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Questa volta l'aborto fa pensare all'Ungheria

Questa volta l'aborto fa pensare all'Ungheria

La presidente dell'Umbria Donatella Tesei come Orban, che "passo dopo passo è arrivato ad azzerare la democrazia silenziando i diritti"....

Martedi, 16/06/2020 - Care tutte e tutti. Questa volta la presidente dell'Umbria Donatella Tesei dà la dimostrazione di come si interpreta la legge secondo la Lega. È così che Orban, passo dopo passo è arrivato ad espropriare il Parlamento e ad azzerare la democrazia silenziando i diritti. È la destra purtroppo populista che non parla mai al cervello: in Italia c'è troppa antipolitica e le previsioni per ora non danno la maggioranza alla sinistra: le strumentalizzazioni in corso interessano troppe lobby di potere orientate alla conservazione e perfino ostili al progresso scientifico e tecnologico.
Non dimentichiamocelo, perché anche sull'aborto corre proprio la questione teorica dei diritti democratici.
Partendo dai diritti delle donne - specifici e non universalizzabili - si impostano le ideologie illiberali. Faccio parte della generazione che, per educazione, dell'aborto sapeva la definizione, non il significato: doveva venire la campagna delle donne che ha infiammato il paese perché mi rendessi effettivamente conto della quantità di dolore e di morte che la parola copriva. In particolare me ne sono dovuta occupare istituzionalmente per l'approvazione della legge "sulla maternità responsabile" a cui nelle denominazione segue "l'interruzione volontaria di maternità" e ho toccato con mano l'ipocrisia di una società italiana, cattolica e laica, che dichiarandosi "per la vita" continua imperterrita a produrre guerre e a caricarsi della responsabilità di torture psicologiche e fisiche per un'ingiustificabile cecità della mente e del cuore. Sono passati gli anni, ho visto le marce e i cartelli del "Movimento per la vita", ho avuto esperienza della presa illiberale nelle scuole sull'educazione sessuale, ha seguito il caso Englaro, le rivendicazioni LBGTQ e l'intervento del card. Ruini contro il referendum sulla fecondazione assistita (che è il contrario dell'aborto) e la divisione tra le donne sulla maternità surrogata. Alla fine ho maturato il convincimento che, se ormai dal contraccettivo si è passati alla pillola "del giorno dopo", non solo continuo a mettere in discussione l'egoismo del comportamento maschile e il disinteresse sociale per l'ignoranza diffusa sulla qualità dei rapporti umani incapaci di relazionalità intima, spesso brutali e per giunta insoddisfacenti, ma anche le ragioni stesse di una legge che "consente" la pratica abortiva e, come dice la Tesei, "tutela" la donna.
Davvero non so più perché si debba avere un dispositivo giuridico a cui una donna deve rifarsi per chiedere allo Stato di autorizzare una scelta di libertà che riguarda il suo corpo. L'uomo - e quindi il diritto - non ha mai pensato di autodeterminarsi, per impegnare la responsabilità delle proprie pulsioni. Io, come donna e non come vittima, questo diritto l'ho ottenuto. Attenzione: l'autodeterminazione non si tocca.
Le più giovani, che ricorrono (ma, sembra, le italiane poche) alla RU486 - rimedio che, comunque, non è un integratore che faccia bene alla salute - si allarmino: in tempi di crisi, che si manifesterà come crisi economica di particolare gravità quest'autunno, è facile che con meno disponibilità in tasca ci si torni a rifugiare nel domestico (che di per sé non è certo male). Allora anche la politica degli aiuti previsti "per la famiglia", se non tiene conto di creare servizi che servano alle donne (e allargano 'occupazione), con i bonus a pioggia e il lavoro a distanza non contrattualizzato si torna indietro.

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