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La distruzione continua della Palestina. Un convegno a Parigi - di Giovanna Cifoletti

La distruzione continua della Palestina. Un convegno a Parigi - di Giovanna Cifoletti

'Dalla Nakba all’Ibāda: riflettere e agire di fronte alla distruzione continua della Palestina', organizzato dal collettivo EHESS per il cessate il fuoco a Gaza, è stato occasione di una riflessione approfondita e pacata

Mercoledi, 29/10/2025 - Un luogo per un dibattito di ricerca informata, approfondita e serena sulla distruzione della Palestina non è facile da trovare. Eppure venerdì 17 ottobre l’Institut des Civilisations del Collège de France a Parigi ha ospitato il convegno: De la Nakba à al-Ibāda : réfléchir et agir face à la destruction continue de la Palestine (Dalla Nakba all’Ibāda: riflettere e agire di fronte alla distruzione continua della Palestina), (cfr. https://crh.ehess.fr/index.php?10577) organizzato da un gruppo di ricercatori/ricercatrici e professori/professoresse della Scuola Superiore di Scienze Sociali (EHESS) di Parigi emanazione del collettivo EHESS per il cessate il fuoco a Gaza.
Come comitato scientifico abbiamo dato la priorità alle scienze umane e sociali dei e delle Palestinesi, e posto come tema di discussione la distruzione della Palestina sul lungo periodo. Hanno parlato anzitutto due rifugiati da Gaza in Francia in quanto ricercatori. Dapprima una giornalista e poeta, Nour Elassy, ha raccontato la sua esperienza di giornalista e di come ha testimoniato a Gaza e all’estero la quotidianità dello sterminio. Un artista, Maisara Baroud, ha detto di aver vissuto la sua arte come resistenza poiché postava ogni giorno i suoi disegni per conservare la speranza tra i Gazawi. Le loro testimonianze sono tanto più preziose in quanto delle loro attività non resta più traccia se non nella memoria vivente. Lo sradicamento indotto dal loro esilio e la spoliazione dei loro strumenti di lavoro (requisizione del computer e degli hard disk, distruzione del laboratorio, dissoluzione della società multiculturale palestinese di Gaza) non sono che esempi della pratica di distruzione culturale da parte della potenza colonizzatrice.
In diretta da Ramallah abbiamo potuto ascoltare la sociologa Honaida Ghanim, che come l’antropologo Ibrahim Saïd ha mostrato il carattere coloniale della violenza e dell’occupazione israeliana della Palestina. Il paragone tra la colonizzazione e la guerra coloniale della Francia in Algeria e i rapporti tra Israele e la Palestina (sottolineata in introduzione da Yazid Ben Hounet e Sadia Agsous-Bienstein) è importante sia come chiave interpretativa che come maniera di superare la rimozione francese del colonialismo e del genocidio.
A ciò si aggiunge il negazionismo del genocidio attuale, assai diffuso ad esempio in Germania, come sottolineato da Aurélia Kalisky. Tale rimozione e gli ostacoli anche giuridici al dibattito universitario e più generalmente politico sono stati ribaditi da alcuni militanti e studenti universitari tra cui palestinesi ed ebrei in Francia (Sbeih Sbeih, Manon Moret, Abdullah Kaan Doganok, Joelle Marelli), che hanno chiarito come gli attuali strumenti giuridici per la lotta all’antisemitismo e all’apologia del terrorismo non siano né costituzionalmente accettabili né adeguati a risolvere questi problemi.
Gli studi specialistici sull’ebraismo (Jewish studies) non possono che risentire della situazione generale: Jean-Christophe Attias, professore all’Ecole Pratique des Hautes Etudes ha indicato alcune linee guida della riflessione sui problemi tra Israele e la Palestina ispirate dalla sua riflessione critica a partire dai testi ebraici medievali. E’ chiaro infatti che questi studi possono essere un antidoto alla strumentalizzazione del testo sacro per fini politici. Eppure gli interventi pubblici dei docenti sono scoraggiati o censurati o a loro volta strumentalizzati.
Il convegno si è concluso con una vivace discussione in cui la storica contemporaneista palestinese Jihane Sfeir si è confrontata sul tema della politica di annientamento (inclusa la cancellazione degli archivi) da parte di Israele con lo specialista australiano di genocidio Dirk Moses, con l’antropologo Didier Fassin e con la sociologa Teresa Koloma Beck.
Ogni genocidio nasce per essere dimenticato, tutte le opportunità di negazione dei fatti vengono messe in atto.
Gli attuali mezzi d’informazione consentono di accedere alle notizie ma anche alla disinformazione. Diviene perciò ancora più necessario imparare a riconoscere gli eufemismi, le distorsioni, le contro-verità.
Le discussioni hanno conservato l’equilibrio tra donne e uomini e permesso di superare sterili contrapposizioni ideologiche e puntare sull’adeguamento delle parole ai fatti. Si può sperare che altri spazi vengano creati per un dialogo altrettanto approfondito e pacato su questioni così importanti per il futuro di tutti.
Giovanna Cifoletti, EHESS, Parigi 

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