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Uomini che amano le donne 3: James Y.Simpson

Uomini che amano le donne 3: James Y.Simpson

"Victo dolore". Il medico scozzese "dalla parte delle donne".

Mercoledi, 14/09/2011 - Nella metà dell'Ottocento la pratica dell' anestesia era ai suoi albori, ed era un'alba tutt'altro che chiara e serena. Diffidenza e sospetto circondavano i nuovi studi, traendo forza da qualche incidente e da qualche fallimento inevitabile purtroppo nelle fasi

di sperimentazione.Ma non erano solo questi i problemi. L'anestesia veniva vista in alcuni ambienti religiosi come qualcosa che sottraendo all'uomo le facoltà della coscienza, quindi le facoltà superiori, poteva essere in contrasto con la volontà divina, o come un modo di rifiutare l'eroismo del dolore non uniformandosi all'esempio di Cristo. Basti pensare che nel 1957 fu necessario a sollevare i credenti cattolici dai loro timori un illuminato discorso del Papa Pio XII in risposta a tre quesiti postiGli dal segretario dell'Associazione di Anestesiologia prof. Piero Mazzoni e riguardanti appunto "l'obbligo morale di rifiutare l'anestesia e di accettare il dolore fisico per spirito di fede"; se "la privazione della coscienza e dell'uso delle facoltà superiori provocata dai narcotici è compatibile con lo spirito del Vangelo"; se "è lecito l'uso dei narcoteci per malati in pericolo di morte[...]e se possono venir usati anche se l'attenuazione del dolore[ ...]si accompagna con l'accorciamento della vita".

E se questi dubbi permanevano fino agli Anni Cinquanta riguardo all'uso dell'anestesia in interventi chirurgici maggiori,quali amputazioni e operazioni, immaginiamo quale poteva essere l'atteggiamento della medicina ufficiale e della gente comune nell'Ottocento riguardo al suo uso per un evento "naturale" come il parto; tanto più che alcuni ambienti ecclesiastici ammonivano a non contrastare le parole della Bibbia sul destino di Eva: "partorai con dolore".

In questo clima acceso e complesso si inserisce la figura del medico scozzese James Young Simpson (1811-1870), di cui proprio quest'anno 2011 a Edimburgo si è celebrato il bicentenario della nascita con convegni e conferenze a livello internazionale.

Di umili origni (era figlio di un fornaio), restò a 9 anni orfano di madre. Grazie ai sacrifici del padre e dei fratelli maggiori, James potè frequentare l'Università. Volitivo e geniale, quasi un ragazzo prodigio, terminò gli studi medici a soli 18 anni tanto che per esercitare la professione dovette aspettare di compierne 20, l'età minima richiesta. A 28 anni era già titolare della Cattedra di Ostetricia e Ginecologia all'Università di Edimburgo.

Simpson si dedicò a studi approfonditi non solo nell'ambito della sua specializzazione ma anche a ricerche di tipo sperimentale sull'uso dell'anestesia nei parti difficili. Nel 1847 la rottura casuale di una boccetta di cloroformio attirò la sua attenzione su questa sostanza.Lui e gli amici presenti inalandola ebbero ebbrezza e poi stordimento, ed egli capì che questa sostanza era quello che cercava. Prima aveva studiato l'etere e l'acetone ma con risultati deludenti. Ora iniziò gli studi sul cloroformio più che altro centrati sulla giusta dose (troppa sarebbe stata nociva, poca inefficace)-. Simpson fece test ed esperimenti su se stesso, e redasse per la Società medica di Edimburgo un puntuale resoconto, aggiungendo che l'ostetricia i sarebbe giovata di tali ricerche, affermazione che richiedeva all'epoca un certo coraggio. In Scozia in secoli passati la caccia alle streghe aveva portato alla condanna a morte per stregoneria di alcune donne mediche-erboriste che avevano dato alle partorienti delle pozioni per calmare i dolori; certo quei tempi erano ormai lontani, tuttavia i pregiudizi nei confronti della nuova pratica erano diffusi e tenaci.

Ma Simpson, una volta che si era formato una convinzione, non era uomo da temere critiche e preconcetti, anzi, era capace di "metterci la faccia" anche apparendo provocatorio. Sfruttando le competenze acquisite fece partorire una donna con il cloroformio e chiese alla madre che alla bambina fosse dato il nome di Anesthesia.

Il fatto fu riportato sui giornali e rinfocolò tutte le polemiche e tutte le argomentazioni negative nei confronti dell'anestesia.

Ma nel 1853 giunse per Simpson, inaspettatamente, il momento fortunato.

Infatti, mentre i professori sminuivano la nuova scienza considerandola una pericolosa pratica da ciarlatani, e i teologi della

Chiesa Anglicana si scagliavano contro l'"invenzione del demonio", la regina Vittoria, incinta e prossima a partorire, chiese ai medici di corte di rivolgersi a Simpson per assisterla nel parto, naturalmente facendo uso del cloroformio. Simpson arrivò a palazzo conducendo con sè come aiuto il collega dottor Snow.

Il parto della Regina non si presentava particolarmente difficile; bastò una piccola dose e tutto si risolse felicemente per la sovrana che mise al mondo il piccolo Leopoldo senza soffrire, e trionfalmente per Simpson. Da allora viene dato il nome di "anestesia alla Regina" per definire un'anestesia leggera.

Il crisma dato da una testimonial così illustre mise a tacere critiche e perplessità.

Gli anestesisti che poco prima erano considerati quasi degli imbonitori da fiera, ora invece venivano esaltati e richiesti. La pubblicità offerta dal parto regale agì più di quanto avrebbero fatto anni di informazione e propaganda scientifica. La fama di Simpson si diffuse in tutta Europa, e in varie nazioni si iniziò a lavorare al perfezionamento delle tecniche anestetiche e a praticare i parti difficili in anestesia. In

Inghilterra Simpson diventò un personaggio importante e gli fu conferito un titolo nobiliare.

Snow e Simpson assistettero poi la Regina Vittoria per un secondo parto, nel 1857, sempre con successo.

Simpson morì nel 1870, con gli onori dovuti a un eroe nazionale. E in effetti lo era stato, avendo combattuto e vinto la più nobile delle battaglie, quella contro il dolore."Victo dolore", aveva egli affermato; frase che venne apposta sul suo stemma nobiliare.

Insieme a Horace Wells e William Green Morton, James Y. Simpson fu uno dei padri dell'anestesia.

Il suo contributo a questa disciplina medica è indiscutibile; ma, in più, gli fa onore l'aver voluto usare i suoi studi e le sue conoscenze per sconfiggere il dolore di un evento importante ma anche a volte traumatico nella vita delle donne quale è il parto, la cui sofferenza è spesso sottovalutata, o accettata come normale, o ascritta quasi a una condizione "fatale" e immutabile del destino femminile.

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