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Scuola estiva della differenza "La vita, il limite, le leggi: tutela, controllo, fiducia"

Scuola estiva della differenza "La vita, il limite, le leggi: tutela, controllo, fiducia"

Recensione della Scuola della differenza, dedicata al controverso rapporto etico-politico tra leggi, fiducia e controllo.

Mercoledi, 07/04/2010 - Scuola Estiva della differenza La vita, il limite, le leggi: tutela, controllo, fiducia, Lecce, 1-5 Settembre 2009, VII Edizione.

di Alexia Giustini





“Fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza.”

Dante, Inferno, XXVI, 119-120









Giunta alla sua settima edizione, la Scuola Estiva della differenza, organizzata dall’Università del Salento, in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre e con la Comunità delle Benedettine di Lecce, ha affrontato temi di stringente attualità sia per la riflessione filosofica, che per quella etico-politica e spirituale. In un fecondo e serrato dialogo tra indagine e ricerca, osservazione e riflessione, interrogazione e sperimentazione sui temi della vita, del desiderio, della tutela e del controllo giuridico, la Scuola ha visto la partecipazione di studiose, filosofe, pensatrici, scrittici, donne di scienza e di cultura, impegnate nella costruzione di un senso altro, differente da dare al vivere e al convivere. Proprio questo ultimo aspetto, declinato nelle tante voci, sorte anche durante i dibattiti e nei momenti di convivialità tra le partecipanti e i partecipanti, ha attestato ancora una volta il sentire diversamente delle donne il proprio tempo, la propria appartenenza storica e la propria cittadinanza in una polis, che sembra intendere sempre più, nell’attuale scenario politico, il diritto come mero strumento di controllo e non come mezzo anche di promozione consapevole e responsabile del proprio sé.

