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‘Il canto delle cicale’ al 34° Trieste Film Festival: racconto di rabbia e poesia

‘Il canto delle cicale’ al 34° Trieste Film Festival: racconto di rabbia e poesia

La regista Marcella Piccinini, allieva di Marco Bellocchio, racconta la malattia di sua madre in versi, musiche e parole. Un capitolo nuovo del cinema al femminile

Martedi, 24/01/2023 - Rivelatasi nel 2016 come regista esordiente con “La mia casa, i miei coinquilini, il lungo viaggio di Joyce Lussu” - documentario premiato nei più importanti festival cinematografici italiani, storia della partigiana, scrittrice ed attivista per i diritti delle donne raccontata dalla voce di Maya Sansa - la regista Marcella Piccinini torna a presentare in concorso, al 34° Trieste Film Festival nella sezione “Premio Corso Salani”, la sua ultima opera, “Il canto delle cicale”, già premiata all’ultimo Biografilm Festival con una menzione speciale.

Prodotto e diretto da Marcella Piccinini, scritto insieme a Marianna Cappi e montato con la preziosa supervisione di Aline Hervé, il film sarà proiettato mercoledì 25 gennaio, presso il Cinema Ambasciatori, alla presenza della regista.

Il nuovo documentario della talentuosa regista è un intenso ritratto, in forma di diario, dedicato alla madre Anna Maria che, in seguito ad una malattia, è accudita dalla figlia Marcella. “Non sanno le cicale perché all’improvviso smettono il loro canto” è uno dei versi che attraversano questo film, sospeso tra i frammenti di poesia di poeti cari alla madre della regista, tra cui Gianni Rodari, Italo Calvino, Mila Kačič e Luciano De Giovanni, il nonno della Piccinini apprezzato tra gli altri da Pablo Neruda, e le parole di amici e conoscenti, tra questi Franco Piavoli e Gianni Sofri. I versi e le parole, a loro volta, sono sapientemente mixati alle sonorità emotive delle musiche scritte da Marco Biscarini, rivelatesi tra gli stimoli più efficaci durante il coma della madre. Alcune di queste musiche sono le stesse del che nel 2016

Il talento dell’allieva di Marco Bellocchio, artista multidisciplinare, ricostruisce in questo racconto autobiografico della malattia della madre, la storia del rapporto madre - figlia in forma di diario, una raccolta di appunti per un’autoanalisi collettiva. Il flusso dei ricordi, comprende le memorie affettive della madre, che diventa testimone del racconto di sé. Le musiche di Biscarini insieme alle canzoni di De Andrè e Guccini che durante gli anni giovanili nutrirono lo spirito di Anna Maria, diventano così uno strumento terapeutico, generando una circolarità del tempo che mischia passato e presente indistintamente.

“Ascoltavamo due tipi di musica a casa – racconta la regista - quella classica, quando c’era papà, e De André e Guccini, che esprimevano la tua voglia di ideali e di libertà, e che mi dicevi di spegnere prima che lui tornasse dal lavoro. Vivevamo due vite. Una insieme a papà e una quando lui era fuori: arrivavano allora Natascia, Consuelo, Roberto. Arrivava la magia. Adoravi il motto di Don Milani: “I care”. Maestra lo sei rimasta tutta la vita. Ora ti vedo sullo schermo dello smartphone. Viviamo tutti in bolle isolate che non possono decollare e incontrarsi. Penso continuamente alle modalità per accorciare le nostre distanze, per toglierti da quell’isolamento che ti ha inghiottito”.

Marcella Piccinini punteggia il suo diario con le luci di una campagna immersa nella nebbia, con il racconto di una natura solitaria, viva anche quando appare abbandonata, come nella tradizionale pittura fiamminga. La memoria orale è densa di voci di donne, essenziali nella ricostruzione della trama della storia e della mitologia familiare. “Se ne vanno leggere spaurite appena incauto ti muovi, le farfalle, la poesia”. La natura, con i ritmi dell’orto di casa, e gli amici sono al centro di questa geografia delle relazioni, in un racconto intimo che rivela uno sguardo di tenerezza, mai rassegnato alla malattia, rigenerato dallo spirito amorevole e combattivo di Marcella.

Un capitolo nuovo di cinema al femminile. “Non avrei mai pensato di scrivere in prima persona e di avere il forte bisogno di raccontare con la mia voce - ha affermato la Piccinini - Con questo lavoro ho scoperto la mia voce, mi sono ascoltata e mi sono accorta che non l’avevo mai fatto”. Al tempo stesso un film molto importante per l’autrice, realizzato insieme alle persone che le sono state accanto umanamente e professionalmente durante la malattia della madre.

“Mia mamma si chiama Anna Maria. La nostra storia è solo una delle tante storie di persone che, durante la pandemia, hanno vissuto dentro bolle isolate - precisa Marcella - “È in questi momenti difficili che si misura il potere dell’arte e si resta sorpresi dalle profondità che i rapporti umani sono in grado di toccare. Raccontare una vicenda personale, per raccontare una storia universale. La difficoltà più grossa per me è stata quella di parlare di una vicenda tragica, usando una poesia utile, che arrivasse direttamente al cuore, il filo che unisce la mamma con la figlia, vicine ma lontane, mute ma guerriere. Un insegnamento tramandatomi da Nazim Hikmet e da mio nonno poeta. Un racconto di rabbia e poesia” conclude Marcella.

Marcella Piccinini è nata a Montichiari in provincia di Brescia nel 1974, vive da diversi anni a Bologna. Diplomata all’Istituto d’arte e all’Accademia delle Belle Arti, ha frequentato la scuola di fotografia di Vevey e si è laureata al Dams di Bologna. Ha seguito poi un master all’Accademia del cinema e della televisione di Praga FAMU Inernational e un corso di regia con Marco Bellocchio. Tra i suoi film, ‘La luna di Kiev’ del 2007, che racconta la vita delle badanti ucraine in Italia ed è stato girato durante un viaggio in pullman da Bologna a Kiev e ritorno, nel periodo delle feste di fine anno. Ha realizzato numerosi cortometraggi tra cui ‘Il mondo capovolto’ che tratta il tema della dislessia. Ha collaborato come costumista e scenografa al film ‘Sorelle Mai’ di Marco Bellocchio. Ha realizzato il suo primo lungometraggio ‘La mia casa, i miei coinquilini, il lungo viaggio di Joyce Lussu’ nel 2016, premiato in importanti festival cinematografici internazionali, programmato dalla RAI e nel 2019 proiettato nella Sala Capitolare del Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati in un omaggio alla memoria di Joyce Lussu.

“Il canto delle cicale” è stato realizzato con le musiche di Marco Biscarini, edite da Ala Bianca Publishing. Diego Schiavo ha curato il suono, trasformandolo spesse volte in poesia. Il film vede anche la collaborazione di Home Movie per la parte dei materiali d’archivio e un contributo di Filando la rete per la post-produzione.

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