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LE SCOMODE CIFRE DELL'ITALIA DELLE DONNE, lavoro, sicurezza, pensioni

LE SCOMODE CIFRE DELL'ITALIA DELLE DONNE, lavoro, sicurezza, pensioni

Il Consiglio nazionale degli Attuari e Noi Rete Donne organizzano due incontri (6 e 29 marzo 2023) per mettere a fuoco lavoro, sicurezza, pensioni: i dati, il presente e le prospettive future. Il 6 partecipa la Ministra CALDERONE

Martedi, 21/02/2023 - CON LA PARTECIPAZIONE DELLA MINISTRA DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Il Consiglio nazionale degli Attuari e Noi Rete Donne organizzano due incontri (6 e 29 marzo 2023) per mettere a fuoco lavoro, sicurezza, pensioni: i dati, il presente e le prospettive future.
REGISTRAZIONE INTEGRALE DELL'INCONTRO 
https://youtu.be/XuhbiMbJffc

COMUNICATO STAMPA

Infortuni e malattie professionali: tutti i numeri in un incontro online lunedì 6 marzo dalle 17 alle 19
DONNE E SICUREZZA SUL LAVORO,
EVENTO DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI ATTUARI E NOI RETE DONNE CON LA MINISTRA CALDERONE

° Iniziativa nell’ambito delle azioni per la diffusione delle informazioni sulla disparità di genere
° Parteciperanno anche Giovanna Spatari, Presidente della Società di Medicina del Lavoro, e Paolo Pennesi, Direttore dell’Ispettorato del Lavoro
La ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone parteciperà lunedì 6 marzo prossimo, dalle ore 17 alle 19, al primo incontro online su “Le scomode cifre dell’Italia delle donne”, organizzato dal Consiglio Nazionale degli Attuari e da Noi Rete Donne. Il tema è “Donne e sicurezza sul lavoro: i numeri degli infortuni e delle malattie professionali”.
Obiettivo dell’iniziativa, nata nell’ambito delle azioni per la diffusione delle informazioni sulle disparità di genere, è fornire una fotografia del problema lavoro e sicurezza attraverso una panoramica sui dati più aggiornati del fenomeno e sulle prospettive future. Sono previsti gli interventi di Giovanna Spatari, Presidente della Società Italiana di Medicina del Lavoro, e di Paolo Pennesi, Direttore dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Introdotte da Tiziana Tafaro, Presidente del Consiglio Nazionale degli Attuari, e da Daniela Carlà, promotrice di Noi Rete Donne, faranno il punto della situazione sulla sicurezza delle donne sul lavoro Silvia D’Amario, Coordinatrice Generale Consulenza statistico-attuariale dell’INAIL, e Adelina Brusco, Coordinatrice centrale Consulenza statistico-attuariale dell’INAIL.
Per seguire i lavori
R.S.V.P – info@giovannamarchicomunicazione.com

