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AMMPE WORLD  / La comunicazione in tempi di post-verità (di Milly Miranda)

AMMPE WORLD / La comunicazione in tempi di post-verità (di Milly Miranda)

Congresso a Roma dell'Associazione Mondiale Donne Giornaliste e Scrittrici. Intervista alla presidente Patricia Loreto Mayorga

Domenica, 11/09/2022 - In occasione del XXIV Congresso mondiale AMMPE WORLD (Roma, 14/17 settembre 2022 / vedi tutti i metraili pubblicati in noidonne) (comunicato) dal titolo 'Le sfide della comunicazione a livello planetario', pubblichiamo l'intervista a Patricia Loreto Mayorga, giornalista e scrittrice cilena, nazionalizzata italiana, dal 2018 Presidente dell'Associazione Mondiale delle Donne Giornaliste e Scrittrici (AMMPE WORLD).

Qual è lo scopo fondamentale di AMPPE?
È sempre importante e necessaria la possibilità d'incontro delle volontà e il dialogo su un argomento che interessa non solo un determinato gruppo di professionisti ma, come in questo caso, la società nel suo insieme. In AMMPE a questo si aggiunge la solidarietà, soprattutto per quanto riguarda la situazione delle donne e, in special modo, di coloro che esercitano dalla stampa o dalla letteratura un lavoro che altro non è che la manifestazione di un diritto umano fondamentale, eppure così ricorrentemente rimandato per ragioni politiche, culturali e anche religiose: la libertà di espressione.

Quali mezzi ha questa organizzazione per raggiungere i suoi obiettivi?
Nessuno fisso, fatta eccezione per la collaborazione delle nostre associate nei diversi capitoli nazionali e la generosità delle istituzioni che capiscono e sostengono il valore di questa crociata.

Quest'anno terrete un congresso mondiale in presenza a Roma, dopo due anni di restrizioni sanitarie. E tra i temi che tratterete ci sono la libertà di stampa e la diffusione di notizie false, soprattutto attraverso i social network: la tecnologia è un aiuto o una barriera per il giornalismo?

Come in molti altri campi (industria, medicina, ecc.), i progressi tecnologici sono sia un vantaggio che una sfida. Il grande vantaggio è quello di avere sistemi di comunicazione e divulgazione migliori e più ampi che permettano di universalizzare la cultura e la conoscenza della realtà mondiale, una grande sfida che significa aprire questa possibilità all'uso di tutti gli esseri umani, qualunque siano le loro motivazioni. Credo che uno dei compiti urgenti che AMMPE deve affrontare sia sostenere la costruzione di un'etica universale che ci permetta di vivere questi nuovi media senza il danno collaterale che il loro uso improprio comporta. Chi, come noi, svolge il proprio lavoro nel mondo della comunicazione si trova a lavorare con concetti difficili come verità e obiettività. E ora siamo di fronte alla post verità. Negli anni abbiamo imparato che non c'è una, ma molte verità e che ciò che ci corrisponde professionalmente è mostrare quella gamma, nel rispetto degli altri diritti fondamentali, sia dei nostri intervistati che dei nostri lettori. Oggettività non è dare uguale spazio all'oppresso e all'oppressore, ma nominare ciascuno per nome, come ben sanno tante colleghe e tanti colleghi che hanno rischiato la vita in questo compito. E non mi riferisco solo agli “oppressori” politici, ma economici e anche religiosi, come abbiamo dolorosamente imparato in questi ultimi decenni.

Nel vostro Congresso parlerete anche di migrazione e in questo senso vorrei consultarvi: in molte parti del mondo le donne subiscono gli effetti dei costumi e persino delle religioni misogine. Ritieni che il giornalismo sia stato sufficientemente sensibile e impegnato a denunciarli e difenderli?
Lo è stato, per quanto possibile. Siamo professionistei che generalmente lavorano in aziende le cui linee editoriali sono quelle che dovrebbero essere interrogate al riguardo. Indubbiamente, il nostro compito è denunciare e difendere. E di solito lo facciamo. Tuttavia, questa stessa domanda va rivolta ai media, molti dei quali sono chiaramente consapevoli di questo dovere e lo adempiono, mentre altri obbediscono chiaramente a slogan più vicini alla misoginia o direttamente all'oppressione. Per questo ci sembra molto importante la cosiddetta Carta di Roma, un codice etico redatto dagli organismi ufficiali dei giornalisti italiani per affrontare il tema delle migrazioni.

