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Parlamento europeo: presto il voto sul diritto all’aborto

Parlamento europeo: presto il voto sul diritto all’aborto

Votata in commissione europea la risoluzione Tarabella, relativa alla tutela della libertà delle donne in tema di diritti riproduttivi. A marzo l'approvazione parlamentare

Martedi, 27/01/2015 -
E’ passata sottotraccia l’approvazione, lo scorso 20 gennaio, della Relazione sulla parità tra donne ed uomini nell’UE da parte della Commissione sui diritti delle donne del Parlamento europeo. All’interno di tale deliberato a grande maggioranza, con 24 voti a favore, 9 contrari e 2 astenuti, è stata votato il documento presentato dall’eurodeputato Marc Tarabella, in cui tra l’altro viene ribadito che “Il Parlamento europeo (…) insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili; invita gli Stati membri e la Commissione a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva”.

Già prima dell’approvazione del testo in commissione si era allertata la Federazione delle Associazioni Familiari Cattoliche (FAFCE), che al grido No al diritto all’aborto aveva in pochi giorni raccolto 50.000 firme per dichiarare la propria opposizione alla c.d. disposizione Tarabella. L’intento era quello di fare disconoscere tale diritto al’organismo votante perché, ove fosse stato legittimato, ne sarebbe disceso che negli stati membri della Unione europea dovesse avvenire egualmente. Invece, al momento, nei Paesi che ne fanno parte vige il principio di sussidiarietà, in base al quale su specifiche tematiche, quali l’aborto e l’educazione sessuale nelle scuole, le legislazioni nazionali sono prevalenti su quella comunitaria. Siffatto principio è stato riaffermato lo scorso anno, allorchè nel dicembre 2013 fu approvato dal Parlamento europeo un testo alternativo alla Risoluzione Estrela che aveva tentato di statuire che su tali temi le istituzioni sovranazionali potessero prendere decisioni valevoli nei singoli stati.

La campagna di mobilitazione One of us, sul riconoscimento giuridico dell’embrione, culminata con la raccolta di 2 milioni di firme a suo sostegno, aveva di molto influenzato la bocciatura del documento a firma dell’eurodeputata socialista Edite Estrela. Certo all’epoca vi furono delle contestazioni riguardo all’esito della votazione, visto che all’atto del suo esercizio traduzioni linguistiche sbagliate fecero cadere in errore i rappresentanti istituzionali, ma la deputazione socialista ha continuato l’impegno a favore del riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, tant’è che sull’argomento si è pervenuti alla nuova risoluzione di cui è stato relatore l’eurodeputato belga Marc Tarabella. Del voto favorevole a tale parte del Rapporto annuale del Parlamento europeo sull’eguaglianza tra uomo e donna nell’U. E. poco si è parlato sui media nazionali, ma a sufficienza nelle organizzazioni contrarie a tale risoluzione, come del resto è comprovato dalla raccolta preventiva di 50.000 firme in soli quattro giorni.

Incassata la sconfitta, con le correlate recriminazioni sulla scarsa sensibilità delle istituzioni comunitarie all’istanze dei cittadini contrari al riconoscimento del diritto all’aborto, nella prospettiva del prossimo voto di marzo in plenaria sulla mozione Tarabella, oggi i suoi oppositori si rivolgono agli europarlamentari italiani. Li interpellano esplicitamente al fine di “far rispettare davvero le regole europee, che fissano a livello nazionale la titolarità della regolazione giuridica dell’aborto, difendendo così la sovranità del nostro Paese”. Con un’ulteriore richiesta, in aggiunta, rivolta alla deputazione socialista nazionale “perché serve capire se anche loro considerano l’aborto un nuovo diritto a favore delle donne anziché un vero e proprio dramma”. Sicuramente i richiedenti ricordano che alla bocciatura della Risoluzione Estrela concorse l’astensione di sei parlamentari del Pd, circostanza che dovrebbe altrettanto sicuramente indurre tale partito a fare chiarezza al suo interno su come si intendano salvaguardare le scelte normative a favore del diritto delle donne ad una maternità libera e consapevole.

Infingimenti, tentennamenti ed ambiguità sul tema non dovrebbero essere consentiti, anche perché la posta in gioco è alta. In un Paese come l’Italia, dove le percentuali dell’obiezione di coscienza nelle strutture sanitarie pubbliche raggiungono in alcune regioni punte pari al 90% impedendo di fatto l’esercizio del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza prevista dalla legge 194, l’approvazione in Parlamento europeo della Risoluzione Tarabella non è di poco conto. Fermo restando che essa non inibirebbe l’esercizio del diritto all’obiezione da parte degli operatori sanitari, come invece strumentalmente ha sostenuto pochi giorni fa il cardinale Bagnasco, consentirebbe invero alle donne che intendono interrompere legalmente la gravidanza di potere invocare la normativa europea per richiedere alle istituzioni nazionali competenti l’adozione di provvedimenti a tutela della loro decisione. E, scusate se è poco, a salvaguardia della loro libertà riproduttiva. Il tema del diritto all’aborto ogniqualvolta si scontra con le regole poste al suo esercizio rischia spesso di uscire sconfitto. Sarebbe, invece, il caso che una volta per tutte si riconosca che leggi come la 194, se ieri avevano come obiettivo la difesa del diritto alla vita delle donne minacciato dalla pratica degli aborti clandestini, oggi dovrebbero mirare a tutelarne la dignità lesa da soprusi, umiliazioni e finanche criminalizzazioni per la scelta di decidere in piena consapevolezza se divenire o no madri.

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