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Pinar Selek, storia di un incubo giudiziario senza fine

Pinar Selek, storia di un incubo giudiziario senza fine

Attivista, femminista e antimilitarista, la sociologa franco-turca, esule dalla sua patria, da 27 anni è braccata dal governo turco. La storia di una persecuzione giudiziaria che ancora dura

Domenica, 18/05/2025 - «A volte mi chiedono se sono stanca di lottare e perché lotto. Per essere felice, rispondo. Anche se a volte sono stanca, io lotto per essere felice». Era il 2018 e la sociologa franco-turca Pinar Selek, classe 1971, si trovava presso la libreria Tuba a Roma, a parlare della sua esperienza di esiliata in Francia, dove ha ottenuto lo status di rifugiata nel 2013 e dove è diventata cittadina francese naturalizzata nel 2017.

Ventisette anni di processi, dai quali è stata regolarmente assolta dall’accusa di terrorismo. Tuttavia, l’accanimento delle autorità turche continua. Lo scorso 25 aprile la donna avrebbe dovuto sapere se sarebbe stata condannata al carcere o no, ma la decisione è stata rimandata al prossimo 21 ottobre.

Nata a Istanbul, figlia Alp Selek, avvocato difensore dei diritti umani, finito in carcere dopo il colpo di stato militare del 1980, e di Ayla Selek, farmacista, nipote di Haki Selek, che è stato un pioniere della sinistra rivoluzionaria e co-fondatore del Partito dei Lavoratori di Turchia (TIP), Pinar Selek, fin dagli anni dei suoi studi universitari concentra le sue ricerche sulle minoranze oppresse in Turchia: bambini di strada, prostitute, transessuali, LGBT+, donne vittime di violenza, barboni, Armeni e Curdi. Nel 1995 insieme a queste persone emarginate fonda l'Atelier des Artistes de Rue, per dare loro la possibilità di integrarsi nella società attraverso l’arte.

Le sue posizioni antimilitariste sono ben note alle autorità turche: la studiosa ha indagato sul perché molti curdi scelgano la lotta armata (rivendicando da sempre l’autonomia dagli altri Stati a loro confinanti nel Medio Oriente) intervistando molti esponenti del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan, dissoltosi il 12 maggio di quest’anno). Per tale motivo è stata arrestata per una sua presunta complicità con il PKK.

In una intervista del 2017 su Minima et moralia (www.minimaetmoralia.it/wp/interviste/quello-succede-turchia-intervista-pinar-selek/) la studiosa afferma chiaramente: «Bisogna capire la continuità del nazionalismo turco, la struttura nazionalista dello Stato, basandosi sul genocidio degli armeni rimosso e poi sul massacro dei curdi, sull’esclusione dei greci. Ripeto il genocidio è fondamentale per interpretare l’odierna struttura politica».

Come dicevo, Pinar Selek viene arrestata. È il 18 luglio 1998. L’accusa è di avere partecipato ad un attentato a Istanbul nel quale l’esplosione di una bomba nel mercato delle spezie ha ucciso sette persone e ne ha ferite più di cento. Il suo nome viene sbattuto sulle prime pagine dei giornali con questa accusa infamante, che tutti i successivi processi hanno sempre smentito. Si è trattato in fatti dell’esplosione accidentale di una bombola di gas, ma per le autorità turche è stato il pretesto per mettere fuori gioco una donna impegnata sul fronte accademico con ricerche scomode. Nessuna novità, in un Paese dove gli intellettuali non hanno vita facile e subiscono le più varie punizioni per il loro impegno civile. La donna viene torturata, picchiata e sottoposta a scariche elettriche. La sua colpa è quella di non voler rivelare alle autorità i nomi dei suoi contatti. Sconta due anni e mezzo di prigione e i lunghi anni successivi nelle aule dei tribunali. Fino a oggi, con una causa che la vede sempre assolta e che le ha fatto registrare la grande solidarietà di avvocati e intellettuali incontrati durante le sue ricerche. Nel 2013 viene anche condannata all’ergastolo in absentia.

Nonostante le ripetute assoluzioni, il caso di Pinar Selek non viene mai archiviato, perché il potere non può permetterselo. È così che inizia un incubo e la resistenza che, dopo avere cercato di rimanere nella sua patria, almeno fino al 2009, porta la Selek ad intraprendere forzatamente la via dell’esilio. La studiosa si rifugia prima in Germania e poi a Strasburgo, dove diventa dottoranda.

Nel 2023 la Corte di Istanbul emette un mandato d’arresto internazionale con arresto immediato. Nel giugno del 2024 i suoi avvocati dimostrano che le prove addotte a suo carico sono false. Le autorità le rimproverano di avere partecipato ad una conferenza organizzata in Francia dal PKK, ma Selek si difende affermando che ha invece partecipato ad una tavola rotonda sulla sorte delle donne curde che si è svolta a Nizza.

Questa militante femminista è docente di sociologia e scienze politiche all’Università della Costa Azzurra e autrice di molte pubblicazioni, tra cui romanzi e saggi sul popolo armeno e sul sistema militare turco.

Diverse le sue iniziative. Nel 2001 ha fondato con altre femministe l’associazione Amargi, impegnata in mobilitazioni contro la violenza sulle donne, per la pace e contro ogni forma di dominazione, e che ha aperto la prima libreria femminista nel centro di Istanbul.

Nel 2002, l'associazione ha organizzato la "marcia delle donne l'una verso l'altra" dove migliaia di donne provenienti da tutta la Turchia si sono riunite nella città di Konya. In quell’anno la madre di Pinar Selek è morta di infarto.

Nel 2006 ha cofondato la rivista teorica femminista Amargi, che è ancora venduta in migliaia di copie in tutta la Turchia e di cui è ancora caporedattrice.

Il 4 ottobre 2019 è stata insignita del Premio Mediterraneo per la Cultura 2019 (sezione "Società civile") dalla Fondazione Carical in Italia.

La cronologia del processo che la riguarda, vero e proprio accanimento giudiziario, è consultabile sul suo sito web, all’indirizzo: https://pinarselek.fr/chronologie_pinar_selek/

Pinar Slek dovrebbe dunque conoscere in ottobre l’esito di questo lungo processo che la riguarda e l’esito è oltremodo atteso in un contesto di vive tensioni e contestazioni contro il presidente turco Erdogan, responsabile di un vistoso arretramento della democrazia nel suo Paese, oltre che di un alto indice di corruzione. Tali tensioni sono particolarmente evidenti dopo l’arresto del suo principale rivale, il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, lo scorso 19 marzo.  

Link: www.facebook.com/pinarpinarselek

 

 

 


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