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La giacca rossa di Ursula seduta sul divano e la maglia rossa del piccolo Aylan

La giacca rossa di Ursula seduta sul divano e la maglia rossa del piccolo Aylan

Il 6 aprile 2021 l'Europa è stata sconfitta come nel 2015, quando ha raccolto il corpo del piccolo Aylan Curdi

Lunedi, 12/04/2021 - Era l’ottobre del 2015 quando sulla costa della città turca di Bodrum la foto di un bimbo siriano, Aylan Curdi, riverso sulla riva come se dormisse divenne l’immagine potente della tragedia dell’emigrazione per migliaia di creature innocenti in fuga  con le loro famiglie da guerre, fame, violenze d’ogni genere. Foto di una tenerezza struggente.
Quel bambino con la maglietta rossa e i pantaloncini scuri fu per giorni sui giornali a parlarci della tragedia dell’emigrazione e poi, per sempre, depositata nell’archivio della storia da dove periodicamente viene riproposta per la simbologia che evoca e le infinite vite sacrificate, che impersona per sempre.
Il 2015, casualmente lo stesso anno in cui, sempre facendo parlare una foto uscita dagli archivi quale testimone di comportamenti sperimentati, è stato possibile capire (ovviamente per chi vuole capire) che quanto è capitato il 6 aprile a Ursulavon der Leyen ….. è stato pensato e deciso per offendere,  attraverso lei, l’Europa tutta e le donne tutte iniziando da quelle turche.
Infatti in quel 2015 lo stesso Erdogan incontrò, a margine del G20 ad Antalya in Turchia, Jean Claude Juncker e Donald Tusk, rispettivamente Presidente della Commissione come Ursula von der Leyen e del Consiglio come Charles Michel. Immortalati in una foto mostrano la precisa collocazione di quelle tre poltrone con cui Erdogan all'epoca decise di dare pari dignità e potere ai due rappresentanti dell’Unione, nel rispetto del protocollo che evidentemente conosce bene.
Passano sei anni e, sorvolando quanto avvenuto in questo periodo, è peraltro difficile non sottolineare oggi, nonostante il virus e le difficoltà che comporta in ogni campo, rendendo difficile ogni appuntamento , come sia stato importante concretizzare un nuovo incontro fra Erdogan, come nel 2015, e i due politici più rappresentativi d’Europa: Ursula von der Leyen Presidente della Commissione , voce dell’Europa e istanza comunitaria per eccellenza e Charles Michel Presidente del Consiglio Europeo, dimensione intergovernativa dell’Unione. Due ruoli e funzioni politiche formalmente di pari grado ma che non è difficile comprendere che a seconda delle situazioni e degli incontri l’uno di fatto simbolicamente prevalga sull’altro. Ed è deducibile per le questioni che erano in discussione il 6 aprile, compreso il tema degli emigranti, che forse fosse proprio Ursula von der Leyen l’interlocutrice più significativa.
Era l’Europa in primis più che la somma degli stati europei che incontravano il premier turco.
Questa riflessione, che non è di lana caprina, rende ancor più grave il comportamento di Michel che in nome della politica, e non del semplice galateo, avrebbe dovuto aspettare a sedersi.
Lo sgarbo avvenuto ad Ankara che ha visto Michel incapace di reagire a Erdogan è stato dunque il subire uno sgarbo all’Europa, usando una donna e negandole il ruolo e la funzione che rappresenta.
Nel leggere le parole e le scuse del Presidente del Consiglio Michel mi verrebbe da dire che più si esprime e più fa danno. Ogni parola rende più grave la sua incapacità di essersi offeso e di non trovare velocemente il modo di reagire. Per assurdo, nascondersi dietro l’offesa alla donna è un tentativo di aggirare lo sgarbo all’Europa senza riuscire a dare un senso e una spiegazione accettabile a nessuno dei due vulnus, subiti entrambi in modo umiliante.
Tornando alla fotografia del triste divano della segregazione di Ursula von del Leyen, che ha immortalato il 6 aprile 2021, è una immagine che parlerà per sempre di una umiliazione gravissima a cui i massimi livelli dell’Europa potrebbero  rispondere adeguatamente solo se chiedessero a Michel di dimettersi.
L'episodio per noi donne d’Europa è occasione importante di riflessione poiché non dovremmo farci intrappolare nell'argomento dello sgarbo femminile, peraltro del tutto prevedibile dall’uomo che appena il 20 marzo scorso ha deciso di ritirare il suo paese dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Un atto ancor più simbolicamente forte, se si pensa che proprio in Turchia prese il via quella Convenzione e che il Paese ne fu il primo firmatario. Un atto negazionista della dignità femminile che ha voluto poi sperimentare di fatto con una violenza ai danni della Presidente della Commissione europea. Il concetto di violenza notoriamente non si definisce solo attraverso quella fisica. Una violenza che Charles Michel ha avallato correndo a sedersi per primo senza alcun rispetto e senso politico per la difesa d’Europa, che è stata attaccata umiliando la donna che più di chiunque la rappresenta con la voce unica della Commissione e non somma di stati qual è di fatto il Consiglio.
Come mi è capitato di scrivere a caldo su fb, se tutte le donne d’Europa comprendessimo bene che l’episodio non va accantonato e fatto invecchiare velocemente, come oggi accade per tante notizie, e se ci facessimo carico di difendere la nostra Europa chiedendo e ottenendo le dimissioni di Charle Michel, tutte insieme scriveremmo una bella pagina di un gran giorno.
La data fatidica da stigmatizzare e a cui reagire è quella in cui Ursula von der Leyen è stata usata da Erdogan come donna per ben altri messaggi  calpestando da più punti di vista la sua dignità come persona e come rappresentante d’Europa.
Tornando alla foto del divano su cui la Presidente della Commissione seduta in disparte, in un atteggiamento che rimanda a rabbia e umiliazione, mi ha colpito che vestisse con gli stessi colori del bimbo Aylan Curdi sulla spiaggia: una giacca rossa e i pantaloni scuri. Sintonia di colori e non solo, in queste foto destinate a non vedere sbiadire mai il senso di quanto denunciano e raccontano.
Foto unite dalla narrazione di due momenti non cancellabili, due sconfitte, ma di cui una può essere recuperata sperando in una nuova immagine che racconti l’addio di Michel, mostrando ad Erdogan l’irriducibile forza e determinazione delle donne d’Europa.
Quell’Europa che in tante in tanti, nonostante i momenti difficili, vogliamo sia la realtà politica dell’oggi e del futuro, pur consapevoli delle difficoltà che incontra. Forse per dirla con la leggerezza che offre la mitologia, con la stessa determinazione con cui Europa la voleva Giove il re degli dei, ma senza la violenza e guarda caso l’astuzia con cui riuscì a ingannarla e soggiogarla sotto le mentite spoglie di un toro bianco.
Paola Ortensi 12.4.2021

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