruzione terziaria soprattutto delle donne mentre la partecipazione attiva delle donne nella politica al 54° posto sconta una scarsa partecipazione delle donne nei parlamenti e nei ministeri.
Il Gender Gap Index -http://www.weforum.org/en/Communities/Women%20Leaders%20and%20Gender%20Parity/GenderGapNetwork/index.htm – l’Indice Globale sulle discriminazioni di genere – offre annualmente un quadro delle condizioni di pari opportunità tra uomini e donne in 134 Paesi su 194 contestualizzandole al Paese. Quindi, non è un dato confrontabile tra Paesi molto diversi ma va contestualizzato rispetto alle aree geografiche e di appartenenza economica.
Bisogna aspettarsi che, proprio i paesi scandinavi, Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia a presentare una più ampia uguaglianza tra uomini e donne tra i paesi sviluppati analizzati nel Rapporto. Attraverso un miglioramento annuo delle performance, i paesi nordici costituiscono un vero e proprio modello nell’eliminazione delle ineguaglianze di genere.
La Francia scende al 46° posto perdendo ben ventotto posizioni rispetto al 2009 a causa della diminuzione, negli ultimi dodici mesi, del numero delle donne occupate nei ruoli ministeriali di rilievo. Gli Stati Uniti, invece, guadagnano dodici posizioni entrando nel top 20 per la prima volta nella storia del rapporto (19° posto). Questo progresso è sicuramente da imputarsi all’aumento del numero delle donne nei ruoli di maggior rilievo delle amministrazioni attuali, alla riduzione degli scarti medi dei salari e all’aumento dei livelli d’istruzione soprattutto universitaria.
Il Lesotho e il Sud Africa si posizionano all’8° e al 12° posto presentandosi come i primi due paesi del continente africano nella top 20. Il Lesotho presenta un tasso di attività e di alfabetizzazione delle donne piuttosto elevato rispetto a quello degli uomini soprattutto per ciò che concerne gli studi primari e secondari. Tuttavia la speranza di vita resta particolarmente debole sia per le donne che per gli uomini. In Sud Africa il numero elevato di donne nel parlamento e nei principali ruoli ministeriali e le scarse differenze di genere nell’educazione spiegano la sua posizione.
Al 9° posto si posizionano le Filippine dimostrando eccellenti performance nel continente asiatico in tutti e quattro i campi di valutazione. Nel Medio Oriente è Israele ad avere una posizione di spicco (52° posto) grazie alle elevate performance nella partecipazione economica delle donne, invece, gli Emirati Arabi Uniti (103° posto) si classificano nel miglior modo tra gli stati arabi. In America Latina e nei Caraibi i migliori risultati sono stati ottenuti da Trinidad e Tobago (21° posto) e Cuba (24° posto). Lo Yemen, il Ciad e il Pakistan classificandosi agli ultimi tre posti mostrano le maggiori disuguaglianze tra uomini e donne del 2010.
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