Politica estera italiana nel Mediterraneo: un fallimento annunciato
Breve scorcio sulla politica italiana nel Mediterraneo
Lunedi, 28/02/2011 - L’attitudine dell’Italia nei confronti dell’Africa settentrionale e dei Balcani è sempre stata condizionata dagli interessi occidentali e da una visione essenzialmente predatoria.
E pensare che l’Italia ha culturalmente e storicamente rapporti millenari con questi paesi, ma invece di stabilire con essi delle relazioni di cooperazione paritarie destinate a sviluppare socialmente ed economicamente ambo le parti, si è sempre accontentata di fare da “ponte” di sfruttamento per difendere ed ampliare gli interessi delle grandi multinazionali occidentali.
Prima con la crisi dei Balcani ed ora con la destabilizzazione ancora in atto del Nordafrica (che probabilmente si estenderà anche al Medioriente, Siria in primis), viene sancito il fallimento completo della politica estera italiana.
I motivi di questo fallimento sono diversi e le sue conseguenze potrebbero essere devastanti, soprattutto per il ns paese.
Ciò che si può sicuramente affermare è che l’Italia rischia di pagare lo scotto per non avere realizzato una concreta politica di sviluppo sociale in quei paesi e per non avere nemmeno pensato alla creazione di un progetto di integrazione economica che avrebbe potuto essere all’origine della formazione di una grande area di libero scambio (una specie di “Comunità degli Stati del Mediterraneo”) in tutta l’area del Mediterraneo.
Queste iniziative avrebbero permesso non solo un aumento considerevole delle condizioni di vita di tutti gli abitanti di quest’ultima, ma avrebbero anche comportato una drastica riduzione del fenomeno dell’immigrazione (specie quella clandestina), nonché un abbattimento notevole del costo dell’energia (petrolio, gas…) proveniente da quei paesi.
Inoltre, nulla è stato fatto dall’Italia in difesa dei movimenti di difesa dei diritti umani ed in particolare delle donne (specie quelle che in Algeria si opposero al fondamentalismo islamico), mentre sono stati stabiliti rapporti tesi a favorire dittatori locali (a garanzia degli interessi occidentali) i quali operavano (e/o operano) acquisti di commesse importanti di armi e beni che di certo non fanno progredire i popoli che governavano (e/o governano).
La miopia della politica estera italiana è stata di non avere capito che a lungo andare questo modo di agire sarebbe stato a destinato ad entrare seriamente in crisi, in quanto non si può pensare che questi popoli soggiogati dall’Occidente possano sempre accettare di vivere la situazione che è stata loro imposta e nemmeno credere che il tutto possa essere risolto con semplici azioni di facciata (anche con la formazione di “democrazie fantoccio”) o con accordi da bottegai (come quelli che tentò di fare Berlusconi con Ghedafi per scongiurare il fenomeno dell’immigrazione clandestina).
Il dissenso ed il malessere sono molto più profondi e se l’Italia non opera una svolta radicale della sua politica estera, staccandosi in modo decisivo da quella predatoria ed inconcludente dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, fenomeni negativi ed incontrollabili (specie per coloro che ne sono protagonisti) come quello dell’immigrazione clandestina e dell’aumento considerevole dell’energia potranno solo aggravarsi.
Ma cosa peggiore, a farne le spese saranno soprattutto quei milioni di giovani di quelle nazioni “rivoltose” le cui condizioni di vita da infernali quali sono oggi, diventeranno insopportabili al punto da sfociare sempre più in atti di violenza assurdi e dalle conseguenze assolutamente imprevedibili.
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