Come vede questo nuovo paradigma globale in materia di uguaglianza di genere, inclusione e ricerca di leggi che proteggano le donne?
Con molta speranza, ma se devo essere sincera anche con una punta di scetticismo. Ci sono voluti secoli per arrivare a ciò che adesso abbiamo raggiunto, ma sempre pende sulle nostre teste la spada di Damocle dell’oscurantismo e di un becero patriarcato che, con facili slogan, vuole farci ripiombare nel passato. Per citare un esempio attuale, la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che recentemente ha abolito la storica sentenza con cui nel 1973 la stessa Corte aveva legalizzato l'aborto in quel Paese. La strada è ancora molto ripida, ma bisogna continuare ad insistere, non smettendo di fare pressione per sensibilizzare su questi temi.

Si aspetta che l'AMPPE si impegni in modo particolare sui temi di genere?
In questo congresso l'AMMPE rinnoverà i suoi statuti e, tra l'altro, mi auguro che i temi di genere abbiano un ruolo fondamentale nell'azione che l'Associazione, attraverso tutti i suoi capitoli nel mondo, sviluppa d'ora in poi, fedeli a ciò che indica il suo nome.

Al termine di questo congresso lascerai la Presidenza dell'Associazione, carica che hai ricoperto in tempi particolarmente difficili, nel mezzo di una pandemia e di una guerra che hanno assolutamente alterato la vita delle comunità del pianeta, con una sorta di terremoto economico, alimentare e finanziario globale Qual è la tua riflessione sul ruolo dei media, dei giornalisti e degli scrittori in questo difficile contesto?
Innanzitutto permettetemi di esprimere la mia ammirazione per le centinaia di professionisti della comunicazione (giornaliste, giornalisti, scrittrici, scrittori) che sono stati in prima linea nell'informazione sia sulla pandemia che sulle guerre (a volte dimentichiamo che non è solo una) che vengono perpetrate nel mondo. Mi scuso se a qualcuno sembra controproducente standardizzare entrambe le circostanze, ma lo faccio per rispondere alla sua domanda: il ruolo del giornalismo e della letteratura (anche quella di finzione), è quello di comunicare e rappresentare la realtà del momento in cui vivono, sia in un servizio giornalistico, in un romanzo, o in una relazione scientifica. Non ho dubbi che rispettando questo ruolo fondamentale, sono state salvate molte vite (per esempio promuovendo la vaccinazione), come pure facendo sì che la società prendesse coscienza e si mobilitasse a favore di valori importanti come la pace, la solidarietà con i rifugiati e la denuncia degli abusi. Il ruolo dei media è riconoscere questo sforzo facilitandolo, proteggendolo e diffondendone i risultati. Se sono riuscita a contribuire alla sensibilizzazione e alla messa in pratica di questo ruolo durante questa Presidenza straordinaria, allungata dalla pandemia e sfidata proprio da questo isolamento globale necessario e così controproducente per noi professioniste e professionisti della comunicazione, avrò svolto il mio compito. Chi sarà scelta per succedermi avrà tutto il mio sostegno, trasferendo in lei l'esperienza acquisita in questo incarico, difficile e allo stesso tempo molto affascinante.

