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‘Leila e i suoi fratelli’: il ruolo della donna nell’Iran contemporaneo. Protagonista l’attrice Tara

‘Leila e i suoi fratelli’: il ruolo della donna nell’Iran contemporaneo. Protagonista l’attrice Tara

Nelle sale italiane, distribuito da I Wonder Pictures con Unipol Biografilm Collection, il film del giovane regista iraniano Saeed Roustaee. Un ritratto vivo e realistico di una famiglia iraniana

Mercoledi, 12/04/2023 - Presentato in concorso al Festival di Cannes 75, dove ha vinto il Premio FIPRESCI, ‘Leila e i suoi fratelli’ (Leila’s brothers) diretto dal regista Saeed Roustaee (almeno i cineasti in Iran sostengono l’emancipazione femminile) mostra uno spaccato dell’Iran contemporaneo, e di come le tradizioni patriarcali possano deteriorare, giorno dopo giorno, la vita quotidiana di una famiglia.

Quella raccontata nel film iraniano ‘Leila e i suoi fratelli’ è, infatti, una vera e propria saga familiare, dove l’unica figlia femmina, Leila, una quarantenne single istruita, cerca di combattere il lassismo e la disoccupazione dei quattro fratelli maschi, acquistando una piccola boutique in un centro commerciale di lusso, che dovrebbe assicurare una rendita a tutti i fratelli e ripianare i debiti della famiglia intera. Ma le tradizioni arcaiche e patriarcali, ed i sogni di gloria del vecchio padre egoista, intralceranno le speranze di Leila, in un Paese schiacciato nella morsa delle sanzioni economiche internazionali.

Il film ha ottenuto un importante riconoscimento all’ultimo Festival di Cannes conquistando il Premio FIPRESCI, assegnato dalla giuria della critica internazionale fra i film in competizione. Proiettato in anteprima italiana al Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina - FESCAAAL il 26 Marzo e al BIF&ST il 28 marzo al Teatro Petruzzelli di Bari, il film è nelle sale italiane dal 6 aprile con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection in versione originale sottotitolata in italiano.

Leila - magistralmente interpretata dall’attrice iraniana Taraneh Alidoosti - ha 40 anni e vive a casa, dove ha passato tutta la vita a prendersi cura dei suoi genitori e dei suoi quattro fratelli. Non si è mai sposata perché il padre, vecchio ed egoista, aspirava per lei ad un matrimonio che sistemasse economicamente la famiglia: all’unico pretendente che piaceva alla figlia, il padre raccontò la bugia che Leila era molto malata e che non conveniva sposarla. La donna ha un ottimo lavoro presso un centro commerciale, con un salario buono e sicuro; al contrario, i suoi quattro fratelli, per un motivo o per l’altro, sono senza lavoro o sfaccendati: Parviz (Farhad Aslani) ha cinque figlie femmine e pulisce i bagni aspettando il figlio maschio, un altro, Alireza (Navid Mohammadzadeh), è operaio in una fabbrica che sta chiudendo e preferisce fuggire piuttosto che lottare per il salario, il terzo Manouchehr (Payman Maadi) che intrallazza in un giro poco legale di macchine e l’ultimo Farhad (Mohammad Ali Mohammadi) che sta a casa a guardare le partite di wrestling. La famiglia litiga costantemente ed è schiacciata dai debiti, il Paese non offre lavori o soluzioni: mentre i suoi fratelli cercano di sbarcare il lunario, Leila concepisce un piano che salverebbe tutti dalla povertà: avviare un'impresa di famiglia.

Riuscita faticosamente a convincere i fratelli ad investire ciascuno il poco che ha nell’acquisto della boutique, Leila scopre che il padre Esmail ha nascosto segretamente un costoso cimelio di famiglia, conservato come offerta per diventare, al matrimonio del figlio di un cugino (che lo ha sempre ignorato ed umiliato), il nuovo Patriarca del clan, il più alto onore nella tradizione persiana. Questa scoperta porterà il caos nelle già fragili dinamiche familiari: Leila si ribella a questa ‘offerta’ che ritiene un assurdo spreco, mentre i suoi fratelli hanno un disperato bisogno di sostegno finanziario. Man mano che la salute del padre peggiora, le azioni di ogni membro della famiglia porteranno gradualmente la famiglia un passo più vicino all'implosione.

Il film ha il chiaro intento di raccontare l’Iran odierno e la sua crisi economica, dovuta in parte alle sanzioni economiche internazionali, in parte legata a problemi interni allo Stato stesso, e vuole farlo raccontando la storia di una famiglia-tipo, una famiglia imperfetta nella quale però gli uomini sono irresoluti se non dannosi mentre Leila (eccezionale l’attrice Taraneh Alidoosti) l’unica figlia femmina, incarna la modernità, il lavoro ed il senso del costruire, lo sguardo al futuro.

Roustaee fotografa la situazione sociale dell’Iran con grande cura, denunciandone le difficoltà e la povertà dovute all’assenza di una classe media, distrutta dal governo di Ahmadinejad. ‘Leila e i suoi fratelli’ è un film fortemente radicato nel tessuto iraniano ma, contemporaneamente, ha una portata universale che riguarda il tema delle diseguaglianze e del determinismo delle classi sociali.

“Credo sia importantissimo potersi allontanare dalla propria famiglia - dichiara il regista - dai propri genitori, e vivere la propria vita. Ma bisogna avere i mezzi per farlo. Questi fratelli - ormai adulti - non li hanno. Si vede chiaramente che stanno soffocando. Nel film questo aspetto viene esplicitato”.

L’intento del regista era certamente quello di raccontare una storia alla Farhadi, che dal privato di estende ad una riflessione sul pubblico, sull’Iran e sulle sue criticità. Molto ben riuscita la scena della festa di matrimonio, nella quale Esmail, pur di sentirsi Patriarca per un giorno, è disposto a investire tutti i suoi beni infischiandosene dei suoi figli: un egoismo cui parte della famiglia sente di dovere comunque obbedienza, ma non Leila, la quale commette comunque il grave errore di non firmare il contratto della boutique a suo nome, delegando suo malgrado alcune incombenze ai fratelli, dai quali, nonostante tutto, non si sente completamente affrancata.

Il film coinvolge lo spettatore, ansioso di sapere cosa succederà, anche se il finale, in una scena difficile da dimenticare, è in parte inevitabile. Pur in presenza di una possibilità concreta di uscire dai debiti e di immaginare un futuro migliore, l’insalubre tradizione delle decisioni maschili, conservatrici e irrazionali, ha la meglio su una società che non vuole fare emergere la parte migliore di sé.

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