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A Roma il progetto ‘Altra@Autonomia’, ovvero l’indipendenza possibile

A Roma il progetto ‘Altra@Autonomia’, ovvero l’indipendenza possibile

Le due ‘Case Vitinia’ attualmente ospitano otto persone adulte con disabilità: un percorso che guarda il dopo di noi, tra speranze e incertezze delle famiglie. Incontro con l’équipe che gestisce il servizio fino a ottobre

Sabato, 01/07/2023 - Avviare percorsi di autonomia per persone adulte con disabilità che hanno tra i 18 e i 60 anni nell’ambito di un progetto di semiresidenzialità. Si chiama ‘Altra@Autonomia’ e lo ha attivato il Municipio IX di Roma con i fondi del PNRR, spesi in tempi brevissimi. Due appartamenti nello stabile di Via Gemmano a Vitinia sono stati ristrutturati in modo ergonomicamente adeguato, utilizzando materiali ignifughi e sono interamente domotizzati, consentendo la piena attuazione del progetto che ha, tra le sue finalità, anche quella di accompagnare nell’acquisizione di competenze digitali per le 8 persone che hanno aderito al bando, ma si è avviato un percorso che porterà a 12 gli inserimenti definitivi

Il Municipio ha affidato la gestione di ‘Casa Vitinia’ a tre cooperative sociali specializzate nell’assistenza - ‘Le Mille e una notte’, ‘Eureka I Onlus’ e ‘Obiettivo Uomo’ - che ne curano tutti gli aspetti, di natura educativa ed organizzativa. Il progetto dura 12 mesi e, fino ad ottobre 2023, si snoda attraverso tre fasi in cui gli e le utenti sono accompagnati nella progressiva acquisizione di una sempre maggiore autonomia. La fase propedeutica, finalizzata prevalentemente alla socializzazione e a consolidare un’autonomia di base, ha previsto laboratori settimanali; con il secondo step il gruppo ha sperimentato la semiresidenzialità con soggiorni dal venerdì alla domenica: un passaggio importante per il progressivo adattamento alle nuove situazioni. Nella terza fase, da giugno a ottobre, il periodo di permanenza nei due appartamenti sarà settimanale con l’obiettivo di consolidare i percorsi di autonomia.

“Ogni appartamento ospita tre o quattro persone (con il progetto a regime saranno 6), con un rapporto medio di un operatore per ogni due utenti presenti nel gruppo - spiega l’équipe che abbiamo incontrato sul posto - e insieme pianifichiamo tutte le attività interne ed esterne: dalle incombenze domestiche (fare la spesa avendo scelto il menù, cucinare e tenere in ordine e pulito l’appartamento) alle uscite per intrattenere relazioni con il territorio e gli abitanti”.

Un aspetto strategico nella riuscita del progetto è il rapporto con educatori ed educatrici che, infatti, assicurano “la presenza h 24 della stessa équipe garantendo continuità nelle relazioni con utenti e famiglie”. L’attenzione verso i genitori è massima e per questo è a disposizione “una psicologa quale sostegno e supporto nella fase della transizione, un servizio mensile che offre uno spazio di dialogo molto apprezzato”. L’esperienza della semiresidenzialità è una prova anche per le famiglie, che la vivono tra preoccupazioni e speranze con la trepidazione per il distacco e la vaga ipotesi di avviare la costruzione di un futuro sereno per i loro figli e figlie.

L’arrivo nei due appartamenti, cui assistiamo un venerdì pomeriggio, restituisce l’atmosfera di una piccola vacanza, con la sistemazione dei bagagli negli armadi e le ultime raccomandazioni dispensate tra sorrisi e abbracci. Dalle riflessioni di alcuni genitori, basate principalmente sulla felicità che esprimono i figli e le figlie nel varcare la soglia delle Case, emerge l’apprezzamento per una struttura perfettamente organizzata e la consapevolezza del grande valore di un’opportunità offerta. Sullo sfondo rimane l’interrogativo della continuità del servizio, che il progetto per ora non prevede. Gli operatori e le operatrici comprendono bene il problema e spiegano che “le due Case di Vitinia, di proprietà del Comune di Roma, sono destinate a permanenze temporanee per fasi propedeutiche al distacco dalle famiglie nell’ipotesi di collocazioni in luoghi che devono essere successivamente individuati oppure organizzati con iniziative autonome delle famiglie, come prevede la legge sul dopo di noi”.