RAPPORTO FINALE DEI DUE INCONTRI PUBBLICATO IL 10 NOVEMBRE 2023

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Evento 6 marzo 2023 Donne e sicurezza sul lavoro: i numeri degli infortuni e delle malattie professionali / ABSTRACT
Silvia D’Amario Coordinatrice Generale Consulenza Statistico Attuariale – Inail Adelina Brusco Coordinatrice Centrale Consulenza Statistico Attuariale – Inail
Nel corso degli ultimi decenni per le donne sono emersi nuovi fattori che si sono aggiunti ai rischi propri dell’attività svolta o dell’ambiente in cui operano, che si stanno rilevando determinanti sotto il profilo della salute e sicurezza. In primo luogo, l’invecchiamento della popolazione attiva. L’allungamento della vita lavorativa costituisce ormai un fenomeno che investe tutti i settori lavorativi e che ha aumentato l’esposizione al rischio di infortuni e malattie professionali. L’invecchiamento di per sé non è una malattia, ma una fase nella vita delle persone nella quale si verificano modificazioni fisiologiche e psicologiche che hanno ripercussioni rilevanti sull’attività lavorativa con risposte diverse da parte di uomini e donne, anche a parità di esposizione alla stessa fonte di rischio. Altri fattori, poi, incidono in maniera più marcata tra le lavoratrici, come i rischi psico-sociali, le violenze e aggressioni sul posto di lavoro, il tentativo di mantenere un equilibrio tra la dimensione professionale e quella familiare e, più recentemente, la pandemia da Covid-19. La lettura dei dati infortunistici conferma quella che è la disparità di genere presente sul fronte lavorativo, preponderanza maschile sul mercato del lavoro e presenza delle donne solo in certi ambiti, soprattutto terziario e pubblica amministrazione. La quota delle lavoratrici sul totale degli infortuni denunciati è stata mediamente negli ultimi dieci anni del 36%, se si esclude il picco del 43% nel 2020 causato dal Covid-19. Anche nel 2022 l’incidenza si posiziona su valori superiori al passato (41%), per la recrudescenza dei contagi in ambito professionale a carico delle donne. Gli oltre 205 mila infortuni sul lavoro femminili registrati nel 2021 rappresentano il valore più basso del decennio 2012-2021. Nell’anno 2022, ancora non consolidato, il numero delle denunce di infortunio è tornato a salire, sia per la componente femminile che per quella maschile. La ragione di tale aumento risiede nel fatto che nell’anno appena trascorso la maggiore contagiosità delle nuove varianti da Covid-19 è responsabile della metà dell’incremento infortunistico. La quota dei decessi femminili è stata mediamente fino al 2019 intorno al 9%, dal 2020 è salita all’11%. Il biennio 2020-2021 risente della letalità del virus, in particolare l’anno 2020. Il calo dei decessi femminili tra il 2021 e il 2022 è dovuto interamente alla riduzione della letalità delle nuove varianti che ha fatto crollare nell’ultimo anno i decessi per Covid-19. Le infortunate sono tendenzialmente più anziane degli uomini: il 63% circa ha meno di 50 anni, contro il 70% degli infortunati. Nella classe 50-64 anni le lavoratrici concentrano il 35% degli infortuni (28% gli uomini); mentre, tra gli over 64 anni, le lavoratrici rappresentano l’1,7% contro il 2,2% maschile. In aumento nell’ultimo quinquennio gli infortuni degli over 49enni, più marcato l’incremento per le donne (dal 34% del 2017 al 38% del 2021, con un picco del 41% nel 2020). Per i casi mortali la classe di età più interessata è quella tra i 50 e i 64 anni, con circa la metà dei casi, senza differenze di genere. Da rimarcare come per gli ultra 64enni la quota dei deceduti (9,6%) sia maggiore rispetto alle donne (7,5%). Da rilevare come la quota degli infortuni in itinere sul totale degli infortuni dello stesso sesso è stata sempre più elevata per le donne rispetto agli uomini (21% nel quinquennio 2017-2021, contro il 12% dei maschi, valori condizionati dagli anni della pandemia in cui tali incidenze si sono ridotte per entrambi i sessi). Anche per i decessi denunciati in itinere, l’incidenza tra le lavoratrici è sempre stata più elevata: un decesso femminile su due, sia negli anni precedenti la pandemia che nel 2022, rapporto che per i maschi scende a uno su quattro (quote pari, rispettivamente, al 24% e al 15% nel biennio
