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I Marmi dei Torlonia in mostra a Roma

I Marmi dei Torlonia in mostra a Roma

Villa Caffarelli sul Campidoglio ospita fino al 29 giugno 2021 la mostra "I Marmi Torlonia": 92 sculture antiche dalla prestigiosa collezione privata rimasta a lungo inaccessibile

Martedi, 20/10/2020 - Ha finalmente aperto al pubblico, negli spazi appena restaurati di Villa Caffarelli a Roma, l’attesissima esposizione “I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori” (fino al 29 giugno 2021). La rassegna presenta novantadue opere di arte greca e romana - tra statue, busti, sarcofagi e altri rari reperti - scelte dai curatori della mostra, gli archeologi Salvatore Settis e Carlo Gasparri, all’interno di un patrimonio che conta oltre seicento pezzi.
La raccolta di marmi dei principi Torlonia è infatti considerata la più importante collezione di sculture antiche al mondo ancora in mano a privati. Si è formata nel corso dell’Ottocento sia attraverso campagne di scavo promosse dai Torlonia nei loro possedimenti, sia attraverso l’acquisto sul mercato di opere provenienti da pregiate raccolte rinascimentali e barocche, o settecentesche, come quella appartenuta al celebre scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi. Nel 1866, inoltre, il principe Alessandro Torlonia acquista la settecentesca Villa Albani sulla Salaria, un gioiello tuttora di proprietà della famiglia, che ancora custodisce le preziose collezioni di antichità raccolte dal cardinale Alessandro Albani.
Così, verso la fine dell’Ottocento, la raccolta di marmi dei Torlonia annovera un numero talmente vasto di reperti, che la famiglia decide di collocarne circa seicento in uno stabile di proprietà, in via della Lungara, nel rione Trastevere, per dare vita a un museo di scultura antica, aperto a piccoli gruppi di visitatori. Tra l’altro il Museo Torlonia è stato uno dei primi a dotarsi di un catalogo fotografico (1884), o meglio, di un volume sontuoso che riproduce in fototipia tutte le 620 sculture del museo.
Nel corso del Novecento, tuttavia, la fortuna della collezione conosce alterne vicende, finché nel 1976 un omonimo successore del principe Alessandro Torlonia, intenzionato a usare diversamente gli ambienti di via della Lungara, fa stipare in tre stanzoni al piano terra tutte le sculture, che divengono così praticamente inaccessibili. Ne è seguita una lunga controversia con lo Stato italiano che adesso, fortunatamente, sembra superata.
Il primo atto manifesto di questa riappacificazione tra lo Stato e gli eredi Torlonia è appunto la mostra appena inaugurata, ma il passo successivo dovrebbe essere l’esposizione permanente al pubblico dell’intera raccolta in una sede prestigiosa. A questo proposito, in occasione della conferenza stampa, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha indicato come sede possibile Palazzo Rivaldi, un edificio a pochi passi dal Colosseo, abbandonato da oltre quarant’anni, per il cui restauro sono appena stati stanziati dei fondi.
Ma intanto, quasi un evento nell’evento, sul Campidoglio è stata inaugurata Villa Caffarelli, nuovo spazio espositivo dei Musei Capitolini. L’ala della villa che oggi ospita l’esposizione dei Marmi Torlonia, restaurata e riaperta al pubblico dopo oltre cinquant’anni, conduce nell’esedra del Marco Aurelio. Qui, per l’occasione, i Musei Capitolini hanno raccolto tutti i bronzi antichi (fra cui la Lupa e lo Spinario), che nel 1471 papa Sisto IV donò al Popolo romano, un atto simbolico che ha segnato un antefatto fondamentale nella storia della nascita del museo pubblico.