Si tratta di percorsi lunghi e non agevoli, per i quali progetti come ‘Altra@Autonomia’ hanno la prospettiva “di essere inseriti in un obiettivo complessivo che il Comune di Roma si è posto attivando un Tavolo di consultazione permanente con gli operatori”.

Questa visione programmatica e strutturale dell’Amministrazione Capitolina, destinata ad avere un impatto nei Municipi, potrebbe essere una buona notizia proprio perché il nodo critico è il carattere temporaneo del servizio, mentre quella che occorrerebbe è “la continuità degli operatori, la garanzia delle risorse economiche e la disponibilità delle strutture perché non va mai dimenticato che ogni persona ha esigenze differenti e che i percorsi di autonomia sono costruiti sulle specifiche capacità, desideri, competenze e attitudini: un insieme di fattori che richiede un grande lavoro di rete con équipe multidisciplinari in grado di accompagnareciascuno nel lungo periodo”.

Un lavoro in cui competenze e professionalità sono strettamente intrecciate all’umanità degli educatori. “Sono innamorato di questo lavoro, che faccio da 15 anni con tanta passione - dice Carlos Nobile, sottolineando l’importanza della collaborazione con le famiglie - che devono aiutarci a capire i loro ragazzi per fare il loro bene".

Il rispetto per le persone con cui lavorano è il tratto unificante delle osservazioni che raccogliamo tra operatori e operatrici di ‘Casa Vitinia’. “In un mondo di apparenze, qui siamo tutti noi stessi: con gli utenti non ci sono filtri e l’autenticità è un dono che apprezzo tanto” osserva Rita Carli seguita da Antonio Andolina, un passato nell’esercito, che apprezza “il grazie puro dei ragazzi” e segnala i “tanti pregiudizi che ancora esistono nella società nei confronti della disabilità a causa della scarsa informazione”.

Le motivazioni profonde che animano gli educatori, insieme alla passione per un lavoro non facile e anche faticoso, le descrive Pina Pasqualucci con una efficace battuta e un sorriso: “io mi diverto davvero a stare con i ragazzi: ho iniziato che ero giovane e ora, a 63 anni, lavoro ancora con passione!”

Dal canto suo Massimiliano De Vizi sottolinea il problema della “temporaneità di un servizio ospitato in strutture fantastiche, ben fatto e molto utile”.

Una criticità che si riverbera anche sugli operatori, nonostante i livelli di professionalità che il servizio richiede e che le cooperative garantiscono, come spiega Barbara Bencini. “La professionalità degli operatori è alla base della riuscita del progetto, che poggia certamente sulla passione e sulla dedizione, ma che è garantito dalla formazione e dalla capacità di svolgere un lavoro di équipe”. Carla Bartolucci, che cura la progettazione e l’organizzazione, arriva al cuore del problema: “faccio questo lavoro dal 1986 e posso dire che per dare servizi di qualità occorre molto lavoro e molta formazione, ma dopo tanti anni riscontriamo sempre le stesse difficoltà: lo spezzettamento dei servizi e la generale situazione di precarietà; dietro ai servizi sociali c’è un lavoro molto importante che non sempre si può fare emergere e che andrebbe riconosciuto, anche con momenti di incontro e supervisione che invece, sempre per limiti delle risorse, non sono contemplati”.

Il tema della frammentazione dei servizi riveste assoluta centralità per la dignità di chi lavora nel settore, con retribuzioni che dovrebbero essere adeguate al valore della professionalità e all’importanza dell’impatto sociale, ma anche per l’efficacia degli investimenti poiché, sottolineano gli operatori: “i cambiamenti richiedono processi lunghi e necessitano di tanta cura nelle relazioni interpersonali per costruire rapporti sereni e di fiducia; per fare un esempio, abbiamo sperimentato che avere gli stessi operatori abbassa i livelli di aggressività oppure agevola la costruzione di relazioni empatiche nei gruppi”. Le novità, per tutti, hanno bisogno di essere metabolizzate. E in alcune circostanze, un poco più complesse, il fattore tempo può fare la differenza tra energie e risorse semplicemente spese oppure investite con ritorni positivi per la società.


LA PAROLA ALLE FAMIGLIE

Durante la visita a ‘Casa Vitinia’ abbiamo incontrato alcuni familiari che accompagnavano i figli per il fine settimana: abbiamo colto l’occasione per raccogliere le loro testimonianze sulla struttura, sulle aspettative, su come vivono l’assenza dei figli…. 

