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Donne in Afghanistan: un tunnel senza luce?

Donne in Afghanistan: un tunnel senza luce?

Intervista a Mehmooda (prima parte) - Incontriamo a Milano Mehmooda giovane donna membra del RAWA (Associazione Rivoluzionaria per le donne Afghane).

Cristina Carpinelli Lunedi, 26/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010

La condizione delle donne in Afghanistan non è stata sempre quella che si è determinata nel corso degli ultimi decenni. Le donne afgane hanno visto tempi migliori quando erano libere di uscire, lavorare, frequentare la scuola, e quando non c’erano restrizioni nel loro modo di vestire. Come è potuto accadere che abbiano perso nel tempo i loro fondamentali diritti?

Fino a due decenni fa la condizione della donna era più vantaggiosa rispetto ad oggi. Il suo peggioramento è ascrivibile al mutamento del quadro politico nel paese, che ha visto, dalla proclamazione della Repubblica islamica dell’Afghanistan (1992), il sopravvento e la presa del potere da parte dei signori della guerra e del fronte dei mujaeddin, che si è dimostrato disunito consentendo, dal 1996 al 2001, la vittoria dei talebani, salvo che in alcuni territori settentrionali controllati dall’Alleanza del Nord (AdN). I talebani hanno applicato al paese una versione estrema della sharia, che impediva qualsiasi forma di libertà e modernizzazione, e non riconosceva nessun diritto alle donne. Tuttavia, gli anni della guerra civile (1992-1996), quelli delle atrocità (stupri di gruppo, distruzione, carneficine, saccheggi ecc.) commesse nel nome dell’Islam dai partigiani della Jehad (guerra santa islamica) non furono certo migliori. I talebani sono stati soltanto la successiva generazione di tiranni fondamentalisti.



Sino alla fine degli anni ’80 le donne hanno potuto ricoprire posti di medico, insegnante e avere anche incarichi politici. Hanno potuto riappropriarsi dei loro ruoli dopo la caduta del regime dei talebani?

Prima dell’ascesa dei talebani, le donne afgane costituivano il 40% dei medici di Kabul, il 70% di insegnanti di scuola, il 60% di docenti all’università di Kabul e il 50% di studenti universitari. Con la guerra civile prima e con i talebani successivamente, i diritti delle donne sono stati azzerati. Attualmente, nell’Afghanistan di Karzai, è consentito alle donne uscire da sole, lavorare, studiare ecc. Tuttavia, la presenza sul territorio dei signori della guerra, dei trafficanti d’armi e di oppio, di bande criminali e di mafiosi, e dei talebani (dove in alcune province governano ancora), rendono il paese insicuro. L’Afghanistan si trova, poi, in uno stato di guerra permanente. Quasi tutti i giorni ci sono guerriglie, rappresaglie o bombardamenti da parte delle truppe straniere, di cui spesso le vittime sono dei civili. L’instabilità nel paese e i suoi pericoli costanti fanno sì che le donne tendano a rinchiudersi dentro le mura domestiche. Inoltre, la distruzione di vaste zone del paese ha contribuito ad innalzare il tasso di disoccupazione, soprattutto di quello femminile. 



È rischioso per le donne recarsi al lavoro o all’università?

Ovviamente, instabilità e insicurezza si ripercuotono negativamente su di esse, che hanno paura di andare al lavoro o all’università. Alcuni genitori sono così angosciati che non permettono alle proprie figlie di lasciare la casa per recarsi a scuola. Fenomeni di aggressioni, violenze e stupri sono all’ordine del giorno, soprattutto nelle piccole città e nei villaggi. Donne e minori sono trascinati fuori delle proprie abitazioni e molestati sessualmente. Nelle regioni in mano ai “taleban commanders”, ai signori della guerra o al partito islamico, la posizione della donna è molto vulnerabile. Qui capita che donne e bambine siano violentate nelle proprie case, di solito la sera o la notte, durante le incursioni armate. Accade anche che le bambine vengano rapite lungo la strada mentre vanno a scuola. Ci sono al riguardo molte testimonianze documentate dall’Osservatorio per i Diritti Umani (HRW). Anche il clima che si respira nelle città o nella capitale (Kabul) non è certo rassicurante, tuttavia non è paragonabile a quello dei piccoli centri.



È nota la storia dei crimini e delle violazioni dei diritti umani e delle donne compiuti dai gruppi dell’AdN (dopo la caduta del regime fantoccio di Najibullah nel 1992, entrarono a Kabul, rapirono migliaia tra bambine e donne ed imposero a quest’ultime il velo) e dai signori della guerra, inclusi omicidi per libidine, stupri e sevizie. Oggi sono rivali dei talebani e amici degli americani, e ricoprono un ruolo chiave nel governo di Karzai appoggiato dagli USA. Ma perché gli americani, che hanno invaso l’Afghanistan per portare “progresso e pluralismo, tolleranza e libertà” (operazione “Enduring Freedom”), considerano i “warlords” e l’AdN come loro principali alleati?

