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Dall'Italia la missione di pace del Mean per l'Ucraina: Cracovia - Kyiv - Kharkiv

Dall'Italia la missione di pace del Mean per l'Ucraina: Cracovia - Kyiv - Kharkiv

L'attacco dei droni durante il viaggio. Il diario di Pinuccia Montanari

Lunedi, 06/10/2025 - 30 settembre e 1 ottobre 2025
Cracovia in partenza per Kyiv.

Eravamo anche noi tra i 110 volontarie/i su quel treno sfiorato da missili e droni. Abbiamo sentito le esplosioni, la contraerea che distruggeva i droni. In una notte sono stati lanciati a Leopoli una quantità incredibile di droni e missili. Ma d’altra parte noi venivamo da Kharkiv dove ogni ora di notte vengono lanciati anche sino a 40 droni e missili balistici.
Prima del mio racconto giorno per giorno non posso non ricordare quello che e’ appena accaduto.
Questa notte 4/5 ottobre 2025 vi è stato un pesantissimo attacco russo in molte aree del paese e a Leopoli (Lviv) con droni, bombe a grappolo, missili da crociera x101 e ipersonici Kinzahl. Vicino alla stazione pesanti e continue esplosioni, con diverse esplosioni che hanno illuminato a giorno il cielo notturno, fumo e tantissimi colpi della
contraerea. Da quanto abbiamo appreso grazie alle importantissime app di “allarme” con cui convivono gli ucraini, gli attacchi sono iniziati a Ovest di Kyev nell’Oblast di Zytomyr e seguiti a Rivne e soprattutto a Leopoli. Il treno si è fermato a Leopoli per 2 ore attendendo che si attenuasse il bombardamento ( in realtà si era già fermato alle 2 a metà strada tra Kyiv e Leopoli, perché probabilmente erano iniziati i bombardamenti)ma siamo dovuti rimanere a bordo perché il personale del treno, probabilmente in contatto con le forze armate, riteneva più sicuro poter ripartire velocemente verso il confine.
Il treno é in rientro della quattordicesima missione del Mean, finalizzate all’incontro con la società civile ucraina, per chiedere insieme all’Europa di istituire i Corpi Civili di Pace, con a bordo 110
attivisti italiani di 35 associazioni tra cui Azione Cattolica, Acli, ANCI, MoVI, MASCI, AGESCI, Base Italia, Fondazione Gariwo, Piccoli Comuni del Welcome, Reti della Carità, Progetto Sud, Ordine Francescano Secolare e anche io di Ecoistituto ReGe. Il treno ha poi proseguito la sua corsa ordinaria verso il confine polacco.

Perché eravamo a Kharkiv e questa notte abbiamo attraversato tutto il territorio da Est a Ovest sotto gli attacchi ?
È in corso la quattordicesima missione del Mean dall’invasione russa del Febbraio 2022. Quest’ultima missione è stata costruita nel corso dell’ultimo anno e per la quale abbiamo realizzato decine di incontri online con la società civile ucraina per costruire progetti su quelle che sono le loro reali necessità di andare avanti nonostante la prossimità del
confine russo, 40 km, coperta dai missili russi in 40 secondi. A kharkiv abbiamo incontrato il vertice di una delle 23 Università(che dallo scoppio della guerra è stata chiusa solo 2 settimane) nonostante abbia subito 24 attacchi e in parte distrutta. Lavoratori e imprese di “Risetogheter” in molti casi imprese rase al suolo in cui gruppi di lavoratori stanno raccogliendo fondi per ricostruire. Abbiamo proseguito la costruzione di gemellaggi tra sindaci italiani e ucraini.
Insieme al nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas, il vescovo cattolico e greco cattolico e ortodosso ci siamo riuniti in preghiera al cimitero in onore dei caduti per difendere Kharkiv e dei caduti di tutte le guerre. L’Ucraina si difende da 1319 giorni per il solo desiderio di appartenere all’Europa. E questa notte tra i boati dei missili e il ronzio dei droni la resistenza della contraerea ucraina è stata decisiva anche per noi. Saremo al loro fianco fino a quando sarà necessario. La società civile non può stare solo a guardare, può intervenire e deve farlo ora. La resistenza non è un fatto solo di armi, di finanziamenti e di intese tra governi, ma è soprattutto un sentimento popolare che porta gli ucraini a portare avanti le loro esistenze quotidiane nonostante tutto. Come le donne che abbiamo incontrato nella Cattedrale Sant’Alessandro a Kyiv che si occupano di giustizia riparativa e di anticorruzione , sono oggi senza dubbio la migliore società civile Europa. Ed è con gli ucraini e dall’Ucraina che il Mean chiede all’Europa di essere accanto agli ucraini fino a quando sarà necessario e dí istituire ed inviare i Corpi Civili di Pace.
Noi ora stiamo bene, Abbiamo passato il confine polacco per tornare a casa, gli ucraini purtroppo vivono ancora nel terrore quotidiano

