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I DIRITTI CIVILI SMARRITI NELLA NEBBIA DELLE DEMOCRAZIE IN CRISI. Intervista a Michela Ponzani

I DIRITTI CIVILI SMARRITI NELLA NEBBIA DELLE DEMOCRAZIE IN CRISI. Intervista a Michela Ponzani

Le donne disertano le urne perché non credono in una politica di facciata che non si occupa davvero del benessere dei cittadini, di diminuire le disuguaglianze sociali e di distribuire la ricchezza

Venerdi, 14/11/2025 -

La professoressa Michela Ponzani è docente di Storia contemporanea all’Università di Tor Vergata di Roma e ha realizzato numerose ricerche sulla seconda guerra mondiale, con altrettante pubblicazioni anche dedicate al ruolo delle donne. L’ultimo suo libro, uscito pochi mesi fa, è “Donne che resistono. Le Fosse Ardeatine dal massacro alla memoria. 1944-2025” (Einaudi). Su questi temi svolge anche attività di conduttrice televisiva. L’abbiamo interpellata sui temi dei diritti civili nella particolare angolazione delle donne. 

Il primo tra i diritti è il voto e le donne in Italia hanno lottato a lungo e duramente per conquistarlo. Il crescente fenomeno dell’astensionismo elettorale riguarda le donne in percentuale maggiore rispetto agli uomini. Qual è la sua lettura di questo problema?
Diciamo subito che nelle nostre società la crisi della democrazia è alimentata da un clima di disillusione enorme nei confronti della politica in generale, che ha derogato completamente al suo ruolo principale che dovrebbe essere quello del benessere dei cittadini di diminuire le disuguaglianze sociali e distribuire la ricchezza. Questi sono punti che raramente arrivano all’ordine del giorno della politica, tranne quando si discutono leggi finanziarie e comunque rimane all’orizzonte questo scoglio della disuguaglianza e della precarietà per quel che riguarda il lavoro. Questo colpisce in particolare il mondo femminile e potrebbe contribuire a spiegare la mancata partecipazione alle tornate elettorali, che però è un trend non soltanto italiano. La crisi della democrazia liberale è in atto in tutti i paesi dell'Europa; cresce l'astensionismo, crescono i partiti dell'estrema destra. C'è un forte clima di polarizzazione delle società, alimentato anche, in parte, da alcuni leader politici che tendono a definire l'avversario non più tale, ma come una sorta di nemico disumanizzato, da abbattere e sradicare da quello che sarebbe il corpo sano della nazione. La politica di Trump è emblematica in questo senso e descrive questo fenomeno con un linguaggio molto violento. Inoltre difficoltà economiche, disuguaglianze sociali, precarietà, povertà – e i dati dell'Istat parlano chiaro: queste condizioni riguardano soprattutto le donne, le fasce più giovani della popolazione con un milione di giovani italiani che ogni anno emigra all'estero e sono giovani preparati, laureati che noi contribuiamo a formare e che se ne vanno perché non hanno opportunità nel nostro paese – contribuiscono a spiegare la fotografia di un aumentato astensionismo. In particolare osserviamo che le donne si interessano di politica forse di più degli uomini, guardano di più la televisione e ascoltano di più i dibattiti televisivi, inoltre leggono di più, ma al momento del voto decidono di astenersi perché, appunto, sono disilluse. E la disillusione è presto spiegata da fattori molto concreti. Innanzi tutto il basso tasso di occupazione femminile, il più basso dei paesi dell’Ue, una precarietà dilagante, un disavanzo salariale enorme oppure il sostanziale obbligo al part time a causa del carico della cura familiare, che ancora grava sulle spalle delle donne. È un quadro assai allarmante e disarmante anche perché riguarda anche giovani donne che scontano, oltre a una precarietà lavorativa, anche una precarietà abitativa. Fin quando non si ha un lavoro stabile non si ha la possibilità neanche di avere una propria casa, quando non si ha un lavoro stabile e non si ha una ricchezza personale è molto difficile distaccarsi anche da una relazione fallimentare, questo spiega per quale motivo le donne siano meno propense a divorziare: se non si hanno le condizioni economiche per allontanarsi da una relazione fallita non lo si fa, si rimane in casa, spesso anche assoggettate a situazioni violente. Di fronte a tutto questo le classi dirigenti e i partiti di tutti gli schieramenti, non soltanto i partiti di governo, si dimostrano assai incapaci di fornire delle ricette solide e concrete. Manca un'analisi profonda dei problemi reali delle persone a fronte di una narrazione della politica che dipinge un quadro meraviglioso di crescita che nei fatti non esiste o che comunque va analizzato nella sua complessità. Se aumentano i dati sull'occupazione bisogna vedere di che tipo di occupazione stiamo parlando, perché se aumenta l’occupazione precaria abbiamo ben poco da festeggiare..

Perché neppure la presenza di due donne ai vertici del governo e dell’opposizione, che sarebbe un fatto storico, riesce a modificare qualcosa?

Non è sufficiente essere donna, essere capo dell’opposizione o di governo donna, per risolvere automaticamente i problemi. Bisogna fare politiche concrete finalizzate alla soluzione dei bisogni reali, altrimenti è tutta una ‘meravigliosa’ operazione di facciata, è tutta una narrazione. Purtroppo ormai la politica si nutre di racconto e di narrazione e poco di aderenza alla realtà, ma i leader di partito e delle coalizioni devono prendere i voti, non si può costruire tutto sul racconto mediatico.