L’Afghanistan è il primo produttore mondiale di oppio. L’industria del narco-traffico è controllata dai signori della guerra e dai cartelli del crimine. Pure alcuni amministratori provinciali e comandanti militari ricavano un considerevole guadagno dal traffico di eroina. Si sa che gli USA sono coinvolti nel business globale della droga e nel suo traffico in Afghanistan. Ecco perché sono “amici” di queste bande di criminali, che per questo sporco giro d’affari, ma molto redditizio (incassano bilioni di dollari l’anno!), non esitano a rapire minori, usati anche per altri traffici (sessuale e di organi umani).



Accennando prima al governo attuale di Karzai, ho fatto riferimento al fatto che alcuni guerrafondai, che hanno preceduto i talebani e colpevoli di crimini inauditi fomentati dall’odio etnico e dal fondamentalismo religioso, ricoprono oggi un ruolo chiave nel governo. Ma come ciò può essere una garanzia per la lotta a favore dei diritti delle donne?

Infatti, le donne non hanno visto migliorare la loro condizione se non in alcune limitate parti del paese. In altre zone l’incidenza degli stupri e dei matrimoni forzati è nuovamente in crescita, e le donne continuano a indossare il burqa per paura, per tutelare la propria sicurezza. La guerra al terrorismo ha scacciato i talebani dal governo centrale, ma non ha sradicato il fondamentalismo religioso, che è la causa principale delle nostre sofferenze. I signori della guerra e l’AdN sono ancora al potere e sono appoggiati dal governo USA. Costoro sono ideologicamente simili ai talebani. Essi sono misogini quanto loro. Karzai ha radunato attorno a sé tutti i criminali e persino alcuni leader talebani di alto livello.



Che opinione ha la gente comune degli americani?

All’inizio gli americani sono stati accolti bene. Erano quelli che avrebbero portato pace e sicurezza, liberato il paese dai crudeli talebani. E in effetti nel giro di poco tempo il loro regime fondamentalista è stato rovesciato. Tuttavia, man mano che il tempo passava era sempre più chiaro che l’obiettivo degli americani (e dei loro alleati) non era il benessere del popolo afgano (che vedeva con enormi sofferenze cadere ogni giorno sulla propria testa le bombe straniere), ma il controllo di uno spazio geopolitico strategico nel campo energetico e redditizio nella compra-vendita dell’oppio. Certo, l’interesse americano per l’Afghanistan era già iniziato molti anni fa, quando gli Usa avevano largamente sovvenzionato i talebani (i “resistenti”, coloro che combattevano per liberare il paese dallo straniero invasore) per sottrarre il paese alla sfera d’influenza sovietica. Oggi la gente desidera che le truppe straniere si ritirino al più presto dal paese. Gli afgani sono stremati da due decenni di guerra.



C’è stato qualche miglioramento per le donne dopo che Barack Obama, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, ha incrementato il numero delle sue truppe nel paese?

Assolutamente no. Sono aumentati i conflitti e le morti dei civili. La società è destabilizzata. La gente non sopporta più gli “invasori” stranieri, e ciò favorisce i talebani, i signori della guerra e le bande criminali.



Oggi le donne indossano ancora il burqa?

Nelle città e nella capitale le donne vestono in genere normalmente. Nei villaggi, dove è forte l’integralismo religioso, è facile incontrare donne con il burqa. Esse sono ancora talmente preoccupate per i rischi di molestie, rapimento dei bambini e matrimoni forzati, che si sentono più sicure se girano integralmente coperte.



Può una donna liberarsi da un matrimonio forzato o violento, nel caso lo desideri? È facile per lei risposarsi o avere nuove relazioni sentimentali?

Non è facile. Da noi la tradizione familiare è forte e sentita anche dalle donne, soprattutto da quelle che vivono nei villaggi. C’è un grande rispetto e attaccamento per la famiglia e i suoi valori. Il modello patriarcale è radicato e le donne difficilmente chiedono il divorzio. Nelle città capita d’incontrare donne che abbiano chiesto di divorziare e che poi si siano anche risposate. Sono tuttavia casi rari. Di solito queste donne sono persone coraggiose, che sanno di dover combattere un’opinione pubblica refrattaria che le etichetta come persone cattive, da allontanare. Oltre alla cultura, altri fattori agiscono da ostacolo alla liberazione della donna da matrimoni costruiti sulla costrizione e l’abuso. La legge e persino la sharia islamica prevedono la possibilità del divorzio. Ma gli ostacoli da superare sono tanti, e non pochi sono i casi di donne che attivano la procedura di divorzio per poi ritirarla. Innanzitutto, giudici e avvocati sono quasi tutti uomini. In più, sono difensori di un sistema giuridico che si appella alla sharia, quindi il loro comportamento è già a priori ostile verso le donne. Poi ci sono molte restrizioni. Ad esempio, essere picchiate dal marito non è una motivazione sufficiente per divorziare. Inoltre, bisogna trovare “otto” persone che testimonino davanti al tribunale i ripetuti abusi fisici da parte del marito. Il divorzio è concesso solo nei casi d’infermità mentale del coniuge o se quest’ultimo è ritenuto, secondo i canoni della morale islamica, un uomo “cattivo” o “infedele”.



Come viene trattata una donna sposata che non “può” avere figli?

L’uomo in questi casi ottiene facilmente il divorzio e si risposa con un’altra donna. Da noi una famiglia senza figli è impensabile (continua...).



(26 aprile 2010)

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