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Violenza contro le donne con disabilità, abominio intollerabile

Violenza contro le donne con disabilità, abominio intollerabile

Il 3 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità, è occasione per parlare di un particolare e grave aspetto della violenza di genere

Mercoledi, 03/12/2025 -

Nella Giornata Internazionale dei Diritti delle Persone con Disabilità - il 3 dicembre – istituita dall’ONU allo scopo di promuovere nei loro confronti maggiore sensibilità e sostegno, vogliamo soffermarci sul tema della violenza che subiscono le donne con disabilità.
Se la violenza di genere colpisce le donne di tutte le età, estrazioni sociali, religioni, etnie in ogni parte del mondo, la violenza “nei confronti delle donne con disabilità rappresenta un fenomeno ancor più preoccupante in quanto le vittime, nella loro qualità di donne e persone con disabilità, vivono una doppia discriminazione che le rende esposte a forme ulteriori e peculiari di sopraffazione”.  Così un report di OSCAD  (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) pubblicato due anni fa che, parlando di “discriminazione multipla o intersezionale” spiega che è quellavissuta da un individuo non in base ad un unico fattore (sesso, orientamento sessuale, razza o origine etnica, disabilità, età, religione o convinzioni personali), bensì sulla base di due o più fattori concomitanti, che caratterizzano la vittima nella sua “complessità identitaria”, fattori che non devono essere analizzati singolarmente ma piuttosto “tenendo conto della convergenza e combinazione di molteplici elementi causali”. Il quadro di riferimento del concetto di “discriminazione multipla” è prima di tutto di carattere internazionale, sia con la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW) sia con l’art. 6 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, documentoche rappresenta il punto di arrivo di decenni di lavoro da parte delle Nazioni Unite e che punta al miglioramento delle condizioni di vita e alla piena partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità, a cui viene conferito un ruolo attivo in quanto titolari di specifici diritti, in grado di reclamarne il riconoscimento e la garanzia e di assumere decisioni in base ad un consenso libero e informato. E proprio con riferimento alle donne con disabilità, nel Preambolo alla Convenzione viene richiamata l’attenzione sul fatto che le stesse, in particolare quelle che non sono in grado di autodeterminarsi, corrono il rischio di essere dimenticate, maltrattate e sfruttate, con maggiori probabilità di divenire vittime di violenze ed abusi sia all’interno che all’esterno dell’ambiente domestico. A tale riguardo, così come sancito dall’art. 8, diviene di straordinaria importanza l’attività di informazione e accrescimento della consapevolezza, anche al fine di combattere stereotipi e pregiudizi basati sul genere, nonché pratiche dannose per le persone con disabilità”. 

L’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori - organismo interforze del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, istituito con l’obiettivo di prevenire e contrastare i crimini e i discorsi d’odio, attraverso la sua attività di monitoraggio e di analisi dei crimini d’odio – ha “registrato che le donne con disabilità molto spesso sono vittime di condotte tipiche della violenza di genere. La violenza perpetrata nei loro confronti è particolarmente odiosa in quanto quasi sempre invisibile e sommersa, verificandosi in contesti di cura e assistenza o comunque all’interno di ambienti relazionali in cui la vittima – a causa della sua disabilità – viene spesso considerata incapace di decidere autonomamente, inaffidabile, non idonea a costruire una propria vita affettiva e sessuale in autonomia. La discriminazione multipla che colpisce le donne con disabilità è caratterizzata da molteplici fattori. Queste donne, infatti, tendono ad essere esposte alla violenza per periodi prolungati nel tempo, in ragione del loro stato di vulnerabilità ed isolamento, della limitata capacità di difendersi, di fuggire, di chiedere aiuto e di essere credute. Inoltre, la mancanza di alternative reali o percepite, il timore di non ricevere sostegno e l’incapacità di chi riceve la richiesta di aiuto di riconoscere quella particolare forma di violenza e documentarla in maniera adeguata, rappresentano ulteriori elementi che connotano questo fenomeno”. Un quadro piuttosto fosco, quindi, che risulta ulteriormente aggravato se si considera che “la soddisfazione dei bisogni primari delle donne disabili è spesso affidata ad un’altra persona ed è proprio il timore di perdere questo supporto che pone le donne in una condizione di dipendenza e sottomissione, aumentando il rischio che la violenza rimanga celata”.

Ci sono quindi aspetti specifici delle violenze che subiscono le donne con disabilità a causa della loro particolare vulnerabilità: “molto spesso sono vittime di reati come maltrattamenti, stalking, violenze sessuali, commessi da tutori, amici, conoscenti, ma anche partner e familiari, sia nel contesto domestico che al di fuori di esso. Frequentemente sono proprio gli uomini che si prendono cura di queste donne ad essere responsabili di abusi nei loro riguardi”.  

Il Rapporto segnala che oltre alle note forme di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica, per le donne con disabilitò possono verificarsi “ulteriori condotte legate alla stessa condizione di disabilità:

-la violenza fisica può includere anche l’essere trattata in maniera brusca durante gli spostamenti, essere messa a riposo per un periodo prolungato o essere sottoposta a costrizioni fisiche;

-la violenza sessuale può anche consistere in richieste sessuali in cambio di aiuto o sostegno. Inoltre le donne disabili possono essere sottoposte a sterilizzazione forzata e aborto coercitivo che costituiscono una grave violazione dei diritti umani;

- la violenza psicologica può riguardare minacce di abbandono, l’essere sminuita o denigrata anche in riferimento alla propria disabilità, l’essere accusata di dire menzogne;

-la violenza economica può realizzarsi attraverso l’uso improprio di denaro o carte di credito della vittima;

-l’abuso farmacologico, che può consistere nel somministrare una dose maggiore o minore di farmaci o negare l’accesso a farmaci essenziali;

-la negazione di cure essenziali, che può costituire non solo un disagio ma anche un pericolo per la salute fisica della donna;9

- l’impedire o ostacolare l’accesso alle attrezzature di sostegno (spostare le stampelle fuori dalla portata, togliere la batteria ad una sedia a rotelle elettrica, portare via il telefono impedendo la possibilità di chiedere aiuto.”

In questo desolante panorama emerge un altro fattore di preoccupazione, cioè che l’autore della violenze sia spesso il caregiver, cioè la persona che si occupa della cura della donna con disabilità e che la esercita con  “minacce di danno o abbandono, intimidazione o isolamento; minimizzazione, giustificazione o colpevolizzazione della violenza; violenza economica”. Modalità che possono essere agite anche nelle strutture che le ospitano.

Di questo delicato e  gravissimo problema si occupano molte associazioni di donne e segnaliamo in particolare Differenza Donna, che nel sito ha raccolto molte informazioni utili.


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