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Le ‘Donne del Muro Alto’ all’Auditorium Parco della Musica. Intervista a Francesca Tricarico

Le ‘Donne del Muro Alto’ all’Auditorium Parco della Musica. Intervista a Francesca Tricarico

Lo spettacolo ‘Olympe’ ispira la società civile a uscire dagli stereotipi della detenzione femminile, invocando giustizia sociale e diritti delle donne

Martedi, 23/12/2025 - Ormai da circa dodici anni ‘Le Donne del Muro Alto’ calcano le scene dentro e fuori ‘le mura’: la compagnia teatrale nata nel carcere di Rebibbia femminile grazie all’attenzione per il sociale, alla passione instancabile ed alla ferma credenza nel potere educativo del teatro della regista e ideatrice del progetto, Francesca Tricarico (Associazione ‘Per Ananke’), si rivolge a donne detenute, ex detenute e donne in misure alternative alla detenzione. Oggi, dopo anni di attività laboratoriali, e di spettacoli interni ed esterni al carcere, anche in teatri della Capitale (fra questi, il Teatro Preneste, il Palladium e il MAXXI) e non solo, la Compagnia torna in scena in un luogo prestigioso: l'Auditorium Parco della Musica di Roma, con due date, una dedicata al pubblico, spettatori e appassionati, domenica 25 gennaio alle ore 18.00, e l’altra, il 26 mattina, indirizzata alle scuole, con una finalità pedagogica molto importante.
NOIDONNE, che da anni segue la Compagnia ed i suoi spettacoli, sempre attenti alla condizione delle donne e ad una visione emancipatoria, trasformativa e non stereotipata della detenzione femminile, ha intervistato Francesca Tricarico sui motivi della scelta di rappresentare ‘Olympe’ e sulla nuova sfida di calcare le scene dell’Auditorium Parco della Musica.

Perché avete deciso di portare in scena proprio questo spettacolo, con la compagnia 'Le Donne del Muro Alto' e cosa rappresenta per voi 'Olympe'?
“Questo spettacolo è nato nel 2018 all'interno di Rebibbia Femminile, nella sezione di alta sicurezza, dove le signore recluse lì in quel momento, che facevano teatro con me, hanno trovato questo libro, ‘La donna che visse per un sogno’ di Maria Rosa Cutrufelli, una scrittrice siciliana che si è interessata della figura di Olympe de Gouges, una drammaturga francese, attivista e femminista ante litteram che visse durante la rivoluzione francese. Così, quando nel 2020 abbiamo iniziato a lavorare all'esterno, dopo un paio d'anni di lavoro fuori, con l'arrivo del decennale dell’Associazione nel 2023, abbiamo pensato che da quel testo ‘simbolo’, quello che poteva meglio rappresentare la nostra associazione era proprio uno spettacolo dedicato alla figura di Olympe de Gouges, che scriveva sui diritti della donna e della cittadina e diceva ai francesi: 'Libertà, uguaglianza e fraternità sì, ma vi siete dimenticati delle donne' e ancora: 'Avete scritto una costituzione così bella ma non avete il coraggio di applicarla, perché applicarla vorrebbe dire non poter fare gli interessi dei potenti'.
Quindi ci sembrava un testo terribilmente attuale e abbiamo deciso di riprenderlo nel 2023, per il decennale della nostra Compagnia, e poi di nuovo lo abbiamo ripreso adesso, apportando delle modifiche, cambiando tutti i prologhi e il finale, perché gli spettacoli, come le persone, crescono, maturano e quindi nascono esigenze nuove, simili ma diverse, ed oggi c’è una nuova versione".