Le relatrici hanno dato voce e corpo alle proprie esperienze di studio e di vita, offrendo spazi di dialogo e incontro, nella consapevolezza che aprirsi all’altro, darsi all’altro per il tramite della parola e lasciare, al tempo stesso, che anche l’altro abiti la parola pubblica, rappresenta il dono per permettere a ciscuna/o di agire responsabilmente, sia sul versante etico che su quello strettamente politico, caratterizzato dall’esserci qui e ora per il ben fare e il ben-essere di tutte e tutti. Barbara Duden dell’Università di Hannover (”La vita delle donne come luogo pubblico”), ripercorrendo le fasi della politica delle e per le donne nel XX secolo, che hanno segnato il passaggio da una politica egalitaria ad una politica della differenza, volta a rifeminilizzare la sfera pubblica e sociale, ha sottolineato il valore e il peso del genere nelle scelte individuali e nelle scelte statali dell’attuale Germania, scelte che, ripercuotendosi inevitabilmente sia sulla costruzione dell’identità femminile che su quella maschile, modificano gli spazi e gli argini per l’autodeterminazione e la percezione che ciascun individuo ha del proprio “ruolo” all’interno della società. Angela Ales Bello del Centro Italiano Ricerche Fenomenologiche (“L’esperienza del limite e l’apertura del possibile”) ha evidenziato il senso del pensare filosoficamente nel nostro tempo, che, a fronte della lezione proveniente dalla fenomenologia, apre il soggetto di esperienza e conoscenza nei confronti di una realtà che, restando una fonte inesauribile di stupore e mistero, fonda l’autenticità del pensiero filosofico come atto interiore e libero, rivolto al mondo, a quel mondo verso cui siamo appunto intenzionalmente rivolti come coscienza. Enrichetta Susi del CNR di Bologna (“Controllo scientifico e fiducia”), ricostruendo le tappe dello sviluppo del pensiero scientifico a partire dalla rivoluzione nel metodo di conoscenza del mondo naturale introdotta da Galileo grazie ai criteri di misurabilità, sperimentazione e statistica, ha analizzato il rapporto tra scienza e vita quotidiana, oggi, soffermandosi sul legame tra dimostrazione, fiducia e diffusione, che caratterizza la divulgazione operata dai media delle conquiste della scienza, che, pur generando indubbiamente “conoscenza”, non rimane esente dai rischi di originare anche fraintendimento ed equivocità. Francesca Brezzi dell’Università di Roma Tre (“Barbara e Luce (Irigaray), la relazione placentare tra arte e vita”) ha illustrato la parabola artistica di Olga Biglieri Scurto, in arte Barbara, artista legata al movimento futurista, in una prima fase della sua produzione, approdata, poi, grazie alla lettura dei testi di Luce Irigaray, al femminismo e al pacifismo, mostrando, in questo passaggio il valore del legame tra arte e filosofia per la sua produzione artistica, legame che la porterà alla esaltazione del tattile, dell’azione e del movimento e di tutto ciò che, attraverso il simbolo artistico, sprigiona significato ed energia. Chiara Zamboni dell’Università di Verona (“Terra, mondo, vita”), partendo da una riproposizione del concetto di morte in Lacan, ha illustrato le caratteristiche della biologia contemporanea, che, attestandosi come protagonista del sapere fisico intorno alle cose del mondo, pone in essere non solo comportamenti individuali e collettivi ispirati ad un rispetto del “creato”, ma, anche una crescente attenzione nei confronti di tutto ciò che mostra possedere una corporeità, una fisicità e una vitalità propria. Wanda Tommasi del medesimo Ateneo (“La vita quotidiana fra invenzione e assoggettamento alle norme”), riproponendo la lettura di Lonzi sull’agire quotidiano femminile, stretto tra ripetizione di gesti “culturali”, tramandati dalla tradizione, e voglia di cambiamento, ha analizzato il rapporto tra comportamento e autorappresentazione, che nel caso specifico dell’agire femminile, ribadisce in ogni atto l’intreccio tra pensiero e sensazione, un intreccio che chiama in causa, nella costruzione del sé, sessualità, esistenza, etica ed estetica. Luisella Battaglia dell’Università di Genova (“Bio-eticamente”), dopo aver illustrato la nascita e le caratteristiche del sapere bio-etico a partire dagli anni Settanta del XX secolo, si è soffermata sul rapporto tra etica del mondo naturale ed etica del mondo umano, un’etica quest’ultima che non può prescindere dal genere, ossia da un’alterità nell’alterità, da un differire rispetto alla norma, differire, che si pone, tuttavia, non come minaccia al già dato e conosciuto, ma, come sfida e ricchezza d’essere e sapere, al tempo stesso, che impone responsabilità e diritto al rispetto.

