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La ridefinizione normativa del consenso sessuale potrebbe non bastare

La ridefinizione normativa del consenso sessuale potrebbe non bastare

L’approvazione dell'emendamento sul consenso sessuale "libero ed attuale" potrebbe non comportare sentenze più giuste, se mancheranno operatori giudiziari in grado di valutarlo come tale.

Martedi, 18/11/2025 - Certamente è un importante traguardo giuridico e culturale per l’Italia l’approvazione all’unanimità in Commissione Giustizia della Camera dei deputati dell’emendamento sul consenso ”libero ed attuale", emendamento che va a modificare l'attuale impianto dell’art. 609-bis del codice penale sulla violenza sessuale. Difatti il nostro Paese, allineandosi a quanto già previsto in materia da altri Paesi come Francia e Spagna, compie un passo necessario e dovuto anche per dare piena attuazione alla Convenzione di Istanbul, al cui rispetto l’Italia è stata più volte chiamata, riguardo proprio alla normativa in tema di violenza sessuale.

Oggi vige in Italia l’art. 609-bis, che punisce una violenza sessuale ove si dimostri che ci sia stata violenza fisica, minaccia o abuso di autorità. La vittima , cioè, deve dimostrare di essere stata costretta con la forza o di aver opposto resistenza. E’ a lei che spetta l’onere di provare di aver lottato, altrimenti quel rapporto, denunciato come costretto, non configura violenza. Queste limitazioni spesso pongono però le donne in una zona grigia, dove il silenzio o l’inerzia della vittima, che viene dimostrata scientificamente come possibile reazione al trauma, possono essere interpretate come consenso.

Se l’emendamento, approvato pochi giorni fa in Commissione Giustizia, finalizzato a rivisitare il progetto di legge Boldrini n. 1693, "Modifica dell’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso", passerà il vaglio finale del Parlamento, il consenso entrerà nel codice penale. Non si dovrà più dare prova della violenza, minaccia o abuso, ma dovrà dimostrarsi l’assenza di consenso al rapporto sessuale. Solo quando la legge avrà terminato il suo iter ed entrerà in vigore, non potrebbe più accadere nei tribunali che le donne vengano interrogate per dimostrare che non hanno reagito, o che ci hanno messo più di 20 secondi a farlo, o che non hanno urlato abbastanza.

L’unica domanda che sarà posta alla vittima sarà se abbia o meno prestato il suo consenso, se sia stata d’accordo a quel rapporto sessuale, in quel momento, o se a un certo punto ha detto "Basta". Ma come rimarca Marta Buti, consigliera nazionale di D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, "Il rischio di processi capziosi e morbosi sulla pelle delle donne, esiste comunque. Mi immagino già scenari in cui si chiederà a lui e a lei quando lei ha detto sì, se e quanto sia stata esplicita. E se lui aveva capito. E se lei si era spiegata bene. Saranno i singoli giudici quindi a valutare caso per caso, per questo resta fondamentale la formazione".

Difatti, quando diventerà legge la normativa Boldrini, in cui è presente l’emendamento approvato alcuni giorni fa, non è automatico che cambi la cultura sottostante alla sua applicazione. Soprattutto riguardo alla difficoltà di dimostrare in tribunale l'assenza di consenso, con il rischio di processi basati sulla parola della presunta vittima contro parola del presunto violentatore. Ecco perché si è usato precedentemente il verbo potrebbe al riguardo di ciò che succederà nelle aule dei tribunali italiani. Al proposito l’avvocata Maria Pia Vigilante, in un commento pubblicato su Facebook, ha scritto che “Si continua a legiferare pensando che basti inserire il termine consenso per risolvere i problemi nelle aule di giustizia”.

Ecco, da queste parole bisognerebbe partire per avviarsi verso un' analisi obiettiva sul risultato positivo a cui si è pervenuti con l'approvazione dell'emendamento sul "consenso libero ed attuale". Considerare di sicuro questo traguardo come utile, ma al fine di raggiungere un' ulteriore meta per la tutela delle donne italiane. Ossia "La creazione di un sistema antiviolenza sicuro, che approfondisca le dinamiche dei fatti legati ad ipotesi di reato, a partire dall’assunto che le donne sono libere di rifiutare un approccio sessuale in ogni momento e devono poterlo fare nel pieno delle loro condizioni psicologhe e fisiche" (Cristina Carelli, presidente di D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza). D’ altronde la consigliera della Corte di Cassazione Paola Di Nicola ci tiene a sottolineare che pur in presenza di “una norma netta”, in virtù di tale emendamento “è necessaria una profonda formazione, soprattutto culturale, di tutti i protagonisti del processo, nessuno escluso, su cos’è il consenso femminile e come si esprime (o non si esprime) e sull’obbligo di ascoltarlo.".