Intervista di Milly Miranda
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INTERVENTO DI PATRICIA MAYORGA, presidente uscente di AMMPE WORLD

Cari amiche, amici, colleghe, colleghi, autorità universitarie e istituzionali 

Ringrazio innanzitutto il Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Roma 3, Prof. Daniele Fiorentino, per la possibilità di poter tenere questo evento nei prestigiosi locali di questa casa di studi superiori, un evento che non sarebbe stato possibili senza il supporto della Professoressa Maria Rosaria Stabile, già vicerettore di questo Ateneo che oggi non può essere qui perché partecipa al Congresso Nazionale della Società Italiana di Storia Contemporanea, a Matera, ma che è più che degnamente rappresentato dalla prof.ssa Laura Fotia.

Mariana Diaz mi ha già preceduto ringraziando tutti i partner e gli sponsor, quindi non mi dilungo su questo, se non per ribadire che senza questo supporto non sarebbe stato possibile organizzare questo Congresso.

Secondo i nostri Statuti, il mandato è biennale e il periodo termina con un Congresso Mondiale nel paese di residenza della Presidente. Pertanto, il Congresso successivo, il ventiquattresimo, avrebbe dovuto tenersi a Roma nel 2020, ma per ragioni di forza maggiore, e quali ragioni! Una pandemia globale siamo state costrette a rimandarlo.

“Le sfide della comunicazione a livello planetario” era il titolo generico poiché in una società globalizzata e il conseguente scenario in cui dobbiamo operare, anche se con sfumature diverse e specifiche a seconda di dove siamo, ci impone di dare risposte globali ai problemi che ci toccano allo stesso modo, al di là della regione in cui dobbiamo esercitare la nostra professione.

Quando ho scritto questa frase, a metà del 2019 dopo aver accettato questa carica, non avrei mai immaginato – come nessun altro – che in pochi mesi le nostre vite sarebbero cambiate radicalmente, che una minaccia globale aleggiasse sulle nostre teste: il virus chiamato Covid 19, il che ci farebbe ripensare a molte delle nostre certezze. Poi, quando molto lentamente stavamo cominciando ad emergere dalla palude, una guerra bussa alle porte dell'Europa comunitaria, per non parlare delle tensioni in Estremo Oriente.

Ho volutamente lasciato il cambiamento climatico all'ultimo posto, non perché sia ​​meno importante, ma proprio al contrario. Perché è ciò che più ci condiziona di fronte alla quasi totale indifferenza planetaria, tranne quando le piogge, gli uragani, le valanghe, gli incendi (non sempre casuali) ci colpiscono direttamente. Poi l'emergenza passa e la notizia dell'imperativa necessità di variare il percorso in termini di clima si sposta dalla prima pagina a poche righe interne.

Tuttavia, come sta dimostrando la pandemia, la crisi climatica, le tensioni internazionali sono fenomeni globali che dimostrano che siamo legate e legati non solo a un mondo condiviso, ma interdipendente.

Tornando alle ragioni che ci hanno costretto a posticipare la data, dopo un iniziale momento di smarrimento, abbiamo potuto vincere la sfida del confinamento globale e coordinare il supporto necessario per continuare a svolgere le nostre attività istituzionali attraverso le diverse piattaforme digitali a disposizione.

Il contributo e la solidarietà così tipici delle nostre socie, sono stati messi a disposizione di questa Presidenza per continuare le nostre attività e dimostrare che anche le difficoltà sono uno stimolo. Consentitemi qui di fare una digressione: ci sono molte colleghe che hanno partecipato attivamente alla preparazione di questo Congresso in vari modi e che ora non sono qui per vari motivi. Saluto in modo particolare Verónica López, Presidente dell'Associazione cilena, e tutte le colleghe che in un modo o nell'altro ci hanno sostenuto. Non le nomino per ragioni di tempo, ma sul nostro sito verrà specificato chi sono.

(Mi riferisco a Laura Reyes, Isabel Seguel, Milly Miranda, Gabriela Toro, Pierina González,  Francesca Biliotti, MichaelaNamuth, Rosella Foccaccio, Liliana Bonfiglio, Susanna Clavarino, Trisha Thomas, carissima amica che ha tradotto queste parole dalla lingua di Cervantes, a quella di Shakespeare. E soprattutto, alla nostra socia più giovane, Maria Chiara Petrassi che ci ha dato tutto il suo slancio giovanile per quanto riguarda i Social Network e che in questo Congresso sta no solo monitorando l'importante settore tecnologico, ma anche curando i dettagli piccli, e meno piccoli).