Tristana Dini dell’Istituto Italiano di Scienze Umane (“Desiderio di teoria desiderio di vita”) ha analizzato il percorso del femminismo italiano, in particolare, alla luce di una rinnovata esigenza di visibilità politica e giuridica, portata avanti dalle donne, che va oltre la rappresentazione mediatica dell’universo femminile, declinata alla sola ostentazione del corporeo. Stefania Tarantino dello stesso Istituto (“Eccedenza e limite”) si è soffermata sul rapporto tra pensiero e concretezza, da cui si origina, oggi, per la riflessione filosofica l’ideale di una prassi critica e analitica, al tempo stesso, capace di coniugare rispetto per la diversità, esigenza di libertà e voglia di emancipazione. Daniela Finocchi del Concorso Letterario nazionale Lingua Madre (“L’infinito, limitato della vita”) ha mostrato come il dono della parola e dell’ascolto riesca a travalicare i confini culturali, unendo poesia e filosofia, intelletto e sentimento, verbalità e corporeità, ideazione e creazione. Suor Luciana del Monastero delle Benedettine (“Ascoltando la vita”) ha proposto una particolare lettura della Filosofia, non solo come ricerca del vero, ma, anche come rispetto per tutto ciò che è altro, per tutto ciò che sfugge a una comprensione meramente oggettiva e impone, lasciando aperto un margine di mistero nella conoscenza, umiltà e ascolto. Anna Maria Pezzella dell’Università Lateranense (“Il gatto con gli stivali e la fenomenologia del limite”), riproponendo la lettura della nota fiaba, si è soffermata sul suo significato recondito di rappresentazione di una situazione diversa rispetto alla normalità, in cui un animale dà sostegno a un umano, mostrando in ciò un esempio di concreto aiuto tra mondi differenti, ma, confinanti quello umano e quello animale per l’appunto, un esempio che invita, ancora una volta, a riflettere sul dato incontrovertibile della presenza dell’altro, quell’altro irriducibile al sé, che c’è già da sempre, “imponendosi” sia come mezzo grazie al quale “facciamo esperienza”, e percepiamo un diverso modo di abitare il mondo, sia come limite, come l’assoluto che ci è dato comprendere, ma, non ci è dato mai travalicare. La scrittrice Fiorella Cagnoni (“Il desiderio che cambia la vita”) ha proposto una interpretazione della scrittura come forma di ascolto e riappropriazione del desiderio, al tempo stesso, come mezzo di relazionalità e condivisione, che per le donne assume il valore specifico di strumento per dar voce anche ad una storia comune, fatta di lotte, battaglie, bisogni e rivendicazioni, una storia, stretta tra volontà d’autonomia ed esigenza di autocomprensione, che sembra acquisire i tratti di un perenne work in progress. Laura Colombo della Libreria delle donne di Milano (“Fare i conti con l’altro”) ha illustrato le caratteristiche di un diverso modo di intendere la scrittura come spazio simbolico di autorappresentazione, al cui interno le parole “scambiate tra donne” danno corpo ad una forma differente di soggettività, sessuata, situata, caratterizzata da contingenza e desiderio di libera espressione, dove, tuttavia, il partire da sé non si pone come soggettivismo o esaltazione dell’ego, ma, come diversa messa a fuoco di sé a partire dalla relazione di scrittura-lettura con l’altro da sé. Claudia Dovolich dell’Università di Roma Tre (“Oltre la legge e il diritto: amicizia e ospitalità”) ha analizzato l’evoluzione intercorsa nella riflessione di Derrida nell’ultima fase della sua produzione, un’evoluzione caratterizzata da una crescente attenzione etica nei confronti dell’altro, dello straniero, ossia del totalmente altro, che, se, per un verso, segna un riavvicinamento del filosofo alla riflessione levinasiana, per un altro, si colloca come analisi altra della venuta dell’estraneo-straniero, analisi che attesta contemporaneamente la presenza di una domanda e la necessità di una risposta etico-politica, rivolta al “noi”, analisi, che recupera il valore, nella nostra tradizione di pensiero, di concetti quali l’ospitalità e l’amicizia, intesi come strumenti per cogliere, nel vivere quotidiano, il significato autentico dell’esposizione totale nei confronti dell’evento dell’altro. Chiara Di Marco del medesimo Ateneo (“Fiducia nell’incompiutezza”), ripercorrendo le tappe più significative del percorso filosofico di Foucault, Deleuze e Guattari, autori differenti, provocatori, destabilizzanti per il pensiero, ha sostenuto l’ideale di una filosofia intesa come testimonianza di quell’agire interiore, di quel risveglio a se stessi, in virtù del quale possiamo coglierci quali esseri liberi e responsabili, quali esseri la cui condizione è segnata dall’apertura e dalla relazione, dal dono della parola e dal bisogno del contatto.

La Scuola, allora, ha rappresentato per tutte e tutti i partecipanti il luogo per un confronto serrato tra generazioni differenti, tra discipline diverse, tra voci storiche del femminismo italiano ed europeo, tra pensatrici, scrittrici, ricercatrici, che, ribadendo l’essere e il sentire differente delle donne, che recupera nel vivere quotidiano vulnerabilità e desiderio, hanno riproposto, da un lato, la necessità di ripensare il confine tra saperi come liminarità promiscua, feconda di critiche e ridefinizioni semantiche, dall’altro, il bisogno di una interrogazione etica sulle modalità del nostro agire libero e consapevole, un agire che connota la libertà femminile non come laisser faire disinteressato, ma, come libertà di conoscenza e di scelta il cui unico fine è la gratuità dell’incontro.

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