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IL MEDITERRANEO E I DIRITTI

IL MEDITERRANEO E I DIRITTI

Il 17 e 18 ottobre presso l'Istituto Italiano Studi Filosofici si tiene il convegno, nel percorso di 'La tela del Mediterraneo', un progetto ideato dalla filosofa Esther Basile

Martedi, 14/10/2025 -

La tela del Mediterraneo
Come Seyla Benhabib scrive: "Da quando le società e le culture umane hanno interagito e si sono confrontate tra loro, la condizione delle donne e dei bambini e dei rituali del sesso, del matrimonio e della morte hanno occupato un posto speciale nelle interpretazioni interculturali". Il fenomeno migratorio, gli sbarchi dei profughi e dei clandestini, la guerra fredda, il pieno sviluppo della globalizzazione, l'espansione del mercato mondiale, il nuovo ordine mondiale implicitamente ed esplicitamente chiedono una politica mondiale che assuma come fondamento la questione dei diritti umani e nei diritti umani è sempre più urgente trovare soluzioni e sintesi per il miglioramento della condizione della donna e dell’infanzia. Sempre più i casus belli e la ricerca della pace sono dati dalla volontà di affermare o difendere i diritti umani, soprattutto in quei stati dove essi sono negati, e la centralità di concetti quali emancipazione femminile e pari opportunità. Il partenariato euromediterraneo riconosce uno spazio enorme al rispetto delle libertà, dello stato di diritto, della democrazia. Tale riconoscimento rappresenta una conditio sine qua non per il benessere umano, l'attuazione della cooperazione commerciale e finanziaria tra le due rive del Mediterraneo. Tuttavia, all’interno di queste istanze, il discorso sui diritti delle donne è stato a lungo tralasciato, pensando che il movimento femminista occidentale degli anni sessanta/settanta avesse adempiuto al suo compito della emancipazione della donna occidentale considerata universale, trascurando la realtà delle donne nel sud del bacino mediterraneo e mediorientale, assimilando le seconde alle prime, senza tenere conto invece di tutti gli sviluppi che sono susseguiti strettamente connessi alla globalizzazione e delle forti contraddizioni prodotte. La condizione della donna musulmana soprattutto in relazione alle istanze integraliste è di fondamentale importanza per riflettere sullo sviluppo civile, culturale ed economico dell’area mediterranea. Teorici dell'universalismo dei diritti e del relativismo culturale discutono su quali debbano essere i diritti assicurati alle donne in rapporto alla cultura di provenienza, sottolinenando la questione delle donne mussulmane. I primi accusano i secondi di sacrificare le donne alla soggezione patriarcale in nome della difesa delle tradizioni culturali e della pluralità delle culture. Dunque la condizione della donna musulmana, il suo processo emancipatorio nei paesi di origine ed in quelli dove emigra, sono appena la punta di un iceberg di una dinamica importantissima che non riguarda solo le donne, ma l’intera comunità. A partire dalla condizione specifica delle donne mussulmane, si pongono questioni e si danno risposte sui percorsi del complesso intreccio tra rispetto delle diversità e riconoscimento dei diritti universali. Attorno alla condizione delle donne, si esplica la tensione tra una prospettiva universalizzante dei diritti umani e la tutela di pratiche culturalmente specifiche che negano la pretesa universalizzante. Difesa dei diritti culturali tradizionali e difesa del diritto di fuga da comunità tradizionali sono i due poli all'interno dei quali si muove oggi il dibattito sulle battaglie di genere.
Cosa privilegiare, l'individuo o la comunità d'origine? Poste al centro del dibattito sul rapporto tra culture differenti le donne si ritrovano strette tra diritti culturali predefiniti e riconoscimento di diritti soggettivi. Bisogna trovare un nuovo punto di vista che cerchi di concordare le istanze religiose protestanti, cattoliche, ortodosse,mussulmane, laiche, i valori culturali, i sistemi economici da integrare all’interno della globalizzazione, il discorso politico, anche all’interno della U.E., che deve essere il tessuto sul quale lavorare la trama dell’area mediterranea e proprio le donne giocano un ruolo strategico e preminente. Non a caso nell’ambiente islamico, le spinte di emancipazione della donna portano certamente ad una reazione integralista.
Le cosiddette femministe islamiche sostengono che l'emancipazione delle donne non deve necessariamente realizzarsi attraverso l'abbandono della propria cultura a favore dei valori occidentali e di una certa idea universale dei diritti delle donne. Dalla fine degli anni Ottanta, sempre più donne e anche alcuni uomini stanno rileggendo i testi sacri dell'Islam, in particolare il Corano. Secondo loro l'Islam riconosce tutti i diritti alle donne e sostiene l'uguaglianza di genere, ma nel corso dei secoli ristrette elite maschili hanno imposto interpretazioni distorte dei testi sacri e sostenuto il patriarcato in nome del Corano. Le femministe islamiche sostengono che oggi per ottenere l'affermazione dei diritti delle donne è necessario combattere l'ortodossia islamica e ritornare al messaggio originario dell'islam il quale garantisce la giustizia di genere.
Da un’altra prospettiva assistiamo alla donna occidentale che nel suo percorso di emancipazione con la crisi economica da un lato vive la negazione del lavoro e con essa il sacrificio dei diritti conquistati. D’altronde anche la donna dell’Europa nordcentrale vive la contraddizione della sua condizione che va su due binari: l’uno del progresso, della loro presenza dove si conta ( campo politico, finanziario, intellettuale) l’altro della negazione di diritti fondamentali, di un’apparente emancipazione che nasconde ancora tutti i limiti e la differenza di genere a sfavore della condizione femminile. La rivoluzione culturale è un lento processo di sofferenza, ma anche di conquiste.
La donna e le sue diverse condizioni in rapporto al suo luogo d’origine generano sfide anche fra le donne stesse.
Per concludere, mi sembra che si possa dire che analizzare la condizione femminile nel Mediterraneo sia una strada per costruire uno spazio geopolitico euro-mediterraneo e i diritti di cittadinanza garantiti sulle due sponde del bacino. Come mette in evidenza Martha Nussbaum, porsi dal punto di vista delle donne, di ciò che possono e non possono essere, possono o non possono fare, significa proporre il test più severo e rigoroso alle politiche pubbliche. In questo processo conta moltissimo lo spirito di solidarietà e la condivisione delle della speranza, della riappropriazione di se stesse e della conquiste dei diritti universali e naturali, il lavoro. Il gender diventa così una categoria utile per l'analisi storica, una variabile interpretativa nell'analisi sociale e politica dell'area mediterranea. L’area del bacino mediterraneo è un’area geopolitica e geoculturale, una griglia concettuale per interpretare la realtà intera, le sfide poste di fronte al bivio tra essere una zona di perenne disordine e destabilizzazione o divenire un laboratorio per sperimentare relazioni nuove tra le due rive del bacino. Non a caso nella storia è stata la culla delle più forti ed importanti civiltà che hanno condizionato il mondo intero.
Una riflessione sull’Umanesimo è oggi filosoficamente auspicabile per due motivi.
Per un verso, l’autoriflessione costituisce veramente l’essenza dell’uomo: anche un’autoriflessione potenziata, quale è la riflessione su quell’interpretazione umana di sé che indichiamo come Umanesimo, sta senz’altro al centro dell’essenza umana. Per altro verso, alla base di una tale riflessione sta non soltanto una motivazione umana generale, ma anche una particolare, che deriva dal momento storico attuale.
In senso lato, possiamo chiamare Umanesimo ogni movimento intellettuale che nella sua interpretazione della realtà e nella sua teoria dei valori riconosce all’uomo una posizione privilegiata. In senso più ristretto, con Umanesimo si designa tuttavia in particolare quel movimento che, nel tardo medioevo e nella prima età moderna, a partire da una ricezione dell’antichità greca e romana, contribuì in modo decisivo al sorgere del progetto della modernità.

