Una magistrata richiede l'archiviazione di una denuncia ad un marito per violenza domestica e stupro, ridimensionando i fatti contestati dalla moglie.
Mercoledi, 22/12/2021 - Nei giorni appena trascorsi una vicenda di cronaca giudiziaria è balzata dirompente agli occhi, perché evidenziante in maniera netta come la valutazione della violenza di genere nelle aule dei tribunali appaia ancora ben lungi da una sua inequivocabile stima. L’antefatto riguarda l'archiviazione della denuncia di una donna per violenza sessuale da parte del marito, istanza avanzata da una pubblico ministero della Procura di Benevento. «I fatti carnali devono essere ridimensionati nella loro portata», ha scritto la magistrata nella richiesta di archiviazione, perché è comune che l’uomo possa trovarsi in presenza di una moglie non in grado di fargli comprendere in maniera palese il suo diniego a rapporti sessuali. La materia è del contendere è particolare, visto che attiene al tema degli abusi sessuali esercitati in costanza di un vincolo coniugale o sentimentale. Un marito che costringe la propria moglie ad atti sessuali contro la sua volontà è punibile per il reato di violenza sessuale, di cui all’art. 609-bis del Codice penale. Per quanto concerne la “prova” di quanto avvenuto, la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza 16608/2017 ha enunciato il principio per cui possa essere sufficiente la sola dichiarazione della donna, dopo che il giudice ne abbia intuibilmente vagliato l’attendibilità.
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