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Raccogliendo ciottoli nel torrente della vita

Raccogliendo ciottoli nel torrente della vita

Poesia/Maria Pina Ciancio - Frammenti di storie di donne, schegge di vita che appaiono come fotogrammi rubati attraverso persiane socchiuse

Benassi Luca Martedi, 29/12/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2009

Ci sono sassi di fiume piatti e senza appigli, pietre che riassumono il senso dell’origine, della purezza solitaria della roccia, dell’infaticabile lavoro del tempo e dell’acqua. Allo stesso modo capita di leggere poesie asciutte e lisce come ciottoli di torrente; testi che, sotto l’occhio di chi legge, rimbalzano sulla superficie dell’anima, lasciando anelli concentrici di senso che si espandono dentro di noi come brividi. È questa la sensazione che si prova a leggere “La ragazza con la valigia”, la smilza ed essenziale raccolta di Maria Pina Ciancio, edita da Lietocolle nel 2008 e dalla quale sono tratte le poesia qui pubblicate. Si tratta di testi brevi, quasi privi di punteggiatura, senza orpelli e aggettivi, rugosi e duri come le mani delle contadine e delle vedove vestite di scuro, scabri come certi muri calcinati e pietrosi dei villaggi del Sud che fanno da cornice a questi versi. Scrive la poetessa nella breve nota che introduce il volume: “È la primavera del 2007 e do sistemazione ai bozzetti de ‘la ragazza con la valigia’, nella consapevolezza che queste pagine possiedono l’autorità che deriva loro dall’essere ‘radicate’ nella mia storia personale. Vissuta. Esplorata. Ascoltata. Evocata. Immaginata. Rivelata. Quella di Nina, Marta, Fabrizia, Adalgisa. Voci che giungono da spazi dimenticati o inesplorati, da ‘angeli’ ignorati. Profili che vivono una vita nascosta ai margini, dietro porte chiuse e che l’incomprensione e l’isolamento, ma anche la disperazione, hanno trasformato in maschere mute.” La dimensione personale di Maria Pina Ciancio è nascosta in questi frammenti di storie di donne, schegge di vita che appaiono come fotogrammi rubati attraverso persiane socchiuse, spioncini di porte, lame di luce che penetrano in stanze in penombra. Appaiono così vite recluse, quotidianità sottomesse al dovere e al dolore, ma anche improvvise fughe, abbagli, partenze, come sottintende lo stesso titolo della raccolta. Le poesie si fanno specchio della ricerca interiore della poetessa, un’esplorazione dichiarata nella nota iniziale che ha il valore di un carotaggio alla ricerca di una vena d’acqua dolce nella terra riarsa; e allo stesso tempo i testi mostrano la condizione della donna, soprattutto del Sud, della Basilicata dove la Ciancio vive e lavora, alla ricerca di sé, di una possibile liberazione da schiavitù millenarie a tradizioni e dolori, sottomissioni e rassegnazioni. È nel non detto che si annida fra i versi, nel silenzio rappreso, frantumato dalle parole, che risiede il senso della ricerca, del mostrarsi di queste, come le definisce l’autrice, maschere mute.

Maria Pina Ciancio ha pubblicato “Testualità e interpretazione ne ‘Il nome della rosa’” (1992), “La danza nel silenzio” (1996), “Legionari di frontiera” (Premio Nazionale Histonium, 2002), “La mongolfiera azzurra” (2002), “Itinerari” (Premio CARM - Centro Arti e Ricerche Meridionali, 2002), “Donne e Duetto” due libretti d’artista a tiratura limitata con la collaborazione artistica di Cosimo Budetta (2002), “La Madonna del Pollino - Festa e devozione popolare” (2004), “Il gatto e la falena” (Primo Premio ‘Parola di donna’, 2007), “La ragazza con la valigia” (Premio ‘Prata Poesia’ 2008), “Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro” (2009). È presente in diverse antologie. Suoi scritti e interventi critici sono pubblicati su riviste e quotidiani regionali e nazionali. È presidente dell'Associazione Culturale LucaniArt e in internet cura un blog sul romanzo e la poesia in Basilicata (http://lucaniart.wordpress.com/).







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Aveva appena vent’anni

quando sposò il vecchio Joe

e fu cacciata di casa

una spranga alla porta

e la luna spaccata con l’ascia



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Arrivava sempre qualcuno

di notte

a curarle l’asma e l’insonnia

a ricopiarle in bella i suoi versi

ma il silenzio di Marta

è un sentiero di bosco

un grido di terra

che sverna tra i campi

che inciampa e ricade

poi s’alza



tra fuochi fecondi

assetati di luna



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Te ne andavi in punta di piedi

accompagnata (solo) da tua madre

e una campana a lutto



il fazzoletto già nero

e il rosario annodato alle dita



e di tutto questo non restava

né volto, né nome in paese



ma solo una storia taciuta



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Carla era sempre stata

una brava moglie

casa-lavoro casa-lavoro

routine, parenti, litigi,

ma un giorno di marzo

il vento le prese il grembiule

e lei lo rincorse felice

e senza rimorso



(29 dicembre 2009)

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