Aumentano oggi i segnali della crisi di tale progetto. Si rendono pertanto necessari un confronto con quel movimento storico concreto e, al contempo, una presa di posizione rispetto ai compiti del presente e del futuro. Ciò vale tanto più per il fatto che non c’è stato un unico movimento umanistico agli inizi dell’età moderna, ma ci sono stati anche un secondo Umanesimo nel tardo XVIII e nel XIX secolo e un terzo Umanesimo nella prima metà del XX secolo: la storia del pensiero europeo più recente ha avvertito il bisogno di un continuo rinnovamento di quel movimento che la costituisce. Tuttavia, il terzo Umanesimo, nonostante sia stato sostenuto da personalità significative, non ha più avuto la vitalità e gli effetti dei

due movimenti umanistici precedenti; la sua relativa debolezza è sintomatica di quella crisi del pensiero umanistico che rende urgente una rinnovata riflessione a riguardo di ciò che di esso deve essere salvaguardato e di ciò che deve essere abbandonato.

Dato che, come detto, all’Umanesimo in senso stretto appartiene un particolare rapporto con l’antichità greco-romana, il venir meno della considerazione delle lingue antiche e della cultura greco-romana registratosi anche in Europa occidentale soprattutto a partire dalla seconda guerra mondiale, sembra una delle cause della decadenza della cultura umanistica e del suo modo di pensare nel mondo contemporaneo. In realtà, però, quel venir meno è sintomo di una crisi più antica e più radicale: dal momento che le stesse premesse dell’Umanesimo hanno perso di credibilità, i licei umanistici sono sempre meno frequentati e sempre meno persone si convincono del fatto che valga la pena dedicarsi all’apprendimento delle lingue antiche.

Ciò che è allarmante nella crisi dell’Umanesimo è il fatto che l’epoca presente ha perso non soltanto la fiducia nel prestigio sovratemporale degli ideali veicolati dalla cultura greco-romana, ma anche la fiducia nell’uomo stesso. Non ci sono illusioni: l’affermazione dell’uomo propria del neo-umanesimo di Goethe e di Schiller è estranea all’attuale sentimento della vita. Le parole d’ordine dell’Umanesimo sono davvero impotenti in un tempo in cui la sfiducia nella natura umana sopravanza persino quella medievale, dato che la fede nell’opera salvifica di un redentore – che nel Medioevo rappresentava un significativo contrappeso all’antropologia pessimistica – viene esplicitamente abbandonata o almeno non costituisce più la base portante della cultura moderna.

Collaboriamo da sempre con Archivio di Stato di Napoli, Biblioteca Nazionale, Soprintendenza Archivistica della Campania, Teatro San Carlo,Fondazione Puggelli, Fondazione Studi Maria Zambrano di Malaga e  Rete Espansioni di Trieste, Biblioteca di Santa Margherita ed i Comuni con  i quali costruiamo Le Scuole di Alta Formazione Filosofica in Umbria, in Trentino , in Puglia ed Università straniere.

 


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