Diario da Cracovia in partenza per Kyiv: il dolore delle donne
Cracovia e Kyiv 30 settembre e 1 ottobre
Anticipo così il mio diario di viaggio quando ancora sul mio telefono suonano gli allarmi che ti invitano a recarti subito in un rifugio. Eravamo arrivate a Cracovia in ritardo. Ma lì era avvenuto il nostro primo incontro con Anna,una giovane polacca. Ci aveva guardato con meraviglia, quando le avevamo detto che, forse saremmo arrivate a Kharkiv, a pochi chilometri dal confine. Anna ci parlava di un suo amico di Kharkiv che aveva perso il papà durante i primi bombardamenti. Era fuggito a Cracovia, ospitato dagli accoglienti polacchi con le loro famiglie. Aveva cercato qualsiasi lavoro pur di mantenere i suoi figli e farli studiare. Noi siamo andati prima a Kyiv poi a Kharkiv per prendere nelle nostre mani le redini della storia, come ci ha ricordato Mns. Visvaldo Kulbokas, Nunzio Apostokico di Kyiv. Abbiamo ascoltato le sue durissime riflessioni sui politici. Ci ha invitato a non lasciare le redini della storia solo in mano ai politici che non hanno visione. Lui si sente più unito al popolo che ai politici. Quello che capiamo subito a Kiev dopo una nottata in treno con tante donne che ritornano a casa, vanno, vengono, e’che la guerra non ferma la vita quotidiana . Come ci ricorda Marcello Bedeschi dell’Anci le prime ad essere bombardate sono le città; per questo le città devono favorire percorsi di pace. Sono gli epicentri dove stiamo andando. I volti delle donne esprimono tutto il dolore di chi non riesce a nasconderlo . La guerra non ferma la vita quotidiana. Abbiamo sostato su piazza Maidan. I volti delle giovani ucraine sono appesantiti da 3 anni di guerra. Siamo andate con i nostri corpi per coltivare i semi di convivenza