2020-2021). Aggiungendo ai casi in itinere anche gli infortuni in occasione di lavoro con mezzo di trasporto coinvolto, gli infortuni delle donne “fuori azienda”, quindi in strada, incidono tra il 2017 e il 2021 per il 22% e quasi il 50% dei loro decessi (per gli uomini le incidenze si fermano rispettivamente al 16% e al 39%). La “strada”, quindi, causa in proporzione più infortuni tra le donne che tra gli uomini. Ciò è giustificato dal fatto che i modelli familiari-sociali vedono la donna particolarmente impegnata nel tentativo di mantenere un equilibrio tra la dimensione professionale e quella familiare con possibili ripercussioni sulla frequenza dei suoi spostamenti, sui tempi di recupero dalla stanchezza, in presenza poi, per alcune professionalità, come quelle sanitarie di turni lavorativi anche notturni. I differenti ruoli sociali e i relativi carichi di lavoro possono quindi in qualche modo influenzare l’esposizione al rischio. In generale, l’incidenza degli infortuni delle lavoratrici è particolarmente elevata nel settore dei servizi domestici e familiari (colf e badanti), nella sanità e assistenza sociale, nel settore manifatturiero (in particolare, confezionamento di articoli di abbigliamento), nel commercio e nell’amministrazione pubblica, caratterizzati da un’alta componente occupazionale femminile. Tra le tante cause di infortunio vi sono le «violenze, aggressioni e minacce» (ad es. da pazienti o loro parenti nei confronti di sanitari, da studenti o parenti nei confronti di insegnanti, fino ai rapinatori in banca, uffici postali, ecc.). Tra le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze (oltre il 3% di tutti gli infortuni femminili riconosciuti), quasi il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali, seguono (ma a distanza) le impiegate postali, le addette ai servizi di vigilanza e custodia, le addette alle vendite, il personale di pulizia, le insegnanti e specialiste dell’educazione-formazione. Le lavoratrici sono le più colpite dai contagi professionali da Covid-19: su oltre 300mila denunce di infortunio da Covid-19 pervenute all’Inail dall’inizio dell’epidemia ben il 68% sono femminili. Il dato è in controtendenza rispetto a quanto si osserva nelle denunce di infortunio sul lavoro in complesso, che coinvolgono molto di più gli uomini delle donne. La spiegazione è da ricercare nella prevalenza di donne in settori produttivi con contagio più frequente e diffuso, in particolare l’ambito socio-sanitario e le molte attività che vi gravitano attorno, come la pulizia degli ambienti, nonché in professioni contraddistinte dal contatto prolungato con gli utenti, tipico delle addette alle vendite o delle operatrici allo sportello. Per i casi mortali, dei quasi 900 denunciati, solo il 17% (154) sono femminili. Se le malattie professionali denunciate dalle donne sono numericamente inferiori a quelle maschili (meno di 1/3), i disturbi psichici-comportamentali (per la maggior parte disturbi dell’adattamento e post-traumatico da stress), benché con numeri molto contenuti per entrambi i generi, sono le uniche malattie denunciate dalle donne che superano, seppur di poco, quelle maschili. Il 72% delle malattie professionali riconosciute alle donne riguardano l’apparato muscolo scheletrico e sono concentrate nelle Attività manifatturiere, nella Sanità e nel Commercio. Tra le prime cause: i movimenti irregolari e ripetuti (lavoro ripetitivo), il sollevamento di carichi pesanti, i movimenti (alzare le braccia, movimenti sbilanciati su una sola parte del corpo, ecc…). Per gli uomini, tra le prime cause dopo il lavoro ripetitivo seguono: le vibrazioni (da rumore, vibrazioni trasmesse al corpo intero o sistema mano/braccio per l’uso di attrezzature e macchine da lavoro) e le fibre (quasi esclusivamente da amianto), ecc. Analogamente agli infortuni, si osserva un progressivo invecchiamento e un aumento delle malattie professionali nelle classi dai 50 anni in su (dal 72% del 2017 al 79% del 2021). Nelle over 49enni, aumenta sia l’incidenza delle muscolo scheletriche che le malattie riconosciute di lunga latenza come i tumori, mentre diminuiscono quelle della cute. Il 4% delle malattie asbesto-correlate riconosciute riguarda le donne, per le quali i postumi sono più severi (69% le decedute, contro il 45% per il complesso dei riconoscimenti del 2017).

