La barbarie quotidiana dal volto disumano letta in controluce da Roberto Mussapi, uno dei più grandi poeti italiani, in una conversazione con Marina Caleffi
Sabato, 02/02/2013 - “Penso a te, Andromaca” in un momento di visione un grande poeta, in pieno Ottocento, su una strada polverosa di Parigi, all’improvviso pensa a lei: la nobile troiana, la moglie di Ettore, l’eroe ucciso dal greco Achille, che infierisce vilmente sul suo cadavere, straziandolo, trascinandolo nella povere con il suo cocchio. Lei, Andromaca, mentre assiste sgomenta allo strazio del corpo amato è già sorteggiata o pretesa: diverrà preda, concubina, schiava di uno dei guerrieri greci vincitori. La giovane sposa del principe resistente brutalizzata da un soldato trionfante. E la nostra mente, liberata da quel verso, di colpo rivede in un flash tutte le donne fatte schiave nelle guerre antiche e stuprate in quelle di sempre, da Andromaca alla Ciociara: lo stupro fa parte del programma non scritto di ogni guerra, giusta o non giusta, il prezzo che il genere umano paga, in sovrappiù, alla già feroce realtà della guerra.
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