Donne mediatrici per la giustizia riparativa
Kyiv 2 ottobre 2025
Voi non sapete cosa è la guerra- scriveva la giovane Yeva nel suo diario e disegnava una cartina della sua città del cuore, Kharkiv, costretta ad abbandonarla per i tanti bombardamenti . Ora con noi c’è Marina nata a Kharkiv . Anche noi lo abbiamo imparato, quando stanotte la guerra che avevamo già visto nei volti addolorati degli abitanti di una città che di sera diventa deserta e totalmente buia, e’ diventata reale con i primi allarmi che li non possono assolutamente essere sottovalutati. ComeYeva racconta, la guerra si è insinuata nella loro vita e non si torna indietro. La giornata è volata via . Prima il dolore dei martiri a Piazza Majdan: ogni bandiera un volto giovane di ragazzino . Giovani donne piangono e pregano in ginocchio. Quando ci raggiunge il Nunzio apostolico l’emozione prende il sopravvento. Siamo ancora qui dopo tre anni e 14 missioni del Mean a piangere l’insensatezza di queste giovani morti. Uno di noi prega forte per tutti nella basilica cattolica di Kiev e ricorda le 52 guerre in atto. Poi lo spazio della Chiesa si trasforma in una sala conferenze e le straordinarie donne dell’Istitute for Peace ci parlano della giustizia riparativa , del loro impegno come esperte dì networking ( mediatrici, facilitatrici, pedagogiste, psicologhe). Hanno lavorato anche in Crimea. La loro missione è molto chiara, la scuola di pace, l’accoglienza inclusiva, la transitionsl justice. A me ricordano tanto la commissione per la riconciliazione del Sudafrica. Parla Rusiana Havryliuc della Università di Chernovitsi, ci parla del loro impegno per sviluppare figure professionali che si occupino di mediazione, per attivare laboratori educativi e scientifici di mediazione, negoziazione e arbitrato. Sono tutte donne quelle impegnate sul fronte della giustizia riparativa.Le ricercatrici ucraine si muovono molto, partecipano ad eventi ovunque. Quel che vien fuori è che il dialogo è la modalità per risolvere i conflitti, non i droni o i missili balistici. Le loro intense attività educative avvengono in cooperazione con la società civile, con le istituzioni pubbliche. L’obiettivo delle loro attività di formazione è quello di sviluppare competenze,, creatività e coraggio. Ed in Ucraina ce ne vuole tanto per ripristinare, le relazioni umane, ricercare la verità, trasformare il conflitto in risorsa, promuovere il dialogo in tempi di guerra, quando la guerra, gli allarmi continui, i droni fanno parte della quotidianità.Abbiamo intrapreso questo viaggio per costruire conoscenze, per disinnescare l’odio. La conoscenza è una forma di disarmo preventivo. Diceva Alex che la pace per essere credibile deve essere visibile. La sua proposta per l’Europa e per il mondo che noi abbiamo ripreso e rilanciato dei corpi civili di pace e’ l’unico modo per affrontare i conflitti, sviluppando laboratori permanenti di convivenza e nonviolenza, dove la sicurezza non è garantita dalle armi, ma dalle relazioni, dalla presenza della fiducia, dalla corresponsabilità per il bene comune. Non è quello che si vive A Kharkiv