Dopo l'apertura del MAXXI, per la prima volta il vostro laboratorio, che è cresciuto negli anni, ha uno spazio in una delle sale dell'Auditorium Parco della Musica: secondo te è un segnale di apertura del territorio al lavoro educativo che fa con le donne il teatro in carcere (in particolare la tua compagnia) e come può la collettività sostenere il grande lavoro che avete fatto in questi anni?
"Io credo che l’arrivo dei nostri spettacoli nei luoghi istituzionali nella città di Roma (il MAXXI, l’Auditorium, ecc.), cosa di cui siamo felicissime, è un segnale importante che ricorda a tutti, alla cittadinanza, che il carcere è un luogo della città, e che le persone che vi si trovano attraversano il carcere ma hanno fatto parte della società libera e ci torneranno ed anche la Compagnia nata in carcere è una compagnia della città di Roma. Ci sentiamo di dire, quindi, che questi luoghi appartengono anche a noi, che operiamo in questa città, ed è un riconoscimento da un lato delle attività che si svolgono in questa parte della città, cui apparteniamo, e dall’altra anche del valore artistico del nostro lavoro, poiché la nostra attività (oltre che creare intrattenimento) intende creare, e ci battiamo per questo, delle professionalità, che in luoghi così importanti sono richieste.
Questo spettacolo è stato rappresentato anche nelle scuole, l'hanno già visto circa 1.500 studenti che hanno anche elaborato degli articoli della Costituzione, secondo loro necessari proprio per i giovani, ed è stato molto bello vedere come con i ragazzi si è parlato molto della necessità di avere degli spazi specifici legati alla salute mentale dei giovani, ad esempio, e quindi è stato un ottimo punto di partenza per parlare di detenzione, detenzione femminile, educazione alla legalità ma anche di bisogni ed esigenze.
Quella dell'Auditorium è stata una grande sorpresa: ci viene messa a disposizione una sala per due date, una per gli spettatori ed il pubblico, domenica 25 gennaio alle ore 18.00 ed il 26 mattina per le scuole, dove ci dove ci sono ancora posti, anche per le scuole, e quindi siamo felicissimi di accogliere nuovi ragazzi delle scuole che ci vogliono ancora contattare. La collettività può aiutarci anche venendo a vedere lo spettacolo, magari regalando un biglietto a chi pensa possa essere sensibile ai nostri temi".

Da che esperienze vengono le donne che lavorano nello spettacolo? Alcune sono già in libertà mi sembra, eppure il loro amore per il teatro e per il gruppo è ancora forte....
"Le donne che saranno in scena nello spettacolo dell'Auditorium sono donne che hanno scoperto il teatro da attrici all'interno del carcere quando erano recluse e hanno deciso poi di continuare l'attività anche all'esterno. Abbiamo tre attrici ex detenute, una donna in misura alternativa alla detenzione e una studentessa dell'Università di Scienza della Formazione di Roma Tre (futura educatrice nelle carceri) che è venuta per fare un tirocinio e poi è rimasta nella Compagnia. L'amore per il teatro continua sicuramente, da dentro a fuori, per la passione di questa attività, per le opportunità che questa attività dà alle donne di raccontarsi, protette dalle storie dei grandi autori, ma anche di portare fuori la voce delle donne che sono ancora recluse, attraverso il teatro, e di parlare di detenzione al femminile, di legalità, di giustizia sociale. Credo sia questo il motore che muove queste donne a continuare a ‘metterci la faccia’, per ricordare attraverso questo progetto che hanno avuto un'esperienza detentiva, ma che sono diventate ora, non solo delle donne libere, ma delle attrici e la voglia di parlare di temi così importanti e di abbattere lo stigma sociale, supera le difficoltà di dire ‘sono un'attrice ma ho avuto anche un'esperienza detentiva’ ".

Francesca, tu sei una sognatrice e hai fatto in modo che alcuni sogni (tuoi e delle donne con cui lavori) diventassero realtà: se potessi fare una richiesta alle istituzioni, magari per sostenere un sogno per la tua compagnia, cosa chiederesti: spazi, supporto finanziario, visibilità, oppure altro ancora?
"Sì, è vero, sono una sognatrice, sono stata educata a sognare anche quando sembra che i sogni siano irrealizzabili, ma a sognare ‘con la testa per aria e i piedi ben piantati a terra’, quindi creando delle basi solide affinché questi sogni possano avere una speranza ed essere dei semi che possano poi germogliare con la giusta irrigazione, diciamo così. Sicuramente il sogno più grande è un'attenzione sempre maggiore al tema della detenzione, alle carceri, ma soprattutto alla cultura come strumento di emancipazione, perché è giusto fare dei corsi che siano professionalizzanti, ma servono degli strumenti per affrontare poi la società e il mondo del lavoro.
Una richiesta delle Donne del Muro Alto è quella sicuramente di avere uno spazio, di avere una ‘casa’. Sono anni che chiediamo una ‘casa’ per le Donne del Muro Alto, perché la compagnia è fatta anche di donne in misure alternative alla detenzione, quindi ci servono degli spazi adeguati dove poter chiedere i permessi al magistrato di sorveglianza perché queste donne possano frequentare il laboratorio di teatro, e la formazione per poter fare degli incontri di sostegno. Quest'anno abbiamo avuto la possibilità, all'esterno, di avere una psicologa che ci seguiva, per poter fare la formazione nella parte organizzativa e di produzione, per poter avere un ufficio, per poter fare gli incontri. Quindi sicuramente una ‘casa’ e un'attenzione anche ai sostegni economici.
Noi partecipiamo continuamente a dei bandi, sogniamo di vincere dei bandi che non siano sempre annuali, quindi una corsa in affanno, ma legati a dei programmi con una progettualità più ampia, ad esempio una progettualità triennale che permetta di avere una visione più comoda e più produttiva possibile".

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