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Il 'pianto' di Erika Kirk che è anche 'grido di battaglia' dopo l'omicidio del marito Charlie

Il 'pianto' di Erika Kirk che è anche 'grido di battaglia' dopo l'omicidio del marito Charlie

'Non avete idea di che cosa avete scatenato in questo intero paese' ha detto la vedova. Ma si può chiedere e sperare che il dolore non si trasformi nel nutrimento di una catena di odio

Martedi, 16/09/2025 - Il femminile di giornata settantuno / Il 'pianto' di Erika Kirk che è anche 'grido di battaglia' dopo l'omicidio del marito Charlie
E’ il 10 di settembre quando Charlie Kirk sta tenendo un incontro con centinaia di giovani presso la Utah Valley University. E' ucciso da un colpo di fucile che si scoprirà, poi, essere stato tirato da Tyler Robinson.
Un delitto orribile come tutti i delitti, sempre e comunque inaccettabili, che ha stroncato la vita di un personaggio di grande peso politico: fondatore dell’Associazione di destra “Turning Point” (punto di svolta) seguita da milioni di giovani americani che si stima abbia determinato in diversi Stati l’elezione di Trump a Presidente e rafforzato, rispetto agli obiettivi e ai contenuti che la configurano, l’idea “MAGA” (Make America Great Again).
Non a caso Trump, poco dopo l’omicidio, ha dichiarato la sua volontà di dedicare a Charlie Kirk la massima onorificenza civile americana (la medaglia presidenziale della libertà) e di “sponsorizzare” con la garanzia della sua presenza il funerale / manifestazione di domenica 21 settembre.
La tragedia dell'assassinio di Kirk ha ovviamente fatto emergere la storia della sua vita, vedendo imporsi anche la figura della moglie Erika che ha pubblicamente firmato il suo dolore con parole e concetti potenti e pesanti come macigni, dalle possibili e diversificate interpretazioni. Atti d’amore e di dolore? Promesse minacce?
Di certo è importante ripercorrere e cercare di interpretare il significato, il valore progettuale delle affermazioni di questa donna, moglie e madre di due bimbi di tre e un anno, una vedova dal profilo composito e poliedrico: imprenditrice, stilista di una linea di moda, autrice di un proprio podcast, colta e iscritta ad un’università per l’insegnamento della Bibbia ed altro; in sintonia con le idee di suo marito dal loro primo incontro, ma con una sua originale personalità.
“Non permetterò mai che la sua eredità muoia - ha affermato Erika - . Il pianto di questa vedova riecheggerà in tutto il mondo come un grido di battaglia ... Non hanno idea di quello che hanno fatto. Hanno ucciso Charlie perché predicava un messaggio di patriottismo, di fede, di amore misericordioso per Dio. Ma sappiamo tutti che, se pensate che la missione di mio marito fosse potente prima, non avete idea di che cosa avete scatenato in questo intero paese”. Parole non certo qualunque, quelle di Erika, che era presente nel campus della Utah Valley University quando suo marito è stato ucciso e che, due giorni dopo, tornata a casa in Arizona con l’aereo del vicepresidente JD Vance, grande amico di Charlie Kirk, “urla” il suo primo comizio che termina -ancora- con un obiettivo preciso e che sembra darle, per la determinazione delle parole, ragione e forza per il futuro: “Renderò 'Turning Point USA' la cosa più grande che la nostra nazione abbia mai visto”.
Leggendo e cercando di comprendere, approfondire il messaggio che “la vedova” come lei stessa si definisce in terza persona, annuncia senza mezzi termini, quello che si percepisce con immediatezza è un tono minaccioso di vendetta, di chi non si rassegna e contrattacca con violenza. Ed è questa l’impressione eclatante a cui vorremmo adeguare il nostro messaggio, come se potessimo far arrivare il nostro pensiero a questa donna addolorata e arrabbiata, pregandola di non abbandonarsi a nutrire ulteriormente la catena d’odio a cui è collegata la morte di suo marito e del padre dei suoi figli.
L’uccisione di una persona, come è avvenuto - pare - per Charlie Kirk, per la non condivisione delle sue idee, non potrà e non dovrà mai essere accettabile e sarà sempre da condannare.
Il dolore, per grande che sia, è giusto, però, chiedere che non si trasformi nel nutrimento di una catena di vendette.
E chiedere se con Erika Kirk, pur nella profonda diversità delle idee e data la diversità dei territori e terreni di vita, non sarebbe pensabile (e tantomeno realistico) misurarsi per contrastare la ripresa del progetto di suo marito Charlie, come lei annuncia, come una sfida decisiva. Ciononostante, mi piacerebbe poterle far arrivare questo messaggio: il tuo comportamento concreto, la tua scelta di dare corpo ai progetti che hai annunciato risuonerà e peserà non poco nella vita politica degli Stati Uniti d’America e non solo. La speranza è che il tuo impegno sia, sì quello di continuare i progetti di tuo marito Charlie con 'Turning Point' e non solo, come hai urlato al mondo, nel dolore, ma di non condirli di odio e vendetta, dando al contrario un contributo di umanità, civiltà e pacificazione.
Molte delle testimonianze sul profilo e sulla personalità di Charlie Kirk, per il quale ha pregato anche Papa Leone dopo il suo omicidio, hanno sottolineato e apprezzato la caratteristica per le quali, nonostante le idee molto precise e decisamente di destra, fortemente assimilabili a quelle del Presidente Trump, fosse apprezzato per la sua scelta di difendere la libertà di parola come diritto di tutti al confronto e alla “difesa” delle proprie convinzioni.
Ed è questa, allora, la strada che speriamo tu, Erika, possa percorre in una tua libera scelta, oltre ogni strumentalizzazione, superando quell’odio, quella rabbia che rischia di moltiplicarsi in modo esponenziale generando ulteriore e irrefrenabile violenza.
Paola Ortensi

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