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Nota antropologica sull'onore delle mutande

Nota antropologica sull'onore delle mutande

L'articolo è stato pubblicato tra le mie Note su Facebook venerdì 4 settembre 2009. Parla di querele, verginità, onore e crisi di identità.

Mercoledi, 16/09/2009 - Questa può sembrare una nota di politica o di etica o di costume, ma non lo è. Parla del Presidente del Consiglio solo perché me ne ha offerto l’occasione il suo legale nella querela contro L’Unità: uno spunto, niente di più. Sul Sito del quotidiano, in data 2 settembre 2009, appariva infatti il seguente articolo:

- Berlusconi querela le donne del quotidiano l'Unità. - La direzione dell’Unità annuncia di aver ricevuto nella mattinata di oggi due citazioni per danni per un totale di due milioni di euro dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per il tramite del suo legale romano Fabio Lepri. Il capo del governo chiede inoltre la condanna a una pena pecuniaria di 200.000 euro ciascuna per il direttore responsabile Concita De Gregorio, per le giornalista Natalia Lombardo e Federica Fantozzi, per l’opinionista Maria Novella Oppo e per la scrittrice Silvia Ballestra. La richiesta si riferisce a tutti i servizi dedicati allo scandalo sessuale che ha coinvolto il premier pubblicati sui numeri del 13 luglio e del 6 agosto del quotidiano: gli editoriali del direttore (intitolati “l’etica elastica” e “iniezioni di fiducia”), i servizi di cronaca e i commenti (…) Contestata pure la citazione di battute di Luciana Littizzetto a proposito dell’utilizzo, da parte del premier, di speciali accorgimenti contro l’impotenza sessuale. “Affermazioni false e lesive dell’onore” del premier del quale, scrive il legale, “hanno leso anche la identità personale presentando l’on. Berlusconi come soggetto che di certo non è, ossia come una persona con problemi di erezione -

Ebbene, non so cosa di preciso abbia detto Littizzetto, ma sono sicura che non può essersi trattato di “affermazioni lesive dell’onore del Premier”. Ne sono sicura perché so che l’onore di una persona non risiede nelle sue mutande. Questo anche se per millenni lo si è creduto per le donne, la cui castità era il principale motivo di vanto per loro stesse e per i loro uomini, padri, fratelli o mariti che fossero. Per non parlare dell’illibatezza, requisito (quasi) indispensabile ad ogni buon matrimonio in molte epoche del passato e a tutt’oggi in varie parti del mondo. Nel periodo classico esisteva addirittura un dio apposito, Hymenaios, figlio di Apollo, che “camminava alla testa di ogni corteo nuziale, e proteggeva il rito” (da wikipedia.it). Popolarissimo, aveva dato il nome ad “un genere di poesia lirica che si cantava durante la processione che accompagnava la sposa” (da wikipedia.org). Il termine “illibatezza” deriva dal latino “libare”, cioè offrire qualcosa di prezioso in sacrificio agli dei. Spesso si usava spargere a terra vino puro da una coppa: le analogie simboliche con la deflorazione sono evidenti. Chi volesse verificare l’attualizzazione del simbolo pensi per esempio alla tradizione dell’esposizione delle lenzuola, praticata nel Meridione d’Italia fino a tempi piuttosto recenti (dal Blog Storia Proibita):

- (…) La tradizione prevedeva che dopo la prima notte di nozze le lenzuola che avevano ospitato gli sposi venissero esposte in bella vista. Sul terrazzo, alla finestra, al balcone, non importa dove, l’importante era che dimostrassero con le tracce di sangue che la sposa fosse arrivata effettivamente illibata al letto matrimoniale. Da questa tradizione, di origine incerta ma diffusa anche in altre zone del Sud del Mediterraneo e in alcuni gruppi nomadi, derivavano quindi mormorii e dicerie sui sistemi possibili per far sì che la ‘prova’ ci fosse comunque. Anche quando la sposa illibata non era, o magari, più semplicemente e assai più di frequente, il sangue non c’era - .

Anche più inquietanti, se possibile, le notizie che ci giungono in proposito da varie parti del mondo contemporaneo. Per esempio in Sud Africa – leggiamo nel Sito di Marco Trovato – “è tornato di moda, complice la paura per l’Aids, un antico rituale, per lungo tempo vietato: il controllo della verginità delle ragazze zulu. A migliaia fanno la fila per dimostrare la propria integrità (…) È un rito antico, che affonda le sue radici nella cultura del popolo zulu. Un rito dimenticato per lungo tempo e tornato alla ribalta una decina di anni fa, all’indomani della fine dell’apartheid, in concomitanza con l’esplosione di un fenomeno sociale che ha interessato tutti i popoli sudafricani: la riscoperta delle tradizioni degli antenati e il recupero delle usanze tribali”. Roba da selvaggi, fermi a livelli culturali preistorici? Non proprio. Risale al maggio 2009 la notizia – riferita dal Sito Area Critica – che a New Delhi

- Quattordici infermiere nubili prima di essere assunte nell' ospedale di Rajpur, nello stato indiano di Madhya Pradesh, sono state costrette dalla direzione del nosocomio a sottoporsi ad un test di verginità. Le infermiere hanno deciso di presentare un esposto alla magistratura la quale ha disposto un' inchiesta. Ieri mattina tutto il personale paramedico dell' ospedale è sceso in sciopero per solidarietà con le 14 infermiere e per sostenere la loro richiesta che siano immediatamente sospesi i dirigenti dell' ospedale ritenuti responsabili della coercizione della quale si dichiaravano vittime - .



Lo confesso: mai avevo sospettato che lo stesso criterio valesse anche per gli uomini. Eppure il testo della querela è chiarissimo: le battute di Luciana riportate dall’Unità ledono l’onore e “l’identità personale” del querelante perché lo presentano “come una persona con problemi di erezione”.

Meno chiaro è il significato implicito. Che cosa si sottintende, esattamente? Che chi ha problemi di erezione è una persona con l’identità lesa, una persona scarsamente o affatto onorabile (onorevole, onorata, onoranda)? Oppure si stanno identificando e sovrapponendo onore ed erezione, stabilendo tra i due una relazione biunivoca?

Curiosamente, sembra che nessuno si sia indignato per questo. Sembra che a nessuno sia venuto in mente che l’onore (concetto comunque variabile e tuttora da definire) risiede nel cuore, nell’anima, nella mente, nello spirito di ciascuno di noi piuttosto che nel basso ventre. Nessuno sembra essersi scandalizzato nel veder considerata fonte di onore la funzione erettile piuttosto che la generosità, la lealtà, la tolleranza reciproca, la compassione, la coerenza, il rispetto, l’apertura mentale, il senso di responsabilità e via dicendo.

Che cosa dimostra una simile cecità di fronte al significato dei termini usati e delle idee espresse nella querela del Premier? Forse che questa visione del mondo è condivisa più ampiamente di quanto si potrebbe immaginare in un Paese che si ritiene civile, avanzato, addirittura cristiano sotto ogni punto di vista?

Se è così, qualcuno mi può spiegare che cosa ci distingue da una massa di bruti, incapaci di “seguir virtute e canoscenza” perché troppo presi da ciò che hanno dentro le mutande?

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