Kharkiv 2/3/4 ottobre

Voi non sapete cosa è la guerra. Scriveva Yeva. Lo abbiamo capito quando siamo arrivati a Kharkiv di sera, dopo le 21, con le sirene dell’allarme sempre in funzione. La luna splendeva alta nel cielo di Kharkiv e so lo lei illuminava la grande e silenziosa piazza della stazione. Ma in quel silenzio spettrale improvvisamente una musica ucraina e’ esplosa: bellissima, commovente. Erano tre giovani che erano venuti ad accoglierci, sfidando il cielo dei missili. Avevamo silenziato i telefoni, eliminate le geolocalizzazioni. Saliti sul pullman sono state chiuse tutte le tende e spente tutte le luci. L’autista guidava lentamente con i fari di posizione. Un missile di un drone ci impiega 20 secondi ad arrivare lì dal fronte russo. Quando siamo arrivati nei 4 diversi alberghi ci hanno chiesto di togliere proprio i dati cellulari e di attivare solo Wi-Fi perché un concentrato di cell italiani poteva diventare immediatamente un facile bersaglio. Lo abbiamo fatto ma ci ha sconvolto. Abbiamo raggiunto le nostre camere. Ma gli allarmi erano continui. Indecise sé fare una doccia di cui avevamo bisogno siamo dovute scendere subito nel bunker dove alcune sedie, qualche poltroncina e dei panni ci attendevano. Nella apposita app e su Telegram ogni due minuti comparivano nuovi droni di cui venivano indicate le direzioni. Abbiamo poi appreso da loro che è rigorosamente obbligatorio stare nei bunker quando la direzione è verso il centro città. Il letto un miraggio per gli abitanti di Kharkiv dove soprattutto la notte è un incubo. Ed immagino quei palazzi con 30 piani e tanti anziani. Alcuni di noi volavano su per fare la doccia sfidando la situazione, altri salivano poi scendevano, naturalmente rigorosamente a piedi. I coordinatori comunque erano tassativi: rimanere rigorosamente nel bunker. Luis con noi e’ stato chiarissimo sin dall’inizio. Seppur stravolte dal viaggio ci siamo rassegnate alla situazione, pensando al dramma quotidiano delle donne degli uomini che vivono lì. Le foto ci ritraggono stravolte sulle sedie in un tentativo di riposo. Ma la cosa terribile era che quando improvvisamente ma raramente la situazione dava allarme cessato e provavamo a risalire, di nuovo sirene in funzione. L’immagine che ho salvato riproduce gli allarmi così come si susseguivano. Ho provato anche a fare una statistica. La maggior concentrazione alle 23 , alle 2, alle 3, alle 5. Ma anche quando abbiamo deciso di provare a riposare un po’ alle 6,15 l’allarme era di nuovo in funzione. Non si vive. Non si dorme. Oppure si diventa fatalisti come raccontava Marina dei suoi genitori che vivono lì. Un supermercato è stato colpito a pochi metri da casa loro: per fortuna che avevano fatto la spesa la loro considerazione.La mattina alle 8 Santa Messa del Giubileo alla cattedrale di Kharkiv. Una cerimonia commovente con il Nunzio sempre presente ad aiutarci a comprendere ed a leggere i segni dei tempi. Io prendo appunti come posso. Migliaia gli edifici distrutti, migliaia i morti. Eppure il nostro è il giubileo della speranza e vorremmo portare la speranza che finisca quanto prima la guerra, che la crudeltà delle armi taccia, che finalmente anche l’Ucraina possa essere formalmente Europa. Dopo la Messa raggiungiamo la cattedrale greca ortodossa per una profonda preghiera che chiede la pace. “Salvaci dalla morte improvvisa! “ Mi colpiscono le parole di questa loro preghiera, tutta dedita all’amore per il loro paese. Mentre ci spostiamo da un luogo all’altro vediamo le donne spostarsi a piedi su lunghi tragitti per fare la spesa. Kharkiv è una città pulita, il verde è tenuto benissimo, fiori, alberi monumentali svettano insieme alle cupole tipiche delle Chiese orientali. Gli autobus sono gratis per facilitare chi si reca nei rifugi durante un attacco. La Chiesa greco ortodossa ha trasformato la loro nuova basilica in costruzione in un mega magazzino dove forniscono aiuti: li chiamano punti dell’invincibilità. Ogni settimana in media 2000 persone vengono aiutate in questi luoghi di accoglienza e distribuzione. In una baracca sistemata con tavoli e tappeti offrono un luogo caldo soprattutto agli anziani. Quando va via la luce, spessissimo, offrono loro un luogo caldo e un the bollente. Nella preghiera lo chiamano porto dei naufraghi,rifugio di tutti, speranza di tutti. E ripetono “ Salva la nostra Ucraina . Manda il tuo spirito sull’intero popolo dell’Ucraina e dai loro la grazia della perseveranza nella fede, nella speranza e nell’amore, in mezzo alle dure prove attuali della guerra”. Mentre sul cielo dell’Ucraina volano missili e droni, noi commossi cantiamo ‘Ubi Caritas et amor, Deus ibi est’.
L’immagine della signora anziana che si siede con noi a bere il the rimarrà impressa nella mia memoria.
Ripartiamo per rispettare il nostro itinerario: arriviamo in poco tempo in uno degli immensi cimiteri dove il vento fa volare le migliaia di bandiere ucraine. In un anno si è riempito di giovani che hanno dato la loro vita per il loro paese. E’terribile. Un cimitero lungo chilometri. Ci fermiamo in un’area in cui il Nunzio apostolico ed il primate greco-ortodosso pregano con noi. Ognuno di noi ha in mano un garofano ed una rosa rossa. Quando si conclude la preghiera lo andiamo a depositare su di una tomba. Io mi soffermo su quella di una giovane ragazza nata nel 2000 e deceduta dopo i primi tre mesi di guerra : non è arrivata a 25 anni. Ma dal suo sguardo amava la vita. Torniamo silenziosamente ai nostri pullman. Di giorno gli allarmi quasi si dimenticano. Il prossimo incontro è ad una delle 23 università della città: ci rechiamo al Dipartimento di Urbanistica: diecimila persone tra docenti e studenti, incontriamo il rettore che ci commuove con le sue parole.
Ecco il suo messaggio:

