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Quanto pesano i voti dell’utilizzatore finale

Quanto pesano i voti dell’utilizzatore finale

Esce allo scoperto la lobby dei clienti contro la proposta di legge che penalizza gli 'utilizzatori finali"

Martedi, 19/07/2016 - Quanto pesano i voti dell’utilizzatore finale

di Monica Lanfranco



“Queste sono cose che mi fanno letteralmente imbestialire. E non solo per l'ovvia ragione che sono un‘utilizzatore finale’ ma per la sostanziale meschinità che emerge dalle teste di melanzane che pensano (eufemismo) tali proposte di legge. A parte il fatto che bisognerebbe stabilire prima dove inizia e dove finisce la prostituzione (un posto di lavoro da soubrette? Un posto da candidato politico in un collegio sicuro? Una cena? L’affitto pagato? Solo denaro? Contante, assegno o carta di credito?) ma sostenere che i clienti in quanto tali, generando la domanda, sono colpevoli del fenomeno dello sfruttamento della prostituzione equivale ad affermare che tutte le volte che ci si compra un paio di jeans a basso prezzo al mercato si è colpevoli dello sfruttamento del lavoro minorile nei paesi emergenti. Follia. Pura follia. Vuoi liberare le prostitute dalla coercizione? Allora oltre a potenziare le strutture investigative e le sanzioni per questa odiosa tipologia di reato (credo che noi tutti utilizzatori finali siamo i primi a voler evitare di incontrare ragazze demotivate, che generalmente cataloghiamo come missili, e figuriamoci quanto possa essere motivata una ragazza forzata a svolgere questo tipo di attività con la forza o il ricatto!) allora parti dal punto che la prima libertà di una persona è ‘la libertà dal bisogno’ e fai una legge di sostegno alle persone che avendo bisogno non debbano trovarsi mai nella condizione di avere come unica alternativa la prostituzione (poi con il tempo vedrai che scoprirai che ci sono donne che hanno bisogno di bmw, estetista, parrucchiere, etc etc ed allora capirai perché si stia parlando del lavoro più antico del mondo)…. Io dico solo una cosa: non so se questa legge verrà mai approvata (a me oggettivamente pare di difficilissima applicabilità) ma nel frattempo mi scrivo da una parte l’elenco completo delle persone che hanno in modo più o meno diretto appoggiato questa proposta demenziale, lesiva di fondamentali libertà individuali, e certamente escluderò dal mio voto tutti quei partiti che avranno il coraggio di ricandidarli in qualsiasi modo in futuro”.



Ecco qui cosa pensa uno dei frequentatori (ovviamente anonimo) del noto sito gnoccatravels, nel quale gli oltre nove milioni di clienti (che si chiamano tra loro ‘fratelli di gnocca’) scambiano informazioni su dove è meglio cercare e trovare prostitute) della proposta di legge presentata dalla deputata democratica Caterina Bini.

Ai primi di luglio, quando la notizia attirò l’attenzione degli informatissimi clienti lobbisti, (preoccupati delle multe ipotizzate a loro carico fino a 10.000 mila euro e, in caso di reiterazione, anche la reclusione) la deputata ricevette una mail (ovviamente anonima) dal significato chiaro: ”Sono nove milioni gli italiani che vanno a prostitute, attenti che non vi votiamo più.”

Nel sito dei ‘fratelli’ non è proprio che si possano seguire dibattiti raffinati, colti e articolati: i post dedicati alla proposta di legge sono pochi e il livello degli scritti (eccetto il forbito commentatore succitato) è quello che è. Ma l’uscita allo scoperto segna, (nel classico stile mafioso del pizzino anonimo e minaccioso), un salto di qualità del vasto mondo dei maschi puttanieri. Autocitandosi prendendo a spunto la definizione dell’avvocato del più famoso tra loro gli utilizzatori finali si descrivono come un soggetto politico: siamo tanti, siamo una lobby, siamo una riserva di voti, vogliamo contare: giù le mani dal nostro diritto a pagare per servizi sessuali le donne che si vendono. Dal prezioso lavoro di ricerca e monitoraggio effettuato, in questi ultimi anni, dalla blogger Il ricciocorno schiattoso, (della quale Marea www.mareaonline.it ha pubblicato ampi stralci nel numero dedicato alla sessualità) si può capire come questa evoluzione fosse già in atto.