Come leggere la disaffezione delle donne per la politica in relazione all’associazionismo femminile?
A fronte della disillusione di cui parlavo prima, le donne si organizzano attraverso le reti associative, nelle reti di quartiere su tanti temi, in nome della pace o per i diritti. Laddove la politica nazionale fallisce, la politica è praticata dal basso con le realtà locali o cittadine. In questo le donne italiane hanno una grande tradizione: penso all’UDI o alle reti cattoliche. Questo, ovviamente, ci restituisce un quadro di partecipazione politica più aderente alla realtà. Quindi non basta dire più donne, come se fosse una questione numerica o statistica. Bisogna risolvere i problemi, pensare a soluzioni concrete.

Qual è la sua impressione nel vedere tante giovani nelle piazze, moltissime aderenti al movimento Non Una di Meno, forti e determinate sui temi della violenza e identitari (lgbtqia+) più che sui diritti nel lavoro?
Ha fatto il quadro delle mie studentesse: come sa io insegno a Tor Vergara, che non è un’Università d’èlite. Posso dire che sono giovani che studiano, lavorano, si impegnano. Sono le più preparate, sono quelle che vogliono mangiarsi il mondo, sono interessate al tema dei diritti e non hanno tutti i pregiudizi che possiamo avere noi. Hanno un'immagine molto più complessa della famiglia che vedono disarticolata, di una famiglia che non è naturale e che non è immutabile. Per queste ragazze le identità sono complesse, non c'è niente di binario o di scontato, a partire dal genere. Per capirle dovremmo sforzarci di entrare nella loro idea di complessità del mondo. Non sono interessate ai diritti nel lavoro perché, purtroppo, sono abituate da sempre all'idea che il lavoro sia quasi una concessione, quasi un lusso e non un diritto da reclamare. In questo le classi dirigenti dovrebbero intervenire per aggiustare il quadro. Per loro il lavoro è importante, ma partono dal presupposto che il lavoro è quello che conoscono, cioè precario. Non vedono un orizzonto diverso, principalmente perché non l'hanno conosciuto. Stiamo parlando della generazione che va oltre la generazione Z: sono i nati nel 2000, in questo secolo.

La nostra democrazia, secondo lei, è in pericolo? Vede rischi in particolare per le donne?

Le nostre democrazie sono in crisi, c’è qualcuno che parla di democrazia recitativa, in cui gli elettori recitano un ruolo ogni volta che c’è una tornata elettorale per poi tornare a disinteressarsene. Fanno ben sperare le mobilitazioni di piazza e questo nuovo fermento che si respira nella società, però non c'è dubbio che la prassi democratica nel nostro orizzonte culturale sia ormai definitivamente messa in crisi. Un po’ perché non solo oltreoceano con Trump, ma anche da noi i leader parlano di un governo in cui i parlamenti sono completamente esautorati, i governi che accentrano strapoteri nell'esecutivo, con i parlamentari costretti ad applaudire quello che è il ruolo dei governi. E questo va a svuotare di senso, ovviamente, la libera democrazia così come l'abbiamo conosciuta. C'è anche, oramai, un'affezione all'idea dell'uomo (o la donna) forte e risolutivo che prende piede sempre più anche da noi, con l'accentramento dei poteri nelle mani dell'esecutivo. Questo svuota di senso le nostre democrazie.

Un quadro poco confortante... e, per concludere, che dire di queste numerose leader delle destre, spesso ultraconservatrici?
Non c’è niente di più facile nelle società in crisi che rifugiarsi nell’idea mitica di una tradizione con motto Dio, Patria, Famiglia. Non si capisce quale famiglia, quale Dio, quale patria... sono tutte condizioni non immutabili: le patrie possono essere luoghi di affetti, le nazioni sono invenzioni culturali degli Stati nazionali dalla fine dell’Ottocento per cementare un senso di identità nazionale. Il caso italiano è emblematico: fatta l'Italia bisognava fare gli italiani, un popolo che non aveva una propria identità. Fu necessario costruire la nazione, il senso di appartenenza nazionale. Ma sono, appunto, dei costrutti culturali e non sono realtà immutabili. Anche le famiglie non sono realtà immutabili, sono costrutti sociali che cambiano e si articolano nel tempo. Dio è qualcosa che attiene alla nostra coscienza, alla nostra scelta individuale, non è qualcosa che possa essere imposto dallo Stato a meno che non si voglia ritornare a una religione di Stato. Cosa non auspicabile. Ma, in generale, questo successo delle idee ultraconservatrici vive in parte con il sentimento della paura e la chiusura rispetto a una crisi che non riusciamo a dominare e anche nell’idea confortante e rassicurante di una tradizione che ci viene in soccorso quando perdiamo la bussola di fronte ad un mondo sempre più complesso.

Questo articolo è parte del progetto ‘Pratiche di cittadinanza in dialogo con il futuro’ dell’Associazione NOIDONNE TrePuntoZero sostenuto con i fondi dell'8xMille della Chiesa Valdese. Tutti i materiali del progetto sono raccolti qui

 


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