Hanno puntato sulla digitalizzazione ed sulla didattica a distanza . La guerra è il male assoluto. Non uccide solo le persone, ma le idee, la cultura. Loro continuano a lavorare imperterriti: ci mostrano le aule distrutte per 24 volte e da loro risistemate.! La loro aula multimediale, i laboratori di urbanistica dove tante studentesse stanno lavorando sfidando la morte per essere lì. Ci dicono che uno dei loro docenti ha vinto il premio Nobel. E’ un’università storica. La Pro Rettrice ci racconta il loro sistema di didattica e ricerca. Sono preparatissimi, cercano di innovare quanto più possibile, si misurano con il lavoro concreto non solo intellettuale. Sono seguiti con amore e dedizione dai loro docenti che li affiancano passo passo nella formazione. Hanno disegnato il logo del Mean lungo su di una parete e ci chiedono di apporre le nostre firme. Per loro è stata importantissima la nostra presenza. Impedisce loro di sentirsi abbandonati. Sanno che in Europa non siamo indifferenti al loro dolore quotidiano. Lasciamo l’università e docenti e studenti dopo esserci presi tutti per mano, anche il Rettore e con i nostri simboli realizziamo tre cerchi che ricordano il terzo Paradiso. E’ una idea della Fondazione Pistoletto presente tra noi. La sera ci attende un evento emozionante presso il Teatro dell’opera di Kharkiv, bellissimo dove ci attende il maestro …. Per un concerto su quell’organo alto 17 metri e con 5700 canne. E’ la prima volta in cui viene riaperto per un concerto: la musica di Bach ci emoziona. Una signora elegante e giovane introduce mentre la splendida Marina traduce. Abbiamo il coraggio di chiedere il bis. Ci alziamo in piedi in un applauso che non finisce mai. Tatiana ci ricorda che la nostra interlocutrice che presenta guarda in sala una persona importante: suo marito in congedo per qualche ora dal fronte. Pensando a tutte quelle belle immagini dei giovani caduti siamo attraversate da un brivido. Decidiamo sul momento di raccogliere qualche fondo che non avevamo previsto. Con il ricavato ci dicono pagheranno in parte l’energia di un mese per il teatro. E’ tardi per rientrare in una città in guerra. Corriamo nei nostri alberghi dove non sappiamo se riusciremo per la tera notte a chiudere occhio. Subito allarme ma poi finalmente compare la scritta nella nostra app” Air alert is over in Kharkiv an...” il verde è segno della speranza. Mentre eravamo in stazione a Kiev, Sergej che ci ha seguito in tutto il viaggio, ci ha condotto in un bunker dove si recano i passeggeri quando scatta l’allarme. ‘ un luogo caldo . Ci sì puoi sedere. Ci sono anziani. Uno tenta di parlare con me ma non lo capisco. Credo ci abbia chiesto cosa stessimo facendo lì. Dopo una notte insonne ancora una bella mattinata di sole presso un centro diplomatico con i comuni che si incontrano e il nostro grande Marcello Bedeschi, l’invincibile che continua a tessere relazioni. In treno nel pomeriggio gli faccio da segretaria perché il suo telefono ha smesso di funzionare. Mandiamo le foto di noi due a tutti gli amici comuni. Lui cerca anche di sollecitare i sindaci italiani a fare ben di più. Il suo impegno è rivolto soprattutto a salvare i bambini. Mentre siamo seduti in treno mi racconta della sua amicizia con Wojtyla, con Piersanti Mattarella, con Leopoldo Elia. Si scambia messaggini con il Cardinale Zuppi. Mentre parliamo riceviamo la notizia che un treno che viaggiava verso Kiev come noi e’ stato colpito. Abbiamo salutato Kharkiv salendo sui gradini per una grande foto di gruppo. Abbiamo ammirato la grande piazza invasa dal sole caldo. Abbiamo guardato il cielo azzurro che non vogliamo sia più attraversato da strumenti di morte . Siamo venuti per condividere la proposta di Alex Langer dei corpi civili di pace. Occorre che il dialogo, l’azione diplomatica di sostituiscano alla guerra. Guardiamo le donne che abbiamo conosciuto e che restano li in quell’atmosfera che diviene un incubo quando cala la notte.