Enrico, papà di Alice
“Una struttura e un servizio come questo - dice il signor Enrico, papà di Alice, 30 anni (nome di fantasia), - ha un valore altissimo per quello che in prospettiva può significare per un genitore. Il tempo passa e le aspettative sono di trovare una struttura che un domani possa prendersi cura di Alice e di cui possiamo fidarci. La preoccupazione, molto forte, è di incappare in situazioni inadeguate o che non ci facciano stare tranquilli. Alice ha un fratello, ma vorremmo evitare di sovraccaricarlo di responsabilità. Del resto sappiamo, per esperienza, che le istituzioni non ci sono vicine: siamo noi che dobbiamo andare a scavare, a capire, ad informarci, a studiare le leggi che spesso sono contrastanti e non sappiamo a chi rivolgerci per farci aiutare a risolvere i problemi … Invece questa iniziativa pubblica è una piacevole sorpresa, rappresenta una speranza ed è comunque una strada che va percorsa e che bisogna vedere dove porta. Noi come famiglia, guardando al dopo di noi, non escludiamo la partecipazione attiva al progetto, anche economica, ma bisogna capire di che si tratta: non abbiamo patrimoni infiniti e per la stabilizzazione deve intervenire il pubblico o più persone. Insomma, questo è un pensiero preoccupante. Qui negli operatori abbiamo trovato persone disponibili, attente e competenti. Infatti Alice viene molto volentieri e tutte le mattine chiede quanto tempo manca a tornare al Centro, a quello si chiama il weekend di Vitinia. È un cambio di habitat che a lei fa molto bene e a casa mamma e papà, che hanno sulle spalle una fatica trentennale, hanno un poco di respiro …”. 

Norma, mamma di Elena
“Ho la speranza che questo bellissimo luogo possa diventare un dopo di noi - dice la signora Norma, mamma di Elena, 56 anni - dopo un’altra esperienza che purtroppo è terminata perché sono finiti i fondi. Tutti ci auguriamo che qui possa continuare anche perché per me, che sono vedova e non ho altri figli, con il passare del tempo pensare al futuro è molto pesante e devo trovare una soluzione. Comunque è utile quello che fanno in questa struttura per insegnare ai ragazzi l’autonomia, a fare la spesa, a cucinare. Elena è abbastanza autonoma, ma le fa bene misurarsi in un altro ambiente con altre persone e viene volentieri. Chi sta male oggi sono io, perché già so che mi mancherà, perché lei parla molto e mi occupa molto il tempo…. però si fa per il suo bene…”. 

Rosalba, mamma di Salvatore
“Da quando siamo passati al weekend l’ansia mi sta salendo, lui non si vuole staccare da me e questo è un problema, dobbiamo fare qualcosa di graduale. Salvatore è andato sempre nei centri ma non è abituato a dormire fuori e soffre per il distacco dalla sua casa e dalle sue abitudini. Però è una cosa importante farlo per lui, anche gli operatori mi hanno detto di non forzarlo. Al dopo di noi ci pensiamo tantissimo e, anche se Salvatore ha una sorella che è disponibile, non possiamo far pesare tutto su di lei e dobbiamo trovare delle soluzioni. Poi qui, mentre socializzano i ragazzi socializziamo anche noi e chissà… magari anche questo ci può aiutare…”. 

Giuseppe e Rossella, papà e mamma di Ludovica
“Per noi è bello e importante per far passare momenti diversi a Ludovica insieme ad altri ragazzi e ragazze, con la speranza che si possano creare i presupposti perché, il più lontano possibile nel tempo, ci possa essere una soluzione con il dopo di noi, con l’auspicio che possano concretizzarsi tutte le cose belle che dice la legge, sinora molto difficili da attuare - spiega il signor Giuseppe -. Siamo contentissimi che nel nostro Municipio sia iniziato questo progetto e, anche se dura un anno, è già positivo per l’aggregazione che innesca con operatori competenti. Ma è ovvio che il progetto, per avere un senso rispetto al dopo di noi, deve continuare. Lo speriamo”.
“Sono contenta che Ludovica abbia questi spazi, è un sollievo anche per noi avere uno spazio di libertà mentre sappiamo che è mani sicure - sottolinea la signora Rossella - e siamo tranquilli. Vediamo che Ludovica viene molto volentieri ed è contenta, speriamo non finisca presto anche perché è importante la progressione che consente una sempre maggiore autonomia. È importante che Ludovica faccia cose diverse, che cambi ambiente ecco….l’ho vista che gira liberamente come fosse a casa sua... la struttura è perfetta ed è studiata per essere funzionale. Ogni ragazzo fa quello che può. Siamo molto contenti…”.


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