La plastica ha cancellato una sapienza e una tradizione che il museo realizzato dall'Associazione Erbe Palustri' ha salvaguardato
Lunedi, 14/06/2021 - Sfogliando le annate di Noidonne degli anni ’50, si trova un articolo che riporta lo sciopero fatto dalle centinaia di donne lavoranti a domicilio delle erbe palustri. Leggendolo, sembra di scoprire un mondo di fantascienza. Sono passati solo settanta anni, ma quel mondo, che esisteva dai secoli, è completamente scomparso. Le erbe palustri? E cosa sono? Si lavoravano…e per farne cosa? Il vecchio articolo di Noidonne è stimolo per raccontare la storia dell'Ecomuseo delle Erbe palustri, dell'etnovillaggio ricostruito e di una tradizione salvaguardata dalla passione per le proprie radici.
Negli anni ’80, precisamente nel 1985, una donna innamorata del proprio territorio, Maria Rosa Bagnari, diede la spinta per creare l‘ “Associazione Erbe Palustri” a Villanova di Bagnacavallo (Ravenna) con lo scopo di raccogliere tutti i reperti, gli strumenti ed i manufatti di quel lavoro scomparso. Erano ancora molte le donne che avevano nelle mani il lavoro delle erbe e questo fu un aiuto indispensabile per riuscire a non perderne la memoria. L’associazione progettò l’attuale Ecomuseo, che, con i suoi 2.500 pezzi, ha ricevuto come spazio espositivo la vecchia scuola media del paese. I visitatori sono circa 15.000 all’anno. Fortunatamente tanti di essi sono classi di ragazzi di ogni ordine e grado. Entrano con curiosità e faticano ad uscirne, perché il discorso sulla sostenibilità ambientale e sul valore del rispetto dell’ecosistema è rappresentato con una concretezza inaspettata. Ancora più trattenuti dal volerne uscire, sono i bambini delle classi elementari, che trovano e vedono per la prima volta i giochi di un tempo in una sala a loro dedicata.
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