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'Carne della mia carne': storia d’amore e di lotta

'Carne della mia carne': storia d’amore e di lotta

Il libro di Annalisa Pacinotti, vincitore della prima edizione del Premio Clara Sereni (ed Ali&no), sul tema dell'adozione. Intervista all'autrice

Venerdi, 10/12/2021 -

Con “Carne della mia carneAnnalisa Pacinotti ha voluto raccontare la storia d’amore di una madre per la sua bambina adottata e la lotta che ha dovuto sostenere per contrastare da un lato la burocrazia e dall’altro i pregiudizi radicati nella società nei confronti dei rom. “Carne della mia carne” è un romanzo autobiografico “scritto come una lunga lettera d’amore alla giovane figlia adolescente”. Nel 2020 si è classificato al primo posto tra gli inediti del Premio nazionale Clara Sereni, con la seguente motivazione “Con una scrittura potente e realistica, l’autrice porta in primo piano temi forti e drammatici del vivere civile e li trasforma in vera letteratura, richiamando l’attenzione sul ruolo della genitorialità oltre il legame di sangue, oltre il razzismo, oltre il giudizio della società contemporanea che non sa (o non vuole) ritagliare adeguati spazi di riflessione sulla diversità e l’inclusione, ma soprattutto sulla scelta consapevole di una maternità adottiva”. Come da regolamento del Premio, il romanzo è stato pubblicato dall’editrice Ali&no che è tra gli ideatori e sostenitori dell’iniziativa. La recente uscita del libro offre lo spunto per raccogliere alcune riflessioni dell’autrice.

 

Quale è stata la molla che le fatto sentire l’esigenza di scrivere la sua storia?

Quando ho iniziato a scrivere quello che in seguito è diventato “Carne della mia carne” non avevo alcuna intenzione di farne un libro. Volevo bensì lasciare una memoria scritta a mia figlia per raccontarle alcuni eventi della sua vita  e  le vicissitudini inerenti alla sua adozione.

In quel periodo avevo da poco scoperto di avere un tumore molto aggressivo e mi resi conto che se fossi morta, evenienza che prima della malattia non avevo quasi mai tenuto in considerazione, mia figlia sarebbe rimasta orfana di mamma e di ricordi. Fu mio fratello Gianni, a cui  erano piaciute molto  alcune pagine che gli avevo letto, a dirmi che avrei dovuto farne un libro. Mi detti perciò un paio di regole di scrittura: alla prima,  ovvero quella di non mentire, che avevo già adottato mentre scrivevo soltanto per mia figlia ne aggiunsi altre due: decisi di scrivere solo i fatti cercando di non accompagnarli dai miei giudizi morali per evitare di accompagnare per mano il lettore a condividere la mia visione delle cose, né per trasmettergli un messaggio etico. E in fine mi imposi di non cercare mai di fare ‘bella figura’ o di voler sembrare meglio di come io non fossi in realtà.

 

Sua figlia oggi è una giovane donna consapevole del lungo e doloroso percorso compiuto insieme per arrivare all’adozione. Le domando se, una volta chiuso un capitolo così difficile, anche la scelta di far conoscere questa storia è stata condivisa con lei…

Certo che è stata  condivisa con lei! Non ho mai pensato che mia figlia fosse una mia estensione e perciò costretta a subire o a condividere per forza le mie scelte. L’ho sempre vista come una persona a sé e non come una mia subordinata, anche quando era piccolissima (per me minore non è sinonimo di minorato) quindi  figuriamoci se adesso che è adulta, avrei potuto decidere di non condividere con lei una faccenda che la riguarda in prima persona.

Titta è stata tra le prime a leggere “Carne della mia carne” e l’ha fatto molto prima che diventasse un romanzo. Se non avessi avuto la sua approvazione non lo avrei mai mandato a un concorso né tanto meno l’avrei pubblicato.

C’è una cosa che tengo però a specificare: il percorso per la sua adozione per me  è stato lunghissimo e in alcuni periodi anche molto doloroso, ma ho cercato di non farlo pesare su lei che era una bambina. Quindi è stato un periodo duro ma anche costellato da grandi gioie e anche tanto divertimento. Non credo che mia figlia l’abbia mai vissuto come un ‘dramma’, quindi per  lei ricordare certi momenti non è traumatizzante ed è più facile che le suscitino il sorriso piuttosto che il dolore.

 

Per l’immagine di copertina è stata utilizzato un disegno di sua figlia: qual è la motivazione e cosa rappresenta?

Durante il primo lockdown  mio marito ed io decidemmo, ovviamente in accordo con lei, di trascorrerlo insieme a nostra figlia . Costretta a stare in casa, Titta aveva riscoperto  la sua antica passione per il disegno e passava molte ore dipingendo ritratti a noi, ai cani, agli amici che le mandavano le loro foto.

Fece anche il disegno per la copertina di un saggio di mio marito e ci venne in mente di provare a fare di “Carne della mia carne” un libro illustrato, di quelli che usavano quando io ero ragazzina, Titta dipinse quindi cinque o sei illustrazioni ispirate ai brani del libro che più l’avevano coinvolta. Quando vinsi il Premio Clara Sereni, e di conseguenza la pubblicazione del libro, mi venne abbastanza naturale chiedere all’editrice se fosse possibile utilizzare una delle illustrazioni che aveva fatto mia figlia come immagine di copertina.

Gliene sottoponemmo alcune e fu scelta quella in cui io, con diversi anni e parecchi chili  in meno, leggo un libro a mia figlia ancora bambina. Quell’immagine rappresenta uno dei momenti tipicamente nostri, infatti durante la sua infanzia le leggevo tantissimi libri e cercavamo di trascorrere all’aperto, nei boschi o sul mare, tutti i nostri momenti liberi.  

 

Quale pensa (spera) che sarà l’effetto di questo libro nella società?

Sinceramente non è un problema che mi interessa, nel senso che non credo che la funzione dei libri sia quello di incidere sulla società.

Per lo meno non dei romanzi. Un romanzo non è un saggio né un comunicato politico, né tanto meno un libretto di catechismo.

Non credo nella letteratura ‘militante’, né nei romanzi che educano  veicolando un messaggio.  ‘Contro l’impegno’ di Siti spiega molto meglio di me questo concetto.

La funzione del romanzo è raccontare una storia e smuovere qualcosa dentro al lettore, magari lasciando un segno in chi la legge. Credo che un romanzo sia valido solo se lascia libero il lettore di provare quello che vuole e non se dà un insegnamento, per quello ci sono i sussidiari, o i manuali per l’uso.

Però mi è capitato che alcune persone che lo hanno letto mi abbiano scritto dicendomi che “Carne della mia carne” le ha aiutate molto ad intraprendere con meno angoscia il percorso per adottare un bambino e per chiarire dentro se stesse le motivazioni che le spingevano a farlo. E onestamente la cosa mi ha fatto molto piacere

 

Biografia

Annalisa Pacinotti è nata a Pisa nel 1957 dove ha vissuto fino al 2013 lavorando nel suo negozio di costumi ed abiti di epoca.  Come costumista ha collaborato con diverse compagnie della zona. A livello di volontariato ha inoltre partecipato ad alcune produzioni messe in scena con persone fragili e detenuti in regime di semi libertà. Nel 2020, nell’ambito del Concorso nazionale “Donna sopra le righe”, le è stato assegnato il Premio Speciale Andrea Camilleri per il racconto Frammenti. Con Carne della mia carne, il suo primo romanzo, ha vinto la I edizione del Premio Letterario Nazionale Clara Sereni per la Narrativa inedita.


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