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L’INVISIBILITÀ NON È UN SUPERPOTERE: la mostra e la rete ospedaliera

L’INVISIBILITÀ NON È UN SUPERPOTERE: la mostra e la rete ospedaliera

Il ruolo dei presidi sociosanitari per contrastare la violenza di genere in un convegno a Roma (WeGil, mostra visitabile fino al 6 febbraio)

Lunedi, 03/02/2020 - Nell'ambito della mostra 'L'invisibilità non è un superpotere" (Roma, WeGil, Largo Ascianghi 5, foto di Marzia Bianchi) si è tenuto un confronto su "Il ruolo della rete ospedaliera sul tema della violenza contro le donne" (venerdì 31 gennaio 2020), occasione di confronto e approfondimento sul ruolo dei presidi sociosanitari voluta dalla Fondazione Fondazione Pangea Onlus e Reama Network – Rete per l’Empowerment e l’auto mutuo per le donne vittime di violenza (www.reamanetwork) perchè "il fenomeno della violenza sulle donne ha un risvolto anche rispetto alla salute pubblica, come riporta un rapporto pubblicato dall'OMS nel 2019, secondo cui l’abuso fisico e sessuale è un problema sanitario che colpisce un terzo delle donne nel mondo. L’impatto sulla salute fisica e mentale di donne e bambine che subiscono atti di violenza ha conseguenze gravi che vanno da fratture a gravidanze problematiche, dai disturbi mentali ai rapporti sociali compromessi". (videoservizio) (FB)

La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e la violenza domestica del Consiglio d’Europa richiama le istituzioni a lavorare proprio per prevenire questo fenomeno. Con questa consapevolezza la Regione Lazio sta promuovendo il rafforzamento delle reti per prevenire la violenza e la mostra di Fondazione Pangea "l'invisibilità non è un super potere" sviluppata dalla fotografa Marzia Bianchi, ne è l’esempio. Nella mostra, infatti, sono esposte fotografie e frasi di donne accolte dalla rete REAMA e radiografie di donne che hanno subito violenza e che si sono rivolte ai pronto soccorsi del San Camillo di Roma e del San Carlo Borromeo di Milano. Questa mostra mette in rilievo come sia importante il lavoro di presa in carico da parte di tante realtà allo stesso tempo, come gli ospedali, le associazioni e le reti delle donne, come Reama.

Un lavoro ad hoc si sta facendo a partire dai pronto soccorso, dove sperimentano percorsi speciali per chi subisce violenza, in grado di offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza.

La Regione Lazio proprio al fine di rispondere alle disposizioni della Convenzione di Istanbul e alle Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, sta svolgendo azioni di formazione degli operatori e operatrici degli enti pubblici sanitari e degli altri inclusi anche i centri antiviolenza per promuovere e fornire un intervento adeguato e integrato.

“ll lavoro di rete - dichiara Giovanna Pugliese, Assessora al Turismo e Pari Opportunità della Regione Lazio - è la chiave di volta nella lotta contro la violenza sulle donne. Le istituzioni devono costruire buone prassi e farle diventare sistema, diffondere la cultura del rispetto e prevenire i fenomeni e perseguire i colpevoli”.

“Come richiama la Convenzione di Istanbul è dovere di tutte e tutti lavorare per eliminare la violenza sulle donne e per sostenere le donne che vivono questa esperienza. Ecco perché, grazie all’impegno ventennale di Fondazione Pangea, abbiamo voluto creare la rete Reama, per creare un circuito di persone, professioniste e realtà in grado di supportarle affinché ogni donna non si senta mai più sola e per contribuire allo sviluppo di un modello integrato di intervento a livello nazionale come anche regionale e comunale”, afferma Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice di Reama.

“L’invisibilità non è un superpotere” – afferma la fotografa Marzia Bianchi – vuole essere parte di questo percorso per rompere il muro di silenzio che coinvolge le donne che hanno subito violenza: nella mostra sono i loro corpi, le loro lesioni a parlare, intrecciando singole storie in un unico racconto”.

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