Nella comunità matriarcale dei Minangkabau di Sumatra, c'è il detto che un buon capo deve essere come una buona madre.
Ci pensavo ieri, alla manifestazione di piazza del Popolo, mentre ascoltavo dal palco tante belle parole, incoraggianti, agguerrite, condivisibili. Non è stata una manifestazione “politica”, ma si è parlato di cosa si vorrebbe per le donne in questa società.
Ma perché manifestiamo come donne? Susanna Camusso ha detto che le donne sono differenti perché sono più vicine al mondo, alla vita, alla sofferenza, alla morte. Ha ragione, credo che abbia centrato il concetto, che vale la pena di approfondire però e di integrare.
Sono convinta che il patriarcato (uso questo termine, anche se alcune donne affermano che è morto, come se il tema della manifestazione e i femminicidi si potessero spiegare al di fuori del patriarcato) si sia allevata una serpe in seno. Ha affidato da sempre alle donne il compito di tenere acceso, come vestali, il fuoco di un paradigma che è l'opposto di quello su cui si fonda la nostra società, basata sulla competizione, la concorrenza, il mercato di tutto, la centralità del denaro, il disvalore delle persone, l'appropriazione indebita delle risorse, la distruzione dell'ambiente. L'eccetera lo conoscono tutti.
Le donne invece sono state da sempre arruolate, perché necessario alla sopravvivenza della società, per curare, amare, dar valore alle persone loro affidate, per dare unilateralmente, al di fuori di qualsiasi mercato. Sono state arruolate per un paradigma di vita in cui le persone sono al centro.
Qui non c'entra la morale, la religione. Qui si tratta di praticare un tipo di convivenza sociale non competitiva, in luogo di una che sta portando alla distruzione.
Non c'entra neanche l'essenzialismo. Le donne hanno imparato sul campo, spesso loro malgrado, che non si sta giocando al tamagoci, che quando hai tra le mani una cosina che, se non hai voglia di nutrire, muore, ti rimbocchi le maniche, doni e basta, per amore. E il dono, che le donne hanno imparato a praticare e possono insegnare, non si identifica con i mestieri di cura, che possono essere fatti anche per denaro, ma è un atteggiamento nei confronti del mondo e può diventare la regola di una società. E il paradigma del dono è sperimentato, funziona, a giudicare dal fatto che molti umani camminano sulla superficie della terra.
E allora, se due più due fa quattro, perché questo paradigma non deve diventare quello della società che vogliono le donne, perché non deve essere questa la politica delle donne? Perché continuiamo a rivendicare come un valore progressivo l'inserimento nella società che gli uomini hanno organizzato e comandano? Qui la “differenza” è sostanziale, radicale.
Provo a fantasticare? Cosa farebbe Marchionne se si comportasse come una buona madre? Come gestirebbe una industria che fabbrica oggetti che uccidono, che inquina, spreca inutilmente risorse e poi … licenzia? E' utopia? E che dire allora del continuare a mettere toppe e rammendi su un abito completamente stracciato? Che dire del continuare a usare il bilancino del farmacista tra debito pubblico, incentivi alla spesa, sostegno alla produzione... senza che mai nulla cambi se non in peggio? Che farebbe una buona madre al posto del ministro dell'economia? Magari in una società dove si è ridiscussa la partecipazione e la delega.
E gli uomini? Non possono certo cavarsela imparando a cambiar pannolini o usufruendo dei permessi parentali. Che senso ha accudire i propri figli se poi fuori, nella società, nel lavoro, schizofrenicamente si prendono a gomitate (o peggio) i figli degli altri?
Alessandra Bocchetti ha detto nel suo intervento che è ora che gli uomini facciano un passo indietro. Ha ragione, finora non hanno in generale fatto una gran bella figura. Rientreranno in gioco solo quando avranno imparato ad essere sempre delle buone madri.
Ho sentito affermare, ed a ragione, che le donne sono ancora troppo timide. Forse non hanno chiaro da che parte andare. E se cominciassimo a discutere finalmente di tutto questo?
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