Usare durante una trasmissione televisiva espressioni come "troppo amore", per giustificare un tentato femminicidio, allontana dalla comprensione della vicenda.
Domenica, 15/01/2017 - Non è trascorsa neppure una settimana, da quando un telegiornale pubblico ha trasmesso un servizio di pubblica ammenda sull’uso improprio di alcuni termini nel racconto della violenza di genere, che al passo in avanti ne è conseguito un ben più rilevante all’indietro. Così, mentre il Tg 2 lanciava la campagna “L’amore è un’altra cosa” con l’obiettivo di veicolare al proprio pubblico il messaggio che la violenza non si apparenta con l’amore, si ripiomba nell’atmosfera cupa generata da chi vorrebbe farla passare come conseguenza del “troppo amore”. Quanto è avvenuto in una trasmissione di una rete televisiva privata si innesta perfettamente nel terreno che da qualche anno si sta tentando faticosamente di dissodare dalle pesanti pietre della connivenza con un modo sbagliato di narrare la violenza di genere. A cosa serve ripetere infinite volte “Al primo schiaffo allontanati da lui, non ti vuole bene”, se poi si giustifica la vicenda di un tentato omicidio con il “troppo amore”? Il conseguente rischio è che si getti alle ortiche qualsiasi tentativo di aiutare le donne colpite dalla violenza sessuata ad intraprendere coscientemente il cammino per fuoriuscirne. Con l’ulteriore effetto che venga messa in discussione anche la solidarietà femminile nei riguardi di chi di quella violenza è parte lesa.
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