Sofia Corradi, 'Mamma Erasmus'. Una lezione e che fa storia!
La scomparsa della 'inventrice' del progetto che ha dato a milioni di giovani la possibilità di studiare in diversi paesi europei: un importante contributo alla costruzione di un sentimento di appartenenza
Martedi, 21/10/2025 - Il femminile di giornata settantasei / Sofia Corradi, mamma Erasmus. Una lezione e che fa storia!
Il 17 ottobre a Roma, la sua città, a 91 anni moriva Sofia Corradi: la donna, la persona, la docente alla quale si deve per la sua caparbietà il programma ERASMUS (EuRopean Action Scheme for the Mobility of University Students), che dal 1987 - anno del suo inizio ufficiale - ha visto giovarsene 6 milioni di studenti e studentesse che si sono, forse, sentiti davvero cittadini/e europei/e, o magari del mondo.
La notizia di questo decesso, non casualmente, ha avuto un notevole spazio data l’importanza della sua avventura di vita, su cui è interessante soffermarsi per capire quanto le si deve e per riflettere su quanto potente possa essere la voglia di raggiungere un traguardo, che risponde al proprio orizzonte di giustizia da mettere a servizio della comunità, come è stato per lei.
La professoressa, la pedagogista Corradi, sicuramente era consapevole dell’importanza di quanto aveva raggiunto mettendoci del proprio se, come è vero, amava essere chiamata Mamma Erasmus, perché consapevole del suo ruolo e diceva, a chi la ringraziava riconoscendo il suo impegno: “l’ho fatto con spirito materno, come fa ogni mamma che prova a rendere migliore il futuro dei figli”.
Cosa aveva fatto allora? Sofia Corradi, grazie all’apertura mentale dei suoi genitori e alla possibilità di sostenere economicamente la sua esperienza, ebbe la possibilità di fare un Master alla Columbia University di New York in giurisprudenza. Tornata in Italia le sembrò “normale” recarsi all’Università La Sapienza a Roma (L’ unica all’epoca) e chiedere che le venissero riconosciuti i corsi frequentati e superati in America. Dal suo racconto si evidenzia che, non solo le fu detto che non era possibile, ma fu guardata con poca simpatia. Pur rimanendo malissimo, non si arrese e si è nuovamente laureata in Italia, ma decise che avrebbe fatto tutto quanto fosse stato nelle sue capacità e nel suo potere per cambiare la situazione e permettere ai giovani, in futuro, di non trovarsi a vivere la sua stessa vicenda. Voleva che si potesse arrivare a equiparare i titoli universitari nel mondo e comunque, per quanto la riguardava, almeno in Europa. Iniziò così dal 1967, senza sosta, a fare propaganda al suo progetto a Rettori e ministeri, giovandosi anche dell’essere divenuta consulente, proprio della Conferenza dei Rettori delle Università italiane; fino a vedere, nel 1976, Bruxelles approvare dei progetti pilota. Finalmente nel 1987 il progetto divenne una realtà, permettendo a molti/e giovani di misurarsi quali futuri cittadini/e europei/e.
Un obiettivo che grazie al sostegno economico della Comunità Europea, seppur non totale ma significativo, permetteva finalmente a tante ragazze e ragazzi di andare oltre le barriere di classi economiche e di sentirsi, come si era sentita lei, cittadine, cittadini d’Europa e del mondo. Nel frattempo l’incredibile impegno di Sofia Corradi, divenuta tra l’altro docente di Educazione permanente degli adulti all’Università Roma Tre, nei trent’anni di lavoro per il suo obiettivo è divenuta nota in tutta Europa e non solo, vincendo molti premi e onorificenze, come nel 2016 il premio europeo Carlo V, per l’impegno nella cultura e nella promozione, e dell’unificazione europea quale seconda donna, dopo Simone Veil, e tantissimi altri, come anche l’onorificenza di Commendatore della Repubblica Italiana, ed ancora solo un anno fa il dottorato -honoris causa- conferitole dalla Sorbona per citarne ancora un altro fra i tanti.
Una vita dedicata al suo obiettivo, senza mai sosta, quella di Sofia, che ha dato risultati notevolissimi di cui era giustamente orgogliosa e su cui è importante soffermarsi per l’insegnamento che ne viene, e che rende credibile quanto sia importante lavorare per ciò a cui si crede e che supera i propri interessi, guardando al mondo e nello specifico ai giovani. Per loro ha auspicato il poter saltare i confini degli stati attraverso l’Erasmus e vederli lavorare per sentirsi e divenire cittadini/e europei/e.
Il progetto Erasmus, forse non ha caso, precede l’uso dell’euro quale moneta unica europea e affianca la decisione dell’area Schengen 1985, ovvero di determinare uno spazio europeo di libera circolazione; progetto che si è poi gradualmente concretizzato, per date decise man mano dai singoli paesi. Libertà di girare nell’Europa, quale Casa Comune, che ci riporta al progetto Erasmus e per esattezza alla scelta di quel nome, suggeritore di un’idea forte e chiara nei suoi intenti. Erasmus da Rotterdam fu un teologo, umanista, filosofo, olandese che molto, per ragioni di studio, viaggiò in Europa tra il XV e il XVI secolo e che nei suoi scritti mostra, tra cui forse il più noto, “Elogio della follia”, un incredibile sguardo rivolto al mondo considerando i secoli in cui visse.
Ma è ancora tornando alla nostra Professoressa e Pedagogista Sofia Corradi che è interessante sottolineare una sua non casuale riflessione, ricordata in occasione della sua morte da qualche articolo, che sottolineava la sua colta, motivata, convinta idea di come si dovessero aprire le frontiere del mondo. E questo citando, in occasione del ventennale dell’euro, in uno scambio d’idee nella considerazione di questo obiettivo, il principio e l’dea nata in secoli assai lontani: “Lo stesso Cesare fu mandato a fare un “erasmus” a Rodi per perfezionare la sua conoscenza della lingua e della cultura greca – aveva detto- ma nell’Antica Roma, nelle corti medievali e più tardi ai tempi del Gran Tour, a viaggiare erano sempre e solo i figli dei signori. A me premeva che tutti potessero avere quell’ opportunità”.
Grazie Sofia, che al tuo nome hai dato un vero contenuto di saggezza, sapienza e impegno, lavorando sodo e senza perdere energia e la fiducia che saresti arrivata al traguardo che ti eri data. Sei riuscita e hai posto una pietra miliare sulla strada che aiuta a sentirsi e misurarsi come cittadini/e europei/e e poi, perché no del mondo. Un percorso, una via di speranza fondamentale per la pace di cui enorme è il bisogno.
Paola Ortensi
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