Tornando al nostro lavoro di questi 4 anni, con relatori di primo livello, abbiamo fatto incontri su temi che ci coinvolgono direttamente, come il sessismo nei media, o il ciberbullismo, intensificato durante la pandemia.

Abbiamo anche portato la voce dell'AMMPE in vari forum internazionali,l'ultimo dei quali lo scorso novembre a Barcellona, ​​​​un interessante confronto femminista sul giornalismo da entrambe le sponde del Mediterraneo. Oppure in "Aspettando le donne del G-20", evento organizzato in Italia dal comune di Santa Margherita Ligure in occasione del vertice dei leader mondiali, la cui versione ufficiale si è conclusa quest'anno con una "fotografia di famiglia" in cui non appare nemmeno una donna, dopo il ritiro di Angela Merkel. Il che indica che anche la strada verso la parità è lunga...e oserei dire ancora piuttosto ripida.

Insieme e dai nostri schermi di tutto il mondo, ci siamo rallegrate e congratulate con la nostra collega filippina Maria Ressa per il suo più che meritato Premio Nobel per la Pace, e abbiamo denunciato ed espresso la nostra solidarietà alle colleghe che sono state attaccate ovunque, come Lucia Goracci , inviato della RAI italiana rapita e picchiata da una senatrice No Vax in Romania; o Jenny Pérez, violentemente aggredita e persino minacciata di morte dai seguaci del leader politico di estrema destra cileno José Antonio Kast a seguito di un'intervista per la rete tedesca DW dove lavora.

Non si può dire che questi due anni siano stati privi di alti e bassi, tanto più che in certi momenti l'unica certezza era l'incertezza. Ma eccoci disposte in questi tre giorni ad ascoltare voci diverse, a volte in contrasto con quelle che sono le nostre certezze, la nostra verità. Ed ecco il ruolo di noi comunicatrici da tutto il mondo: la necessità di dire la verità attraverso la nostra narrazione, verità che, ovviamente, va di pari passo con la possibilità che abbiamo di esprimerla, cioè con la libertà di stampa.

So che qui sto andando in un terreno difficile, perché la verità è una parola chiave della filosofia e un tema che è cambiato nel tempo, così come la libertà. Molte domande vengono sollevate in relazione alla verità. Qualè la verità? C'è una sola verità o ce ne sono molte? E se questa verità esiste, possiamo conoscerla davvero o semplicemente cercarla senza mai poter dire di averla trovata?

Non farò un giro di questo concetto partendo dai primi filosofi dell'antichità che iniziarono a discutere del processo della conoscenza come Eraclito o Parmenide, ma farò un salto di ben due  millenni, per arrivare al tema che più ci coinvolge in questi tempi come comunicatrici e comunicatori: la post-verità.

Secondo la Real Academia Spagnola, il termine post-verità sarebbe una deliberata distorsione di una realtà che manipola credenze ed emozioni al fine di influenzare l'opinione pubblica e gli atteggiamenti sociali. Secondo questa definizione: “I demagoghi sono maestri della post-verità”.

Poi, secondo il dizionario Oxford, è il fenomeno che si verifica quando "i fatti oggettivi hanno meno influenza nella definizione dell'opinione pubblica rispetto a quelli che fanno appello alle emozioni e alle convinzioni personali". Quando sono arrivata in Italia, mi è stato difficile afferrare il concetto di "mente sapendo di mentire": non sto dicendo che la post-verità sia di per sé affermare concetti lontani dalla verità, anche se c'è anche molto di ciò, ma manipolando piuttosto efficacemente le convinzioni, le emozioni, e soprattutto le insicurezze e le paure per ottenere un certo fine: cioè non viene messo in discussione il fatto specifico, ma le conseguenze che un determinato fatto potrebbe generare.

