'Resistenza, rinnovamento e ridefinizione dei ruoli': presentazione del Rapporto UNFPA 2010
A dieci anni dalla Risoluzione 1325 dell’Onu, l’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, presenta il rapporto annuale intitolato 'Generazioni del cambiamento: conflitti, emergenze, rinascita'
Giovedi, 21/10/2010 - A dieci anni dalla Risoluzione 1325 dell’Onu, la prima dedicata all’impatto della guerra sulle donne ed al loro contributo alla risoluzione dei contesti di conflitto, l’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, presenta il rapporto annuale intitolato “Generazioni del cambiamento: conflitti, emergenze, rinascita”.
Nell’introdurre il Rapporto, Laura Boldrini, portavoce dell’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha sottolineato come la Risoluzione 1325 sia stata di fondamentale importanza in quanto ha gettato le basi per quella successiva del 2008: la 1820, con la quale si è sancita definitivamente la perseguibilità dello stupro come crimine di guerra.
Il Rapporto UNFPA del 2010 si caratterizza per la scelta di mettere in primo piano le testimonianze di chi è stato vittima di conflitti ed emergenze naturali. Si tratta soprattutto di donne che provengono dalla Bosnia ed Erzegovina, da Haiti, dalla Giordania, dalla Liberia, dai Territori Palestinesi occupati, da Timor-Leste e dall’Uganda; spesso vittime di stupro che, con il supporto delle organizzazioni umanitarie, non solo hanno trovato la forza di ricominciare a vivere, ma hanno collaborato con altre donne per realizzare progetti concreti a supporto delle proprie comunità.
La logica che sottende gli interventi dell’UNFPA è quella di andare oltre la soluzione di situazioni di emergenza, per avviare iniziative che servano a ricostruire il tessuto sociale, distrutto dai conflitti. Le situazioni di guerra, infatti, hanno avuto un effetto dirompente sui ruoli dei sessi e i rapporti economici all’interno delle famiglie. Le donne sono spesso diventate dei pilastri per il sostegno del proprio nucleo familiare e, se in alcuni casi ciò ha portato ad un riconoscimento sociale della comunità, in altri ha contribuito ad aumentare i casi di violenza domestica da parte di uomini frustrati per la perdita del proprio ruolo sociale.
Un caso emblematico, come sottolinea la presidente dell’Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) Daniela Colombo, è rappresentato dalla Bosnia ed Erzegovina, dove il conflitto armato è da tempo cessato, ma le donne sopravvissute agli stupri di massa continuano a vivere nella vergogna e nella paura, prive del sostegno della comunità e degli stessi uomini vittime come loro di torture.
E non è solo la minaccia delle violenze di genere a incombere sulle donne: l’HIV/AIDS è spesso l’amara conseguenza degli stupri, insieme alle gravidanze indesiderate.
L’Aidos è intervenuta in questo senso diffondendo l’esperienza dei consultori italiani in vari paesi del Sud del mondo, fornendo assistenza alla salute sessuale e riproduttiva, oltre alla tutela legale delle vittime. Ai consultori vengono abbinati degli incubatori di impresa con i quali si forma il personale locale che avrà il compito di supportare le future imprenditrici.
Il Rapporto UNFPA affronta anche il problema delle donne rifugiate che subiscono violenze nei paesi di transito. Marina Mancinelli, responsabile per l’UNFPA delle questioni di genere e violenza per la Repubblica Democratica del Congo, ricorda come, sebbene i dati in merito siano di difficile reperimento, sia stato rilevato a Lampedusa un numero consistente di donne rifugiate in stato di gravidanza, probabilmente a causa di violenze subite nel corso del viaggio che le ha portate in Italia.
Il Rapporto si occupa delle donne non solo come vittime dei conflitti, ma anche in quanto operatrici di pace, appartenenti alla Polizia delle Nazioni Unite e delle forze dell’ordine nazionali; è a loro, infatti, che le donne che hanno subito violenze preferiscono affidarsi, rispetto ai colleghi uomini. In Liberia, ad esempio, sono state le donne ad aver giocato un ruolo determinante nel raggiungimento della pace. Guidate da Leymah Gbowee, una donna che si definiva una semplice ragazza madre, le donne liberiane, tra le quali il vicedirettore della Polizia nazionale, hanno di fatto convinto il presidente a trattare con i signori della guerra.
Resistenza, rinnovamento e ridefinizione dei ruoli rappresentano, in conclusione, i tre obiettivi che l’UNFPA indica come fondamentali per arrivare ad un cambiamento positivo a partire da situazioni di profonda crisi.
Molto, tuttavia, rimane ancora da fare se si considera che, allo stato attuale, su 192 stati membri delle Nazioni Unite solo 18 hanno realizzato dei piani d'azione nazionali che li vincolino a partecipare all'impegno congiunto per la protezione e l'inclusione delle donne nelle decisioni e nelle azioni in tema di guerra e di pace.
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