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Cecilia e la Pantera

Cecilia e la Pantera

A Monaco di Baviera in scena la commedia "Umkehr-Horizont" ovvero “Orizzonte Rovesciato” di Cecilia Gagliardi

Giovedi, 18/11/2021 - Può l’orizzonte rovesciarsi? E che accade in questo frangente? Vengono proibiti i fiori, i desideri, il toccarsi e forse solo ci è consentito allora di lanciare i nostri passi in uno stretto asettico recinto? Nella poesia “La Pantera” di Rilke all’inizio viene descritto lo sguardo stanco della pantera, poi il suo modo di camminare e alla fine la sua vita interiore, la poesia ci mostra un animale catturato che a guardarlo dall'esterno sembra essere ancora quello che era una volta, dall'interno però è del tutto privo di ogni vitalità.

La regista Cecilia Gagliardi, che vive stabilmente a Monaco di Baviera, durante il lungo tempo trascorso in lockdown, traendo ispirazione da questa poesia che Rilke scrisse nel novembre del 1902, ha scritto la commedia "Umkehr-Horizont" ovvero “Orizzonte Rovesciato” e l’ha messa in scena al Germeringer Theater imRoßstall dal 24 ottobre scorso con repliche fino al 28 novembre.

Siamo nel 2060, lo spettacolo comincia con la poesia di Rilke che ne è appunto il Prologo, dopo di che i protagonisti agiscono come è prassi nell’anno 2060:si vive solamente in gruppo, la gente lavora, fa sport, torna a casa, dorme, mangia pillole per sopravvivere, viene sorvegliata da sistemi installati volontariamente, le malattie non esistono più ma l’arte, il divertimento, il sorriso, gli abbracci, la danza, il teatro, la gastronomia sono proibiti, la Cultura è considerata un virus.

Essi ricorrono all'alcol per mantenersi in salute, ogni volta disinfettano accuratamente perfino la pillola che è l’unico cibo prima di ingoiarla, la simultaneità nel sedersi e alzarsi, il modo scattante nell’assecondare un comando sonoro che, quando meno se lo aspettano, li induce a fare ginnastica fanno pensare di assistere a esercizi fisici militari, l’unico svago loro consentito è lo stress che pure esso è vissuto come un comandamento.

Scenografia, colori che dai toni del grigio diventano poi decisamente altro da esso, la bravura degli attori, gli espedienti visivi messi in scena dalla regista tutto risulta molto efficace, i protagonisti indossano cuffie chirurgiche e stivali di gomma, fanno uso smodato di disinfettante e hanno dismesso ogni desiderio pur di contrastare il virus … della cultura.

Fino a che in questo gruppo tanto coeso non entra a fare parte una giovane donna che a tutto questo oppone la sua vivacità, la sua bellezza, il suo desiderio di lanciare passi non imbrigliati, insomma la Pantera prima che fosse catturata. Ovviamente da lei tutti gli altri prendono le distanze, si tengono accortamente lontani e la ricacciano indietro ad ogni passo. Finché una notte… ad uno ad uno e, all’insaputa l’uno dell’altro, ciascuno dei coinquilini la scorgono addormentata sul divano dopo che, uscita dalla sua stanza in cerca di qualcosa da mangiare che non fosse una pillola, ella frana esausta sul divano.

E allora ecco la punta di diamante dell’intero spettacolo, uno dopo l’altro nello sporgersi sul suo corpo disteso e addormentato sono tentati di toccarla e ognuno comincia a digitare sul corpo della giovane come su di un pianoforte. E, in virtù di questo toccare, ciascuno di loro riesce a toccare le proprie dimenticate corde. E non è certo un caso che l’autrice e regista di questo spettacolo sia anche una valente musicista.

Colpi di scena, sovvertimenti imprevisti, profondità e leggerezza, umorismo fanno sì che gli spettatori abbiano riso, siano stati catturati, applaudito molto e anche a me, assieme a loro, è piaciuto tanto essere contagiata dal portentoso virus culturale veicolato da questo spettacolo.
immagine: un momento dello spettacolo, foto di di Peter Wimmer


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