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Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai. Un pò zarina un pò strega

Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai. Un pò zarina un pò strega

E' morta Giulia Maria Crespi: dal Corriere della Sera al Fai, una figura che arricchisce l'enciclopedia femminile dei riferimenti positivi per il ruolo giocato nella società

Domenica, 26/07/2020 - Giulia Maria Crespi, la fondatrice del Fai, se ne è andata a 97 anni lo scorso 19 luglio. Un pò zarina, un pò strega e tanto d’altro da scoprire. 
La sua vita ha attraversato due secoli, il 1900 e il 2000, lasciando, grazie a geniali intuizioni a cui è stata capace di dare risposte concrete, un'eredità di idee e di principi da non disperdere e a cui continuare a dare rilievo collegando atti concreti.
Convinta sostenitrice dell’ambiente in modo complesso e inclusivo, è stata la fondatrice del FAI (Fondo Ambiente Italiano) di cui era ancora Presidente onoraria. Analoga carica la ricopriva nell’Associazione per l’Agricoltura biodinamica, un altro grande interesse a cui iniziò a dedicarsi concretamente negli anni '70, quando le idee di agricoltura biologica - e quanto mai biodinamica - erano considerare da molti davvero originali ed elitarie. Non a caso fu il suo impegno,  appunto per l’agricoltura biodinamica, che fece dire a Indro Montanelli, allora direttore del Corriere della Sera di cui Giulia Maria Crespi era proprietaria, che si trattava di pratiche di stregoneria. Considerazione che richiama alla mente avvenimenti della storia femminile lontana, quando la conoscenza delle erbe officinali spontanee e il loro uso curativo, appunto, regalava a molte donne l’appellativo di streghe con note - e non piacevoli - conseguenze.
Convinta e determinata - e sicuramente anche forte della sua posizione sociale di imprenditrice potente e intelligente  - applicò con successo il metodo biodinamico nell’azienda Cascine Orsini in provincia di Pavia di proprietà della sua famiglia, azienda diretta da suo figlio Aldo Paravicini fino al terribile incidente stradale di due mesi fa in cui perse la vita e che, come sottolineano molti resoconti giornalistici, significò per questa donna di 97 anni un dolore troppo grande da sopportare e un'ingiustizia della vita che determinò il crollo della sua fibra apparentemente indistruttibile.
Dopo quella di proprietaria fino al 1975 del Corriere della Sera ereditato dal padre, importante imprenditore tessile, la sua impresa più nota è stata la geniale fondazione,  insieme ad altri ambientalisti e intellettuali, del Fai (Fondo Ambiente Italiano) proprio nell’anno in cui cedette la proprietà del quotidiano. Una decisione a cui arrivò presumibilmente anche dopo aver arricchito e maturato le sue idee negli anni in cui era stata attiva consigliera di Italia Nostra.
Il FAI, dunque, la cui sigla sintetica forse non a caso è un invito ad attivarsi e quasi un imperativo a darsi da fare, è  un'associazione conosciutissima che ha difeso e riportato a nuova vita moltissimi luoghi e gioielli artistici italiani di cui si è interrotto il declino rilanciandoli e riproponendoli alla conoscenza e all’uso. E questo in una contemporanea azione di divulgazione delle opere salvate divenute luoghi di visite e apprezzamento, coinvolgendo un'infinità di persone di ogni età, estrazione sociale e di ogni regione o provincia. L’opera divulgatrice del patrimonio Italia, in quella originale e complessa lettura dell’ambiente - fatto di natura, agricoltura, arte, architettura e storia -  evidenzia e sottolinea lo spirito che Giulia Maria Crespi è davvero riuscita a lasciare in eredità. Non è un caso che proprio nei difficili mesi, da marzo fino a oggi, in cui abbiamo vissuto sottobraccio al coronavirus e abbiamo ascoltato e letto numerose idee e suggerimenti su modi, luoghi, ambienti alternativi per vivere, proprio il Fai sia stato molto spesso citato come esempio di valorizzazione del territorio extra urbano di quei borghi rurali su cui si è iniziato a discutere come nuovi possibili poli di vita quotidiana in alternativa alla città. Mi colpì molto un'intervista che Crespi rilasciò al Corriere della Sera in data 5 marzo, a poche ore dal lockdown deciso per affrontare il dilagare del corona virus. Un interesse che mi ha portato a tenerla fra gli articoli da