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Giornata internazionale contro l'uso dei bambini soldato

Giornata internazionale contro l'uso dei bambini soldato

Nasce una rete universitaria internazionale per la protezione dei bambini e delle bambine coinvolti nei conflitti armati. Intervista a Laura Guercio

Venerdi, 12/02/2021 - Nel novembre dello scorso anno, in occasione del “XX anniversario del Protocollo opzionale alla convenzione dei diritti del fanciullo” relativo al coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, è stato lanciato “Universities Network for Children in Armed Conflict/Rete Universitaria Internazionale per la Protezione dei bambini e delle bambine in conflitto armato” che vede la partecipazione di oltre 40 università e centri di ricerca dei Paesi dell'Unione Europea, Africa, America del Nord, America Latina e Paesi del Medio Oriente. La rete, composta in prevalenza da donne, ha tra i suoi principali obiettivi la promozione di studi e ricerche per rafforzare la protezione sociale e legale dei bambini e delle bambine coinvolti nei conflitti armati. Ne parliamo con Laura Guercio, avvocata, docente universitaria e componente del Comitato di coordinamento.

Lo scopo della “Universities Network for Children in Armed Conflict/Rete Universitaria Internazionale per la Protezione dei bambini e delle bambine in conflitto armato” è di agire come un nuovo attore nel sistema internazionale avendo come base la storica Risoluzione 1325 del 2000 su “Donne, Pace e Sicurezza”, la prima Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad adottare una prospettiva di genere, valorizzando il ruolo centrale delle donne nel promuovere ed assicurare una pace duratura. Vogliamo partire da qui?
Effettivamente la Risoluzione 1325 ha segnato il punto di svolta epocale nell'approccio alla questione di genere in relazione a situazioni di conflitto armato. Non che prima non se ne parlasse: pensiamo ad esempio alla Convenzione di Ginevra che contengono previsioni di tutela rivolte al genere femminile, considerato tuttavia - ed è questo il limite - solo nella sua vulnerabilità. Invece, con la Risoluzione 1325 le donne e le giovani da soggetti passivi diventano "agents of changes", capaci ossia di presentare un tassello fondamentale per la costruzione della pace e della sicurezza.


La prima Settimana accademica internazionale si è tenuta lo scorso novembre. Ci presenta la rete, i suoi partecipanti e i suoi obiettivi?
Il network è nato nella consapevolezza che il mondo universitario si rivolge ai giovani ed è con i giovani per dare a questi ultimi gli strumenti necessari per essere i protagonisti principali nella elaborazione di idee che garantiscano un domani il rispetto dell’altro, la pace e la sicurezza internazionale. Costituito con il supporto del Ministero degli Affari Esteri Italiano, la “Rete Universitaria Internazionale per la Protezione dei bambini e delle bambine in conflitto armato” si offre come un nuovo strumento internazionale, moltiplicatore di forze, per prevenire e combattere le molteplici violazioni dei diritti dei minori nelle situazioni di guerra. Con tale obiettivo, la rete accademica, che include Università da tutte le aree geografiche e anche da zone di conflitto, sta orientando il proprio lavoro su ricerche e programmi di formazione, che incidano non solo in teoria, ma soprattutto in pratica, sulla società, per contribuire a garantire un futuro di speranza ai bambini e alle bambine. Gli strumenti giuridici internazionali a loro tutela sono tanti e dimostrano il profondo impegno internazionale nel proteggere diritti e prevenire violazioni nei loro confronti. Tuttavia i dati sono ancora preoccupanti. Occorre pertanto promuovere l’attuazione pratica di tutte quelle norme di diritto internazionale stabilite a tutela dei soggetti deboli, che vivono situazioni di conflitto armato. Questo è l’obiettivo di UNETCHAC: dare sostegno e contributo attraverso il confronto e l’affiancamento agli altri attori internazionali e nazionali impegnati in tale settore.

Nella Risoluzione 1325 si sancisce la centralità di una prospettiva di genere. Come si può applicare al tema dei bambini coinvolti nei conflitti armati? Quali differenze ci sono e come si possono affrontare e prevenire?

