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È tempo di esami e di studio dei classici. Le donne nella Tragedia e nel Melodramma

È tempo di esami e di studio dei classici. Le donne nella Tragedia e nel Melodramma

Scegliere Medea, particolarmente spiazzata dal suo modo di fare e di essere

Domenica, 19/06/2022 - È tempo di esami, studenti e studentesse inondano di messaggi e di ansie i loro docenti che, come al solito, tranquillizzano e mediano tra ansia e salto nel futuro.
Un salto che non può essere spinto verso il futuro senza conoscenza, o canoscenza come diceva Dante. Dante che nel suo Ulisse ci offre un’immagine bellissima di una barca con le ali, per compiere il folle volo. “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”.
E allora ben vengano i classici di Euripide, Eschilo, Seneca, Sofocle. Della Medea di Seneca ho corretto una tesina in cui la mia alunna precisava che l’autore del I sec. D.C. era anche filosofo. Sceglie Medea, è particolarmente spiazzata dal suo modo di fare e di essere. Dalla sua capacità di mettere fuori tutto il suo dolore, contro ogni silenzio a cui le donne di allora (e di oggi) erano condannate. E fa parlare lei: “con i capelli sciolti ho percorso a piedi nudi il segreto dei boschi. Con il mio sangue sull’altare, ho colpito il liquido sacro con la spada, la nuova sposa bruci le sue chiome nelle fiamme. L’operazione è compiuta”.
Poi la studentessa compie un parallelismo con la Medea di Euripide. Qui emerge la donna greca, sottomessa all’autorità maschile, ed è la stessa protagonista che lo afferma: “noi donne siamo le più infelici; per prima cosa dobbiamo a peso d’oro comprare un marito con una dote opulenta, lo stesso che diventerà padrone del nostro corpo e del nostro pensiero, delle nostre mani, braccia, piedi. All’apparire del vero separarsi è impossibile per le donne, rifiutare lo sposo è impossibile”.
È interessante il linguaggio di Medea che tiene vivo il fuoco della casa ma si pone degli interrogativi. Lei viene sradicata dalla sua terra, dalla sua patria, lontana dagli affetti più cari. Chiusa nella casa del marito si adegua alle sue leggi, senza conforto e confronto.
Si legge ancora nella tesina: Euripide (V sec. a.C.) giudica Medea, le punta il dito perché ha abbandonato la patria e tradito i suoi parenti per seguire Giasone. Proprio lui che la ripudierà perché straniera. Lei si rivolge a tutte le donne che come lei hanno perso tutto per amore. Non c’è giustizia, dice, se uno detesta a priori. Colui che ho amato si è rivelato un infame, il peggiore degli uomini. E quello che è orribile è che lui è il mio sposo. Un uomo cattivo, sprezzante, accanto a me, a lui devota. Mio marito mi oltraggia e chiude i miei occhi ai miei affetti, non mi fa vedere né madri né fratelli. Una donna piena di paura di fronte al ferro e all’odio. Oltraggiata nei suoi diritti di moglie. Ma Medea cambierà il suo percorso con gesti estremi, morendo lei stessa nel suo stesso dolore, dopo avere purtroppo compiuto una strage.
Nelle tragedie gli Dei risolvono a loro modo le cose, entrando nel vortice delle passioni di pochi. Perché a pochi è permesso entrare in questo vortice che fa salire e sprofondare.
Se c’è un luogo del politically scorrect è proprio la Tragedia e l’Opera. Anche lady Macbeth e la Carmen ne sono un esempio. Quest’ultima la ricordiamo nel primo Atto quando canta una torbida Habanera, una ballata di origine cubana che si è diffusa nei secoli soprattutto in Spagna, molto simile al Tango. È una danza popolare dal ritmo lento e non rigido. L'amour est un oiseau rebelle, l'amore è un uccello ribelle ne è un esempio; pagherà cara la sua libertà di scelta con la sua stessa vita.
Anche questo è un ultimo atto che vediamo tristemente nella realtà, dicono le mie alunne quando leggo la tesina ad alta voce, negli ultimi giorni di scuola.
Dei loro lavori mi interessa soprattutto questo: la presa di coscienza. Ora posso andare in vacanza preparandomi ad un altro anno.
Elena Manigrasso

Nella foto la Medea di Frederick Sandys

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