“Ho una proposta da fare a tutti i gnoccatravels, - chiosava qualche anno fa un fratello-. Quanti saremo iscritti? Circa 25000? In quanti leggeranno questo sito? Secondo me anche 100000 uomini, cosa significa questo? Possiamo influenzare un intero mercato, perlomeno in Italia, avete presenti le aziende che si coalizzano per formare cartelli sul mercato e ottenere prezzi migliori? Noi dovremmo fare lo stesso”.

Questo è quello che sono riusciti a fare in Germania: influenzare un intero mercato, scrive la blogger nella sua ricerca, dalla quale apprendiamo che i bordelli low cost di Berlino offrono la flat rate: prezzo unico per bevute, show di lap-dance e prestazioni di ogni tipo con le ragazze, una volta varcata la soglia. Nel lupanare a buon mercato più famoso di Berlino, un’ora, tutto incluso, vale 49 euro, mentre con soli 99 euro si può restare tutto l’orario di apertura, no limit, per il ́100% Sex & Drinks. Un’esperienza da 99 euro è magistralmente raccontata dal signor Spaccaculi, protagonista di una recensione pubblicata nel 2013, (per palati decisamente forti), che potrebbe far riflettere quanti (e quante) difendono a spada tratta la libertà di scelta e il diritto (sacro e inviolabile) di comprare e di vendersi. Per quanto brutta o inefficace sia la proposta di legge della deputata Bini essa ha avuto l’enorme pregio di far uscire allo scoperto la realtà che spesso non vogliamo vedere: milioni di uomini italiani vivono una pratica della sessualità (e con essa la relazione con il femminile), che si forma e si nutre nella cultura del bordello. Nel docufilm statunitense del 2008 The price of pleasure di Chyng Sun e Miguel Picker si racconta che migliaia di bambini scoprono la pornografia (e la sessualità di conseguenza) con internet: la prima immagine che vedono non è quella di un corpo nudo di donna, ma quella di una donna penetrata in ogni orifizio in modo aggressivo. Si stima che esistano quattrocento venti milioni di pagine dedicate al porno on line, che ogni anno centotrentamila video sono pubblicati nel web e che oltre nove milioni sono i video porno affittati. La domanda è: in che modo le immagini e i messaggi della pornografia contribuiscono alla formazione dell’identità sessuale e come incidono nelle relazioni? E in che modo l’industria del porno diventa parte del discorso pubblico dominante sulla sessualità? Come scrive Graziella Priulla nel numero citato di Marea le statistiche dicono che i giovani imparano la sessualità anzitutto dagli amici (30%) e dalla rete (60%), poi da libri e riviste (13%), solo in ultima istanza dalla propria madre (10%) o dal proprio padre (7%). Ai docenti spetta la percentuale più misera: 5%. Secondo l’Osservatorio su minori di Torino, il 72% degli adolescenti quando ha dei dubbi cerca risposte su Internet. La maggioranza ignora l’esistenza dei consultori. Precoci, disincantati ma sempre meno informati: è questo il ritratto del rapporto sugli adolescenti italiani disegnato dal XXV Congresso nazionale della Società italiana di andrologia.
Hanno rapporti sessuali frequenti e spesso cambiano partner, ma l’ignoranza è immutata. Secondo le ultime stime della Società italiana di ostetricia e ginecologia solo lo 0,3% delle ragazze under 19 possiede una buona educazione sessuale. Solo una su 4 raggiunge un livello giudicato sufficiente. L’educazione sessuale è obbligatoria in tutti i paesi dell’Unione tranne che in Italia, Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania. A leggere i resoconti delle esperienze sessuali dei lobbisti fratelli viene da chiedersi se non sia più che urgente, appena riapriranno le scuole, iniziare una massiccia campagna di formazione al rispetto e all’empatia tra i generi, per prevenire, (almeno con chi ancora siede nelle aula), non solo le malattie sessualmente trasmissibili, ma quella più grave: la pratica, e l’etica, del bordello.

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