La Risoluzione 1325 e quelle ad essa successive sulla stessa tematica, si rivolgono a "women" and "girl". Le bambine, come i bambini, in conflitto armato vivono criticità diverse rispetto agli adulti. Non solo perché ovviamente hanno una loro precipua vulnerabilità che è dovere degli adulti proteggere, ma anche perché vengono colpiti dai drammi della guerra nel corso del loro processo evolutivo con evidenti conseguenze negative per il loro sviluppo come adulti. E questo ha una incidenza sul futuro di tutta la nostra società. Sappiamo che le bambine possono, come i maschi, essere reclutate per combattere, essere schiave per i lavori necessari per le truppe, e essere usate come schiave sessuali. Inoltre va considerato che molte minorenni aderiscono loro stesse alle truppe per cercare un rifugio, da altre truppe o dalla comunità da cui provengono, o per cercare un ruolo impedito dalla ambiente culturale in cui vivono. Proprio in considerazione della importanza di trattare la questione di genere in relazione ai conflitti armati, il Network ha voluto dedicare alle bambine la prima Settimana accademica su "Children in Armed conflict". Se è vero che i bambini e le bambine in conflitto armato subiscono le medesime violazioni, è altrettanto vero che le esigenze e le difficoltà che devono sopportare le bambine meritano un analisi precisa.

La Rete delle Università è stata anche tra i partecipanti alla Sesta edizione di MED Dialogues 2020, evento internazionale promosso dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale presiedendo la conferenza "Child Protection in Armed Conflicts: Establishing a Mediterranean Dialogue on the Rights of the Child". Quali sono le specificità relative al nostro mare in Paesi così vicini?
La guerra, o le situazioni di post conflitto, si riverberano necessariamente in tutta la comunità internazionale e certamente nei paesi che possono essere più vicini a quelli colpiti. Da situazione di conflitto possono generarsi paralleli fenomeni criminali, uno di questi è il reato di tratta che può coinvolgere anche minori. Ma pensiamo anche ai minori orfani e alle possibili azioni criminose in cui questi ultimi possono essere vittime. E che dire della vendita illegale di armi? Di essa molti paesi, anche della nostra Europa, sono coinvolti e gli effetti di questo crimine incide sulla vita di innocenti civili, donne, uomini, bambine e bambini. La rete è consapevole di come gli effetti dei conflitti armati sui bambini e le bambine vanno oltre i confini dello Stato colpito, come dimostra il fatto che il nostro lavoro viene sviluppato proprio in collaborazione tra università di paesi colpiti direttamente dalle guerre e università di paesi estranei, o apparentemente estranei.

Coniugare ricerca e lavoro sul campo, con particolare attenzione ad un approccio multidisciplinare, è uno degli obiettivi su cui si basano le attività della Rete, ma l’apertura al mondo della cooperazione, alla società civile è ormai indispensabile per chi voglia lavorare per la pace e lo sviluppo sostenibile. Come pensate di affrontare il dialogo tra questi mondi?

Vi sono tematiche e settori che necessariamente devono essere portate avanti insieme al mondo civile, cosi come a quello istituzionale. D'altronde l'università crea ponti, rapporti, relazioni. Occorre che si affermi una cultura sempre più forte sull'importanza di fare "sistema": non esistono propri orticelli, ma un unico grande impegno a cui collaborare.