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LE SCOMODE CIFRE DELL’ITALIA DELLE DONNE

Giovanna Spatari, Presidente SIML

La banca dati INAIL è una fonte preziosa di dati che ci consente di valutare l’evoluzione degli infortuni e delle malattie professionali nel nostro paese a partire dagli anni 1960 e fino ai nostri giorni:

La puntuale fotografia di quanto avviene in Italia consente a tutte le figure professionali che si occupano di salute e sicurezza di ragionare sulle più opportune strategie di prevenzione. I dati ISTAT confermano che esiste una realtà sfavorevole all’occupazione femminile, almeno nel nostro Paese.Nonostanteil tasso di impiegate sia costantemente in aumento e le donne, a fatica, stiano occupando anche professioni considerate storicamente di appannaggio maschile, permangono alcune aspetti da considerare. che attengono al tema della segregazione orizzontale , in quanto le donne sono soprattutto impiegate in sanità e assistenza sociale, industria manifatturiera (tessile e alimentare e) amministrazione pubblica e commercio,cioè in settori comportanti attività ripetitive,di introduzione dati,di movimentazione di pazienti, contatti con i loro familiari, di contatto con il pubblico in generale. E’ quindi la differenza nella tipologia di infortunio risente delle variabili determinate dal diverso impiego nei vari settori. Esaminando i dati relativi agli infortuni, quelli occorsi alle donne rappresentano circa un terzo degli infortuni in generale. Però il dato degli infortuni in itinere è in controtendenza in quanto le donne sono più interessate rispetto agli uomini. Volendo analizzare le cause che determinano il dato, si potrebbero considerare: la doppia presenza nei ruoli con necessità di coniugare, la gestione di casa, famiglia con il lavoro, ma anche il maggiore impiego in settori professionali caratterizzati da lavoro a turni e notturno (sanità) che comportano ridotto numero di ore di sonno, alterazioni del ritmo circadiano, con ricadute in termini di incidentistica stradale, come dimostrato anche dai dati presenti in letteratura. Per quanto riguarda poi l’età compresa tra 50 e 64 anni, io credo che il dato sia significativo perché è questa la fase della vita in cui danno segno di sé determinate situazioni acuite dal lavoro,considerato che la vita di una donna si caratterizza molto più che quella dell’uomo da un succedersi di diverse fasi..una di queste è la fase della menopausa , durante la quale condizioni cliniche associate alle specifiche variazioni ormonali rendono la donna più suscettibile a una serie di condizioni, senza considerare poi che questa età coincide con il potenziamentodel ruolo di caregiver,soprattutto rivolto ad anziani e non a bambini. Questo aspetto contribuisce fortemente al determinismo di patologie psicosomatiche o come le chiamiamo noi più genericamente da stress lavoro-correlate. Lo stress in questo frangente contribuisce a sua volta all’incremento del rischio di infortuni. Interessante il dato relativo a «violenze, aggressioni e minacce» che si inquadra nell’ambito delle aggressioni in operatori della sanità in generale che è un fenomeno in crescita purtroppo e che riguarda soprattutto il sesso femminile. Sia perché negli anni abbiamo assistito a una progressiva femminilizzazione delle carriere dell’area della sanità, sia perché comunque le donne sono più esposte alla violenza in questo specifico settore. In genere l’aggressione avviene da parte di terzi, soprattutto utenti dei servizi sanitariFattori predisponenti sono rappresentati dal lavoro in condizioni di solitudine, in luoghi isolati, durante le ore notturne come è tipico dell’attività in guardia medica che rappresenta l’esempio più drammatico perché  comunque la prestazione va sempre e comunque espletata dall’operatrice, anche in condizioni di prevedibile pericolo, per dovere morale e per evitare di incorrere nei reati  di interruzione di pubblico servizio o di omissione di atti d’ufficio. Anche le denunce di malattia professionale che riguardano le donne sono numericamente inferiori a quelle maschili (meno di 1/3). Di queste, la maggior parte è riferita all’ambito del settore servizi (commercio, trasporti, sanità). E  sono prevalenti quelle a carico del sistema osteomuscolare:le più frequenti sono rappresentate dalle lombalgie, dalla sindrome del tunnel carpale e dalle patologie articolari dell’arto superiore. Sono connesse a fattori di rischio quali la Movimentazione Manuale dei Carichi o la necessità di lavorare in maniera non ergonomica, (sollevamento braccia, movimenti sbilanciati). I disturbi psichici-comportamentali (per la maggior parte disturbi dell’adattamento e post-traumatico da stress), benché con numeri molto contenuti per entrambi i generi, sono le uniche malattie denunciate dalle donne che superano, seppur di poco, quelle maschili. Ampiamente studiato in anni recenti è l’aspetto del rischio correlato allo stress: le donne sono soggette più facilmente a molestie sessuali, morali e discriminazioni, hanno necessità di conciliazione delle esigenze lavorative e familiari, sono più spesso impiegate in mansioni subordinate e attività stressanti, hanno difficoltà a mantenere il posto di lavoro durante