rileggere più di una volta per la ricchezza degli stimoli che proponeva. Riflessioni e considerazioni che ora assumono un valore direi di sintesi di quello che è stato il pensiero che ha accompagnato le scelte della sua vita. Citando la pandemia e la violenza dei cambiamenti, che come in altri momenti analoghi della storia era possibile immaginare, essa sottolineava, ricordando la storia e i suoi passaggi nei secoli, come siano queste tragedie della storia le occasioni in cui cambiano i valori della vita, spesso accorgendosi dell’esigenza di tornare a dare un senso a ciò che abbiamo trascurato, mentre crollano gli orizzonti su cui, venendo a noi, si è retta la nostra attuale civiltà quali il denaro e la finanza.
Ed è ancora lei che sottolinea come non si debba ignorare il fallimento di un sistema che ha distrutto l’ambiente e i beni comuni facendo prevalere l’effimero e l’arricchimento individuale. Tutto a scapito della scuola, della cultura e dei territori, lasciati senza piani regolatori, trascurati e depredati con il saccheggio e l’abusivismo. Un sistema che ha visto la febbre della terra, con il business del turismo usa e getta, la mancanza di mezzi alla scuola che ha dimenticato la musica e trascura la storia dell’arte. Ed aggiungeva in questo suo non previsto testamento giornalistico: “non si può dire che ripartiremo e andrà tutto bene. Bisogna dire le cose come stanno …bisogna trovare le connessioni positive, ricreare un‘armonia che non sia solo distruttiva e finalizzata all’arricchimento…. Io non sono pessimista, ho fiducia nei giovani, sono migliori di chi li ha preceduti, ma per il dopo serve uno spirito nuovo, capace di pensare al bene comune..”. E continuava: ”dopo i 93 anni mi sono sentita più sola, la mia casa è più vuota; ma è come se avessi allargato la visione del mondo. Dobbiamo creare, come le radici delle piante, reticoli di fiducia e di speranza..”.
Mi fermo qui nelle citazioni di un'intervista che è comunque davvero molto stimolante e piena di ulteriori considerazioni su cui soffermarsi. Giulia Maria Crespi fu certo l’espressione di una alta borghesia colta e potente, al punto che per i suoi rapporti, per la sua storia, per il suo stile fu anche definita la zarina. Fu anche la donna che si permise, secondo una leggenda divulgata dai ben informati, di rifiutarsi di vendere alla Regina Elisabetta dei quadri di Canaletto presenti nel suo salotto, fra i più ben frequentati di Milano. Una casa, la sua, in cui certamente si alternavano personaggi famosi e ospiti importanti e anche per importanti appuntamenti culturali tradizionali come i concerti organizzati ogni Natale sempre aperti dall’Inno alla gioia di Beethoven. Tra le presenze e le amicizie importanti della sua vita Inge Feltrinelli, con la quale intrecciò un fruttuoso e importante sodalizio e alla cui casa editrice affidò il libro “Il mio filo rosso. Il Corriere e altre storie”. Di libro ne scrisse anche un altro, ”Le storie di Anna "(ed Salani), ambientate nella natura incontaminata. 
Non credo però, e voglio scriverlo proprio per rispondere a considerazioni non certo gentili nei suoi confronti che ho letto e che non sono mancate ad accompagnare le più ampie note di consenso, che sia utile, interessante e condivisibile sottolineare la sua elevata posizione sociale, la sua appartenenza all’alta borghesia, per denigrarla e sminuire il suo impegno e il suo lavoro. Anzi, ad una lettura seppur parziale come non può, per me, essere diversamente, quanto rimane, a testimonianza del suo impegno civile, sembra poter dire che ha usato il suo prestigio e il suo potere per lasciare e condividere progetti importanti e utili non a una classe sociale ma a tutte e tutti coloro che vorranno informarsi e sapere. Potrebbe  bastare il FAI e il suo interesse concreto e militante sui campi per un’agricoltura compatibile con l’ambiente che riteneva parte importante dell’economia Italiana, per ricordare con rispetto e nostalgia il suo spirito costruttivo e ringraziarla per quanto ha collaborato a costruire, oggi confermato e in crescita d’interesse.
Giulia Maria Crespi è stata una bella persona che arricchisce l’enciclopedia femminile dei riferimenti di valore positivo, per il ruolo che ha scelto di giocare nella società.
Paola Ortensi 26 luglio 2020

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