Quando la legge Boldrini così emendata verrà approvata, con la sua entrata in vigore il consenso deve essere: esplicito e volontario, non presunto o dedotto da comportamenti ambigui; attuale, cioè valido nel momento in cui l'atto sessuale avviene; libero, privo di coercizione, intimidazione, manipolazione o incapacità di intendere e volere. Indubbiamente l’approccio oltrepassa la precedente impostazione basata sulla costrizione fisica o morale e si avvicina a modelli normativi già adottati in altri Paesi europei. Il suo innovativo impatto però non dovrà sussistere solo sul piano processuale relativamente alla prova dell’assenza di consenso.

Si dovrà in contemporanea porre in campo un’adeguata formazione degli operatori giudiziari, che dovranno aggiornare le prassi interpretative delle situazioni poste al loro esame, nonché la correlata decisione. Come anche occorrerà adoperarsi in ambito culturale, promuovendo maggiore consapevolezza sul rispetto dei confini personali. Il panpenalismo, ossia la tendenza a risolvere problemi sociali, come la violenza maschile sulle donne, tramite il diritto penale, anche attraverso l'introduzione di nuovi reati, come il prospettato reato di femminicidio, o in questo caso la ridefinizione del concetto di consenso sessuale, non può essere la sola risposta valida ai fini di un più efficace contrasto a tale genere di violenza.

Da soli gli strumenti penali sono inefficaci, occorre che siano accompagnati da un cambiamento culturale e da adeguate politiche sociali e di supporto.. La definizione che viene data al consenso, che in virtù dell’emendamento approvato deve essere “libero ed attuale”, non tutela a priori le donne, perché di per sé non garantisce giustizia alle vittima di violenza maschile. Anche le tempistiche delle novità normative in tema di contrasto a tale genere di violenza sembrano confondere il reale suo contrasto con la ricerca di consenso.

Per la Giornata internazionale della donna 2025 il Governo Meloni avrebbe avuto l’intenzione di approvare in via definitiva il ddl n. 2528 sul reato femminicidio, licenziato però solo dal Senato ed in via di discussione alla Camera dei deputati, per potersene fare vanto. Anche l’approvazione all’unanimità dell’emendamento all’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso, licenziato dalla Commissione Giustizia della Camera dei deputati lo scorso 12 novembre, correrebbe il rischio di rimanere incompleto nella sua reale efficacia al contrasto alla violenza maschile sulle donne, ove si pensi che sia bastevole di per sé stesso.

Impegnarsi fattivamente contro tale violenza deve essere, prima ancora che finalizzato ad acquisire consenso, un imperativo categorico innanzitutto per i rappresentanti istituzionali, perché un fenomeno sociale come la violenza maschile sulle donne, avendo carattere culturale, non si sconfigge con il diritto penale, capace invece di attirare facili consensi. Lo si sconfigge sul terreno della prevenzione, ad esempio, rendendo obbligatoria l'educazione affettiva nelle scuole pubbliche italiane. In tema di politiche integrate, ad esempio, predisponendo un Piano nazionale antiviolenza con il confronto con chi è operatrice nei centri antiviolenza del Paese e non prescindendo dalla loro esperienza, come si è fatto con il recente piano Sul sistema di protezione delle vittime della violenza maschile sulle donne le falle, precedenti all' esecutivo Meloni, si sono ulteriormente approfondite, perché il governo ha puntato solo sull'inasprimento delle pene o sul futuro reato di femminicidio.

Anche le pietre sanno che la minaccia di punizioni nuove non esime il criminale dal compiere un femminicidio, come hanno dimostrato gli ultimi casi accaduti. Sulla futura norma relativa al consenso sessuale “libero ed attuale” saranno le singole sentenze a verificarne la validità in termini di giustizia e verità per le sopravvissute agli stupri. Sentenze che non potranno più prescindere dall’analizzare con maggiore attenzione messaggi, testimonianze, comportamenti e contesti relazionali, visto che anche piccole sfumature potranno essere decisive. La libertà sessuale non sarà più negoziabile, ma perché ciò avvenga occorre che, al di là della nuova norma, ci siano operatori giudiziari in grado di valutarla come tale.

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