La nemesi: fame e sete che uccidono in mare nell’indifferenza della Festa della mamma
Una bimba e un bimbo di due o tre anni e senza nome sono morti di fame e sete in un barcone per giorni alla deriva. L'ennesima, intollerabile, tragedia in mare
Martedi, 13/05/2025 - Il femminile di giornata. cinquantotto / La nemesi: fame e sete che uccidono in mare nell’indifferenza della Festa della mamma
Avevano in braccio quanto di più prezioso possedessero: i loro figli. Chissà con quante aspettative erano partiti dalla Libia verso l’Italia, l’Europa, le mamme e i papà con i figli. Famiglie che hanno speso tutto e più di quanto avessero, per la speranza di “raggiungere” una vita con la possibilità di un futuro. Ma il gommone maledetto, otto metri per circa 70 persone, dopo un giorno finisce il carburante e galleggia senza meta. Le madri continuano a stringere le loro creature sotto il sole a picco che brucia. A bruciare e ad ustionare è anche l’acqua sul fondo del gommone, mescolata al carburante. Non c’è più né acqua né cibo.
Il tempo passa e le mamme stringono i loro figli, e due di loro con un bimbo e una bimba di 2 o 3 anni fra le braccia, non riescono o forse non vogliono neanche accettare che i due piccoli non sono più con loro. Forse la paura oppure il mare ingovernabile offusca ogni pensiero.
Giorni alla deriva in un mare d’acqua e disperazione con i piccoli sempre stretti a loro. Sono i giorni in cui il mondo che può si prepara alla Festa che celebra le mamme, donando loro abbracci, fiori, doni, il riconoscimento e l’affetto dolce dei figli. Intanto nel gommone si muore nel silenzio, nell'abbandono e nella crudeltà di chi ha speculato organizzando ”migrazioni” a rischio totale.
In quel tratto di Mediterraneo dopo quel lungo viaggio prima dall’Africa subsahriana, poi dalla Libia, c’è solo disperazione e solitudine. E’ un tempo infinito quello che passa. E’ paura, smarrimento totale, ma forse una speranza di farcela non si è ancora dissolta del tutto.
Ed eccolo per i superstiti, finalmente, il veliero Nadir della ong tedesca Resqship. I primi ad essere consegnati nelle braccia dei soccorritori sono i due bimbi venuti dal Ghana, che sono morti, uccisi dalla sete, dalla fame e dall’indifferenza del mondo “civile”, la stessa che in quel viaggio ha stroncato anche un giovane uomo che i medici del Nadir non riescono a rianimare.
A Lampedusa scendono altre donne-mamme con due neonati e quattro bimbi. Non c'è notizia di quanto scrivo, ma mi piace immaginare che forse i neonati sbarcati vivi hanno si sono salvati per quel poco, ma miracoloso, latte delle loro mamme che ha continuato a fluire dal seno.
Questa ennesima tragedia, se pensiamo alle creature morte e a quelle madri che le hanno tenute strette per tutto il viaggio, pensando a un miracolo ci rimanda a tante altre di cui non abbiamo notizie dettagliate e a tante vite spente che giacciono sepolte in mare.
Ricordiamo anche quei bimbi e bimbe che nelle guerre che dilagano in Sudan, in Ucraina, a Gaza e di più, muoiono e che lo fanno, possiamo immaginare, carichi terrore e fame, senza sicurezza né speranza; quella speranza che spesso non c’è più nessuno loro vicino a poterla suggerire. Bimbi fragili, orfani dei quali non sappiamo il nome e non conosciamo la storia e i desideri spezzati.
Come gli ultimi due piccoli, morti di fame e di sete, che divengono tragici protagonisti dell’informazione dei quali non conosciamo il nome. Nessuno lo ha cercato quel nome, non c’erano le condizioni per chiederli, le mamme o i papà hanno perso la parola?
Quale può mai essere la ragione per cui non si prova a dare loro un nome, a raccontare la loro piccola storia, restituendo loro un’identità e quindi un rispetto e un ricordo vivo.
C’è un bisogno di una realtà che permetta di affrontare le situazioni di dilagante orrore che migrazioni e guerre ci costringono a conoscere. Dobbiamo parlarne e ricordare queste tragedie soprattutto nei giorni di festa come, nello specifico, la Festa della mamma celebrata pochi giorni fa.
La gioia, lo scambio d’affetto sarà forse ancora più forte e sentito come un vero privilegio se ne faremo un appuntamento in cui stare a fianco, ricordandole, anche a quelle mamme che i bimbi hanno perso per l’umana violenza e di cui sarà, almeno, importante e significativo ricordarne il nome e la loro breve vita, facendole uscire da quell’anonimato che nutre l’indifferenza e punta a cancellare e far dimenticare le terribili storie con cui conviviamo.
Paola Ortensi 13/ maggio 2025
Lascia un Commento