Parlando di bambini non si può non parlare di istruzione, l'unica che rende l'individuo protagonista, cosciente dei propri diritti e dei propri doveri. La rete, formata in particolar modo da istituzioni universitarie, ha preso in considerazione questo aspetto?
Il diritto all’educazione è un diritto umano indispensabile, Attraverso lo strumento dell’educazione ogni individuo può diventare protagonista delle proprie scelte e liberarsi da stigmatizzazioni, pregiudizi e paure, che sono alla base dei conflitti sociali e delle guerre. . Dall’adozione della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, molteplici sono i trattati che a livello internazionale hanno riaffermato il diritto alla educazione, ma drammaticamente questo diritto viene spesso negato nei Paesi colpiti da conflitti armati. Secondo recenti stime, tra il 2015 e il 2019 ci sono state almeno 11.000 segnalazioni di attacchi a studenti, insegnanti, scuole e università o di uso militare di strutture educative. La situazione è peggiorata con il COVID-19. UNETCHA ritiene importante lavorare anche su questo tema e dare il suo contributo per l’attuazione sempre più effettiva del documento intergovernativo Safe School Declaration volto a rafforzare la protezione dell'istruzione e degli istituti scolastici dagli attacchi militari. Ad oggi 106 Stati hanno aderito a tale documento intergovernativo, tra cui l'Italia che ne è forte sostenitrice.

Quali i prossimi passi?
Stiamo già avendo un costruttivo dialogo con istituzioni nazionali e internazionali, tra cui i competenti uffici ONU. Allo stesso modo stiamo collaborando con associazioni della società civile di settore. Prima ho parlato di educazione: ad esempio su questo tema siamo in contatto con la Global Coalition to Protect against Attacks. Ma non solo: proprio perché l'educazione è fondamentale vogliamo lavorare su questo aspetto attraverso la attuazione di Master e Scuole di Specializzazione che verranno attivate dalle diverse Università. Vogliamo far sì che le tematiche che condividiamo ed approfondiamo abbiano sempre più spazi nei diversi percorsi di studio, non solo in quelli giuridici volti all’insegnamento del diritto internazionale, dei diritti umani e ovviamente del diritto internazionale umanitario, ma anche in quelli medici, sociologici e statistici. UNETCHAC è una collaborazione tra rappresentanti accademici di discipline diverse e provenienti da realtà accademiche di aree geografiche e culturali differenti. Questa multidimensionalità può consentirci di creare ponti tra attività di ricerca, di approfondimento e progetti scientifici e renderli maggiormente sensibili alle necessità ed esigenze della comunità sociale.


BOX/1
Secondo gli ultimi dati dello Speciale Rappresentante del SG delle Nazioni Unite per i “Bambini e i conflitti armati” nel 2018 sono state verificate più di 24.000 violazioni in 20 situazioni di conflitto. Più di 12.000 bambini sono stati uccisi o mutilati, principalmente da incidenti di fuoco incrociato, azioni di combattimento attive da parte di attori non statali, attori statali e forze multinazionali.

BOX/2
Gli episodi di violenza sessuale contro ragazzi e ragazze sono rimasti prevalenti in tutte le situazioni con un totale di 933 casi,
ma la violazione ha continuato a essere sottostimata a causa della mancanza di accesso, dello stigma e del timore di rappresaglie. I bambini hanno continuato a essere rapiti, spesso per essere usati nelle ostilità o per violenza sessuale. Quasi 2.500 bambini sono stati accertati come rapiti. Sebbene gli attacchi verificati a scuole e ospedali siano diminuiti a livello globale a 1.056, questa violazione si è notevolmente intensificata in alcune situazioni di conflitto. La privazione dell'accesso all'istruzione è stata allarmante in diverse situazioni. Ad esempio, in Mali 827 scuole sono state chiuse alla fine di dicembre 2018 impedendo a 244.000 bambini di accedere all'istruzione.

BOX/3
Laura Guercio, laureata in Legge e Scienze Politiche con Phd internazionale con il Trinity College Dublin, è avvocata
con esperienza in altre giurisdizioni (Gran Bretagna e Repubblica d'Irlanda) e docente di Sociologia dei diritti umani presso l'Università di Perugia. E' stata SG del Comitato Interministeriale per i diritti umani presso il MAECi (2016-2020) , Agente italiano del MB della Agenzia Europea per i diritti dell'Uomo 2015-2020. Attualmente Membro del Consiglio dell'European Law Institute a Vienna ed esperta italiana dell' Human Dimension Implementation dell'OSCE.



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