4/5 ottobre da Kharkiv alla Polonia

Sapevamo che il viaggio sarebbe stato lungo. Sul nostro treno veloce arriviamo a Kiev intorno alle 18. Alcuni fanno una volata per vedere Piazza Santa Sofia. Noi invece, stanchi, ci fermiamo ad un bar della stazione con Marianella, Marcello Bedeschi, Don Giacomo Panizza. Stiamo lì tranquilli per due ore perché poi la normalità ha il sopravvento: non pensi che è suonato l’allarme, che un missile potrebbe colpire questa bella stazione che ha un profilo austro-ungarico. Siamo molto stanche. Finalmente viene annunciato il binario: riformiamo i gruppi dell’andata nelle cuccette.E’ incredibile ma i treni, anche con la guerra sono puntualissimi. Alle 21.09 partiamo per attraversare la infinita pianura Ucraina. Verso le 3 il treno si ferma. Io penso sia una fermata tecnica: rassicuro chi è invece giustamente perplesso. In quel momento- ma noi non lo abbiamo ancora visto sulle app- inizia un massiccio attacco su tutta l’Ucraina. I nostri angeli custodi ci proteggono. Dopo due ore il treno riparte verso Leopoli. Finalmente mi addormento, ma sotto Leopoli, Giovanna e Nicoletta mi svegliano. Sentiamo rumori di esplosioni, droni, contraerea. Ci prepariamo all’evacuazione. Nicoletta e Giovanna si mettono a leggere i salmi della Liturgia delle ore. Si affaccia Paolo Bergamaschi che dice di avere visto esplosioni e soprattutto la contraerea che colpisci i droni. Dura tutto più di due ore. Tutte le città ucraine sono sotto pesantissimo attacco. Finalmente dopo due ore il treno si rimette in marcia per raggiungere, dopo circa 70 Km, la più vicina città polacca di frontiera. I giornali hanno parlato dei 110 italiani sul treno sfiorato dai droni. Ma di quel treno c’erano migliaia di persone, sono donne. Lo vediamo dall’immensa fila che si forma per attraversare la frontiera. Donne che tornano, donne che rientrano e pagano il peso della guerra, il dolore dell’abbandono delle persone care, l’incubo quotidiano delle armi. Ma come è possibile fermare le guerre atroci in atto? Dobbiamo capovolgere la logica della guerra in una prospettiva di pace che è il bene più prezioso, senza pace non si vive e l’umanità si perde in se stessa. E’stata un’esperienza straziante . Dobbiamo amare l’umanità di cui siam fatti e bandire una volta per tutte la guerra dalla storia e come ci ha ricordato il Nunzio apostolico che per noi è un Santo riprendere in mano le redini della storia

Pinuccia Montanari 

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