Un evento per i 40 anni della morte di Franco Basaglia, padre della legge 180, è occasione per Letizia Battagli di raccontare la follia con le sue foto e con il suo amico Goffredo Fofi
Lunedi, 20/01/2020 - “Sono entrata in manicomio per attrazione. Il mio scopo non era la foto ma l’attrazione per la follia”. Da questa attrazione prende poi corpo la creatività umana a cui la fotografa Letizia Battaglia ricorrerà frequentando il manicomio di Palermo, alla fine degli anni ’70, quando era stata approvata da poco la legge Basaglia, la 180 datata 1978. Tre anni di impegno umano e sociale in un ambiente “ancora molto chiuso”, nonostante la recente riforma, eppure pieno di una “umanità ricca, emozionante”. “Non ho mai avuto paura della follia. Quel periodo - dice - lo considero uno dei periodi più ricchi della mia vita”. E’ un racconto essenziale e semplice quello che la fotografa - allora collaboratrice del quotidiano ‘L’Ora’ e autrice di storici scatti in tema di mafia - fa ad un evento organizzato a Roma per i 40 anni della morte di Franco Basaglia, rivoluzionario psichiatra padre della legge 180. Accanto a lei, in un incontro voluto da Collettiva e da Palazzo Merulana lo scorso 15 gennaio, lo scrittore ed amico Goffredo Fofi.
facemmo un funerale folle, con canti e balli. E’ terribile ricordare”. Di quei tre anni, la prima donna fotografa a lavorare in un giornale italiano salva solo una trentina di foto, “quelle buone, ed è già tanto”. Foto di persone “abbrutite, sole, non onorate, che ho tentato di fotografare con rispetto. Come con rispetto fotografavo i mafiosi”. “Sono tornata al manicomio. Ora è un luogo pulito bianco bianco. Forse ci sono meno urla. Forse quelle urla sono nelle famiglie”.
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