e dopo la gravidanza e tutto ciò può incidere sul determinismo di sindromi psicosomatiche e disturbi psichici. Occorre poi considerare alcune variabili affatto trascurabili, la più importante delle quali è rappresentata dal carico familiare che rimane soprattutto a carico delle donne, in quanto esiste una asimmetria nelle distribuzione dei carichi domestici all’interno della coppia. Sono le donne che si occupano delle attività di cura della casa e di accudimento (caregiver) dei pochi bambini e dei molti anziani presenti all’interno della famiglia. Esiste quindi una condizione di esposizione multipla ai pericoli propri dell’ambito domestico e di quello lavorativo. La peculiarità di genere non riguarda solo gli aspetti commentati, ma anche il rapporto salute/ambiente di lavoro. Infatti per troppo tempo il lavoratore è stato considerato un soggetto neutro (di sesso maschile), per cui in tutti gli ambiti propri della sicurezza sul lavoro, dalla valutazione dei rischi, dalla prevenzione, alla promozione della salute non è stato considerato l’approccio di genere. Eppure  le differenze tra sessi sotto il profilo antropometrico, fisiologico, fisiopatologico condizionano una diversa predisposizione ad ammalarsi di uomini e donne esposti allo stesso fattore di rischio. Solo del tutto recentemente, analogamente a quanto succede in altre discipline, si inizia a considerare questa variabile anche in medicina del lavoro. Anche da un punto di vista legislativo, la tutela della salute e sicurezza tenendo conto dell’ottica di genere, è stata introdotta con il D.Lgs 81/08. Sono trascorsi quindici anni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 81/08 che all’articolo 28, definisce l’obbligo di effettuare la valutazione di tutti i rischi compresi quelli connessi alle differenze di genere, ma di fatto una attività sistematica in questo senso non è ancora realizzata. E’ necessario che il processo valutativo vada indirizzato verso misure differenziate e valutazioni dei dati in maniera disaggregata per sesso. E’ stato sperimentato un applicativo dall’Università di Pisa (medici del lavoro, biologi, sociologi, giuslavoristi) con la collaborazione e il supporto iniziale dell’INAIL (sede regionale Toscana) che ha elaborato un modello di auto-valutazione del grado di appropriatezza dell’adozione del parametro genere nel processo di VR. Il modello prevede 35 item investigativi che analizzano diversi aspetti che possono essere condizionati dalle differenze di genere inerenti specifiche aree di interesse (dalla formazione, agli aspetti prettamente tecnici, alla conciliazione). L’applicativo restituisce una valutazione sintetica qualitativa, individuando i punti critici del processo, proponendo misure correttive. Il processo richiede la collaborazione di tutte le figure professionali della prevenzione tra cui i medici del lavoro che si occupano anche della tutela della salute delle singole lavoratrici, attraverso le attività di sorveglianza sanitaria. il ruolo del medico competente diventa centrale, quale osservatore privilegiato di donne, spesso sane o che ritengono di essere sane. Infatti le visite mediche sono periodiche (generalmente annuali) e accompagnano le persone durante tutto l’arco temporale della vita professionale, che per la donna più che per l’uomo è scandita da fasi critiche (periodo della fertilità, gravidanza, menopausa). Nella fattispecie quindi, stante l’obbligatorietà dei controlli sanitari che avvengono durante l’orario di lavoro, così come disposto dal D.Lgs 81/08, il medico competente può essere l’unico sanitario che visita le donne, che generalmente sono molto attente alle condizioni di salute dei propri congiunti tendendo a trascurare la proprie. Attraverso questo strumento può proteggerle dai rischi lavorativi, valutare quelli extralavorativi, soprattutto legati alle attività di cura, effettuare attività di promozione della salute e valutarne l’efficacia nel tempo, concorrere alla identificazione precoce di eventuali situazioni di molestie fisiche e/o morali, promuovere altre attività di sensibilizzazione ad esempio alla cultura della prevenzione (attività di promozione degli screening, ma anche correzione dei fattori di rischio coinvolti nelle malattie croniche, che per le donne sono più invalidanti che per gli uomini),.che si estende ben oltre gli intenti originari dello stesso Legislatore. L’applicazione sistematica dell’ottica di genere negli ambiti di salute e sicurezza per l’identificazione di misure collettive e individuali può essere affrontata solo con la collaborazione di tutte le figure che a vario titolo si occupano di prevenzione all’interno dell’azienda, primo tra tutti il datore di lavoro, che esercita i poteri decisionali e di spesa. In queste dinamiche un ruolo non secondario può essere svolto dai Comitati Unici di Garanzia, che vanno coinvolti.  La SIML da anni si impegna a garanzia della sicurezza delle donne legata al binomio salute e lavoro, fermamente convinta che bisogna agire sulle variabili umane e di sistema, con la finalità di fornire il mondo del lavoro dei mezzi conoscitivi, culturali e tecnici adeguati ad una ottica di genere.


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