Gli esempi sono molteplici e coprono l'intera geografia planetaria, per questo motivo è un argomento su cui comunicatrici e comunicatori di tutto il mondo non possono smettere di riflettere. Stiamo appena uscendo, con passi brevissimi e molto cauti, dalla pandemia che ci ha colpito senza distinzioni di sesso, razza, religione, con l'unica eccezione che, come sempre, i settori più diseredati e vulnerabili sono stati i più colpiti.

Durante questo periodo drammatico, parole come Covid, virus, pandemia, droga hanno iniziato a occupare la maggior parte se non tutto lo spazio mediatico. Lascio per ultima, non perché sia ​​meno importante, ma perché è quella che più ha condizionato e diviso, la parola “vaccino”, da cui si è diffuso ampiamente il concetto di post-verità.

Indubbiamente ci sono persone per le quali la LORO verità è che i vaccini producono effetti collaterali molto gravi, e mi riferisco ai connotati seri di questo rifiuto, non ad esempio a quella "verità" che afferma che ci stanno iniettando un chip per spiarci durante le 24ore. Gli esempi di post-verità, concetto apparso per la prima volta all'inizio degli anni Novanta, potrebbero essere molteplici e coprire vari ambiti della nostra vita, forse il più delicato è quello legato alla politica, a cui mi riferirò senza però entrare nei dettagli.

Sebbene la manipolazione della verità in politica non sia una novità, i leader politici, i loro portavoce e i loro gruppi di influenza, nello sforzo di connettersi emotivamente con i cittadini e convincerli a condizionare le loro decisioni, hanno dimostrato che la verità non è più in competizione con la menzogna , ma con altre ipotetiche verità. Ora, la costruzione del discorso politico post-verità è stata rafforzata da un altro fenomeno in crescita che si è sviluppato negli ultimi anni: le bufale, le fake news.

Uno dei più importanti intellettuali in Italia, Umberto Eco ha dedicato i suoi ultimi anni (è scomparso nel 2016) alla necessità di riscoprire la verità per stabilire un'etica dell'informazione. Una sua frase che ha fatto molto scalpore è stata: "Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere"

Sorge una domanda logica. Cosa possiamo fare noi che lavoriamo in diverse aree dell'universo comunicativo per cercare di affrontare con successo il problema della post-verità, e soprattutto per  essere credibili? Non credo infatti di esagerare se dico che questo è un periodo molto difficile per la nostra professione in termini di credibilità.

Certo non ci sono risposte univoche, ma credo che il dovere principale di tutti, comunicatrici e comunicatori sia il rigore della nostra narrazione,al di là del campo politico culturale in cui operiamo.

In questi tre giorni di intenso lavoro parleremo di questioni fondamentali della società, che riguardano direttamente in un modo o nell'altro la nostra vita di esseri umani, di cittadini, cioè di abitanti di questo pianeta.

Ci scambieremo informazioni sulle migrazioni in varie parti del pianeta, con tutto il suo carico di dolore e dramma, sui progressi o battute d'arresto che si notano nella libertà di stampa, soprattutto dopo l'era digitale, sui diritti umani, soprattutto di fronte della situazione delle donne dopo la pandemia, l'ambiente e il cambiamento climatico, Internet e i social network: i loro pro e contro, le disparità di genere, gli stereotipi e il linguaggio sessista nel mondo della comunicazione. E per non  sottolineare soltanto i drammi dell'universo femminile, si parlerà anche della grande creatività delle donne con giornaliste, imprenditrici di vari settori, registe.

Sono stati quattro anni difficili ma senza ombra di dubbio molto interessanti. Probabilmente avremmo potuto pensare a molte altre cose in questi anni. Le faremo perché continuiamo ad andare avanti e, come scrisse il grande poeta sivigliano Antonio Machado….il cammino si fa camminando.

Grazie mille. Patricia Mayorga


 

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