Tornando alla mostra, le novantadue opere esposte, tra cui è presente anche una statua in bronzo ritrovata nel 1874, raffigurante il generale Germanico in nudo eroico (I secolo d.C.), sono state restaurate dalla Fondazione Torlonia grazie al contributo di Bvlgari, main sponsor dell’esposizione. L’allestimento negli ambienti di Villa Caffarelli, ideato con gusto e sobrietà dall’architetto David Chipperfield, ricorre alla soluzione di piattaforme continue in mattoni grigio scuro, che intendono evocare i blocchi in laterizio delle antiche architetture romane.
L’itinerario espositivo è concepito come un racconto in cinque capitoli, che ripercorre, a ritroso, i diversi nuclei collezionistici confluiti nel tempo a formare la raccolta Torlonia. Come si è visto, infatti, il Museo Torlonia è “una collezione di collezioni” (Settis) e la mostra, oltre a presentare opere eccezionali, traccia la storia di cinque secoli di collezionismo e delle pratiche allora in uso nel restaurare i marmi che presentavano dei pezzi mancanti. Emblematica in tal senso è la statua del Caprone a riposo (I secolo d.C.), la cui resa espressiva della testa si deve a un’integrazione affidata alla mano esperta di Gian Lorenzo Bernini.
Lungo l’itinerario della mostra si incontrano moltissimi personaggi femminili (personalità storiche o figure anonime, divinità e creature mitologiche) tanto che, nel suo insieme, questa carrellata di statue e volti muliebri si potrebbe anche attraversare interrogandosi sull’immagine e la condizione della donna nel mondo antico. A partire, ad esempio, da una domanda sulle artiste, c’erano? Nell’antica civiltà greca e romana quasi tutta l’arte era anonima, ma le fonti antiche, oltre a fare i nomi di alcuni sommi artisti, ricordano anche qualche pittrice, mentre la scultura, forse per la sua fisicità, sembra appannaggio esclusivo degli uomini. Certo non è una novità, ma volendo visitare la mostra soffermandosi sulle questioni di genere, va tenuto presente che tutti i volti femminili scolpiti nel marmo, realistici o idealizzati che siano, sono frutto di un immaginario maschile.
Nella prima sala si trova uno dei volti iconici della mostra, il ritratto commovente di una delicata giovinetta, nota come la Fanciulla da Vulci (circa 50-40 a.C.), il cui sguardo sembra interpellarci da un lontano passato. La stessa sala accoglie una ventina di ritratti imperiali tra i quali, circa la metà, raffigurano donne, da Agrippina Maggiore a Flavia Domitilla, da Plautilla a Livia. Tra questi ritratti spicca il volto bonario dell’imperatrice siriana Giulia Domna (III secolo d.C.), incorniciato da una fastosa acconciatura. Moglie di Settimio Severo, Giulia Domna è passata alla storia con l’appellativo di “imperatrice filosofa”, perché era l’animatrice di un importante cenacolo filosofico-letterario.
Andando avanti lungo il percorso si incontrano Ninfe seducenti, pudiche Veneri al bagno, un’affettuosa Eirene (la Pace) con in braccio Ploutos (la Ricchezza), un’imponente fanciulla-cariatide che porta sul capo una grande cesta, un monumento funerario con una giovane che appare addormentata nel sonno della morte; e ancora Iside, Cerere, Medusa, Artemide, Atena.
Questa sequenza di donne culmina idealmente nella famosa Vestale, la cosiddetta Hestia, che era il gioiello della galleria seicentesca del marchese Giustiniani, un’opera importante perché è l’unica replica romana integra di un perduto originale greco in bronzo del V secolo a.C. La scultura, maestosa e dall’espressione ineffabile, appare dominare dall’alto di una nicchia le statue di Cerere-Iside che l’affiancano, trasmettendo all’intero ambiente, la sala maggiore della mostra, un’aura di sacralità.
L’esposizione è accompagnata da un ricco catalogo edito da Electa.
Per maggiori informazioni si rimanda al sito della mostra: www.torloniamarbles.it

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